di Mario Piccione
Orvieto non è una “destinazione” ma può diventarlo. Non sarà un’evoluzione semplice ma occorre iniziare un percorso ben definito. Non sono orvietano ma vivo ed opero nel comparto dell’ospitalità qui ad Orvieto ormai da 16 anni e secondo il mio modestissimo parere, ho la ferma convinzione che le cause dell’attuale situazione siano da ricercare nella recente “storia” locale. E’ innegabile che la nostra città ha vissuto per decenni grazie alle migliaia di giovani militari che in “libera uscita” frequentavano bar, trattorie, pizzerie oltre a comprare i classici ricordini per le famiglie. Poi ogni mese c’era il “giuramento” e gli alberghi si riempivano a più non posso. Ovviamente il Duomo ha fatto la sua parte e qualche familiare dei militari magari si fermava un giorno in più. Tutto ciò ha però portato ad un livello medio o medio basso l’offerta ricettiva, ristorativa e del commercio e poco è stato fatto nel marketing in quanto non se ne avvertiva la necessità: i “clienti” c’erano per la caserma e non per Orvieto. Le uniche responsabilità che ritengo siano da imputare alle Amministrazioni Comunali della fine degli anni ’90, sono quelle di non aver pensato e realizzato per tempo una riqualificazione della Caserma Piave che facesse da volano all’economia cittadina.
Prendo ad esempio RIMINI e la riviera Romagnola. Circa 30 anni fa ci fu un problema di inquinamento da alghe, la famosa mucillagine, che di fatto impediva la balneazione. In pochissimo tempo quasi tutte le strutture ricettive si sono dotate di piscina con acqua di mare filtrata e tutto tornò alla normalità. Sempre RIMINI, per superare il problema della stagionalità, si è organizzata con un Centro Fieristico ad alto livello e da allora l’occupazione è ottima anche nei mesi invernali.
Tornando ad Orvieto: è vero, il livello delle strutture ricettive, facendo salve alcune realtà, non è al TOP. Si mangia bene in ogni posto ma abbiamo poche “eccellenze”. Il commercio è di buon livello ma non abbiamo le “Grandi Firme”. Ad Orvieto c’è un patrimonio artistico culturale ed un territorio che il mondo ci invidