La proposta di Dante Freddi
Il cardinale Angelo Scola indica una linea politica sui migranti. Che ne pensate?
“L’Onu ha fallito e l’Europa è smarrita: serve un nuovo ordine mondiale e l’Italia ha il compito di fare un progetto guida per il continente in tema di immigrazione, assumendosi la responsabilità della leadership dell’area mediterranea” (http://www.repubblica.it/vaticano/2016/06/03/news/_sui_migranti_onu_e_ue_hanno_fallito_serve_un_piano_marshall_a_guida_italiana_-141177794/?ref=HRER3-1 – Angelo Scola)
L’opinione di Franco Raimondo Barbabella
Il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, è prelato autorevole e di pensiero lucido. La sua analisi dei fenomeni migratori di questa fase storica è per molti versi convincente: coglie nodi strutturali del fenomeno, responsabilità, difficoltà, e indica opportunamente doveri ed impegni della Chiesa e della società. Il suo pensiero potrebbe essere riassunto così: le migrazioni di oggi sono un fenomeno strutturale con il quale bisogna fare i conti con disponibilità di cuore e lucidità di mente; all’accoglienza deve accompagnarsi l’integrazione e questo richiede un progetto di respiro continentale di cui l’Italia deve essere il paese leader e dare l’esempio in Europa.
Sembra dire soprattutto: non basta fronteggiare (tutto sommato, non male) l’emergenza, bisogna approntare una politica di largo respiro e di lungo periodo. Come non dargli ragione? Eppure anche il cardinale sfugge ad alcune questioni di fondo, d’altronde come quasi tutti.
- Che cosa vuol dire davvero accoglienza? Fa parte dell’accoglienza il primo soccorso e la prima sistemazione, certo, ma poi? Esiste il poi, eccome se esiste! Per chi è accolto, ma anche per chi accoglie.
- Che cosa vuol dire integrazione? A quali condizioni pratiche, concrete, si può parlare di processo possibile di reale integrazione? Come la mettiamo dunque con il fallimento dei modelli di integrazione finora sperimentati? Il cardinale dice: “La strada è segnata, ed è quella di accompagnare e governare il processo di ‘meticciamento’ fra le culture”. Ma la realtà sta dimostrando il contrario: in Europa non accade quello che è accaduto da molto tempo in America latina.
- Quali sono le quantità di flussi migratori che siamo in grado di gestire, da soli o con gli altri? In termini di disponibilità sia materiali che organizzative e ovviamente umane. A quali condizioni non bisogna arrivare, nei comuni grandi e in quelli piccoli, perché le paure e il degrado non generino ripulsa e ribellione? Insegna niente lo stillicidio di episodi che al minimo possiamo definire di tensione che si registrano in giro anche nel nostro paese?
Sono questioni su cui non si ama riflettere. Come non si ama riflettere sulle questioni che ha posto Rav Jonathan Sacks, il rabbino capo del Regno Unito dal 1991 al 2013 che quest’anno ha ricevuto il prestigioso Premio Templeton, conferito ogni anno a personalità che hanno dato un grande contributo nel campo della religione e della spiritualità. Nel discorso che ha tenuto appunto in occasione della premiazione è tornato su un punto che gli sta particolarmente a cuore e che dovrebbe preoccupare non poco le classi dirigenti dell’Europa e più in generale dell’Occidente: la diminuzione della natalità. Per chi avesse dubbi consiglio di leggere l’articolo di Giuseppe Remuzzi “Un altro futuro per l’umanità” su “La Lettura” del “Corriere della sera” di ieri.
Rav Sacks Ha detto: “La civiltà occidentale è sull’orlo di un crollo come quello dell’Impero Romano perché la generazione moderna non vuole la responsabilità di allevare i figli”. Ed è per questo che secondo lui in Occidente si pensa di potere e dover accogliere masse sterminate di migranti nell’illusione di sopperire così alle carenze di popolazione. “Ma l’immigrazione di massa non può funzionare in eterno”.
Dopodiché Rav Sacks ha collegato la crisi demografica con quella religiosa e spirituale: “Senza memoria, non vi è identità. E senza identità, siamo solo polvere sulla superficie dell’infinito”. Gli immigrati non riusciranno a integrarsi in Europa, “perché quando una cultura perde la memoria perde l’identità e quando una cultura perde l’identità non c’è niente in cui far integrare le persone”.
Conclusione: “Le civiltà cominciano a morire quando perdono la passione morale che ha permesso loro di esistere. È successo alla Grecia e a Roma e può accadere anche all’Occidente. I segni sicuri sono questi: tasso di natalità in calo, decadimento morale, diseguaglianze crescenti, perdita di fiducia nelle istituzioni sociali, autoindulgenza da parte dei ricchi, disperazione da parte dei poveri, minoranze non integrate, incapacità di fare sacrifici per il bene del futuro, perdita della fede e nessuna visione che ne prenda il posto”.
Visione apocalittica? Direi molto allarmata. Anche in questo caso, in modo diverso e certo non meno efficace di quello del cardinale Angelo Scola, si colgono aspetti fondamentali del momento che viviamo in relazione al fenomeno delle migrazioni. È un invito pressante a riflettere, anch’esso con urgenza, che andrebbe colto in tutta la sua portata.
Tuttavia anche in questo caso ci si limita a interpretazioni stimolanti e ad indicazioni generali. Cosicché restano sul tappeto le tre questioni accennate sopra. Ho l’impressione che senza un orientamento chiaro e determinato su quelle né le preoccupazioni del cardinale né quelle del rabbino potranno trovare una risposta di un qualche spessore.
L’opinione di Pier Luigi Leoni
Di questa intervista del cardinale Angelo Scola non sentivo il bisogno, perché mi sembra deludente. Sia chiaro che, riconoscendo a me stesso, ed esercitandolo, il diritto di manifestare la mie opinioni, tanto più lo devo riconoscere a un principe della mia Chiesa. Ma l’affermazione che l’ONU ha fallito il suo scopo mi sembra banale e scontata e l’invito all’Italia a fare un progetto guida per il continente in tema di immigrazione, assumendosi la responsabilità della leadership dell’area mediterranea, mi sembra semplicemente illusoria. Una nazione che non riesce a darsi un piano efficace per debellare le più potenti, penetranti e crudeli mafie del mondo, figuriamoci se può affrontare il fenomeno epocale delle migrazioni di massa. E non si tratta solo del movimento di miserabili verso Paesi benestanti, ma anche dell’azione di penetrazione dei cinesi con i loro capitali. Questi ultimi non sono in cerca di posti lavoro o di strade per mendicare, ma s’insediano come padroni. Cioè come datori di lavoro che accumulano ricchezza grazie alla loro scaltrezza imprenditoriale nel commercio e in alcune manifatture e all’impiego di connazionali eccezionalmente laboriosi. Quindi il vero problema politico e sociale è la paura che sta montando e la pazienza che sta diminuendo. Il popolo italiano, già malmesso a causa della criminalità organizzata e del malcostume, ha sopportato l’invasione dei criminali albanesi quando in quel vicino Paese furono svuotate le carceri e ne fu riversato sulle nostre coste il contenuto; ha sopportato l’invasione dei rumeni di etnia rom muniti di passaporto dell’Unione Europea, dei quali si è liberato molto volentieri quel lontano Paese; ha sopportato la crescente presenza islamica con le sue arroganti superstizioni. La misura è quasi colma e la realistica conseguenza è una progressiva chiusura delle frontiere, come stanno facendo Francia, Austria, Slovenia, Croazia, Slovacchia e Repubblica Ceca, mentre la Germania preferisce foraggiare la Turchia perché si trattenga un bel po’ di migranti. Certo, non può essere questa la soluzione dei problemi che determinano le migrazioni e resta valido il sacrosanto dovere, raccomandato dal Papa, di dividere il pane con i poveri, nonché quello di investire per il miglioramento delle condizioni di vita nei Paesi arretrati e di sedare con mezzi diplomatici e militari appropriati le guerre in corso. Ma la chiusura delle frontiere e il controllo oculato di chi cerca di entrare mi sembra inevitabile.
La proposta di Barbabella a Leoni
Le maschere di Raggi e Appendino nascondono la vera natura del grillismo. Perfettamente sintetizzata in una parola: “Monetine”
“Le monetine, già. Beppe Grillo è un grande comico e come tutti i grandi comici sa giocare magnificamente con le maschere portate in scena dai suoi personaggi. … Le maschere oggi hanno il volto di due ragazze per bene che si chiamano Virginia Raggi e Chiara Appendino e attraverso le loro storie, i loro occhi, la loro voce bassa, calma, piatta, rassicurante, il partito di Grillo sta cercando di mettere in scena un’esibizione perfetta, anche se a suo modo comica: rendere credibile ciò che si mostra e rendere invisibile ciò che si è. … Di Maio si è augurato che dopo i fischi ricevuti da Confcommercio Renzi riceva una buona dose di monetine in testa. “Oggi i fischi da Confcommercio, presto gli lanceranno le monetine e poi Matteo Renzi a casa”. Le maschere possono sedurre quanto si vuole, e in molti, soprattutto sui giornali, oggi ne sono conquistati. Ma quando si sposta la maschera e si osserva la vera natura del Movimento 5 stelle bisogna essere sinceri. Il Movimento 5 stelle è un partito che avrà molti elettori per bene ma è una realtà che come un fungo trae la sua forza e la sua linfa dai peggiori concimi disseminati in giro per l’Italia, molti dei quali sono stati impiantati nel nostro paese proprio ai tempi di Tangentopoli e delle famose monetine dell’Hotel Raphaël. Al netto delle maschere, l’Italia sognata da Grillo è un’Italia governata dalla cultura del sospetto, dalla politica del linciaggio, dal giacobinismo giudiziario, dalla dittatura delle procure, dalle cialtronerie benecomuniste, dal mito dispotico della democrazia diretta, dalla retorica vuota dell’antipolitica, dal disprezzo per gli strumenti del mercato e da una generica propensione alla diffusione di teorie complottiste (l’11 settembre, i vaccini, il Bilderberg, gli inciuci, le scie chimiche, l’industria della shoah) messe scientificamente in circolo per creare zizzania, fare massa critica e imporre una nuova illuminata dottrina caratterizzata dal riconoscere, possibilmente senza contraddittorio, la parola del blog redentore come univa verità rivelata. Chi vota Grillo lo fa per mille ragioni e spesso lo fa in modo sincero ma chi sceglie di votarlo e sceglie di appoggiarlo deve ricordarsi che dietro la maschera c’è il volto di un mondo medievale che prova a camuffarsi dietro gli sguardi garbati di Raggi e di Appendino ma che alla fine non riesce a nascondere la sua vera natura. E a volte basta dire una parola per mostrare il trucco e far sparire la magia. Le monetine, già.” (Claudio Cerasa, Il Foglio, 10 giugno 2016)
Le “monetine” dell’Hotel Raphaël pesano ancora sull’orgoglio dei socialisti e degli altri reduci della prima repubblica. Esse simboleggiarono la saldatura tra il moralismo di una parte consistente dell’opinione pubblica e quello di una parte dinamica della magistratura, impegnata a riformare lo Stato forzando il codice di procedura penale. Il risultato delle “monetine” e del rabbioso moralismo che con esse si sfogò è quello che tutti possiamo constatare… e che adesso è nel mirino del Movimento 5 Stelle. Si tratta di due fasi della nostra vita nazionale fortunatamente non violente, ma sfortunatamente inconcludenti. Almeno secondo la mia impressione. Il miglioramento dell’Italia può avvenire solo migliorando gli Italiani; cioè con una sequenza di riforme graduali rigorosamente ispirate ai valori della Costituzione, che poi non sono altro che i valori a cui cercano di ispirarsi tutti gli Stati civili. Il Movimento 5 Stelle non è un partito, ma è ancora un movimento di entusiasti che credono di essere migliori degli altri. È inquietante la loro sincerità quando dichiarano, nelle più varie forme espressive, che loro sono il bene e gli altri sono il male. È un classico vizio degli esseri umani che gli antichi chiamavano “gnosi” e che s’ispira ai seguenti principi: 1) il mondo è malvagio; 2) è possibile farlo diventare buono; 3) noi possediamo la ricetta. Per fortuna tutti gli entusiasmi sono destinati a calmarsi e i movimenti a trasformarsi in partiti e a calarsi nella realtà. La trasformazione è agli inizi: cominciano a irritarsi se li chiami “grillini”.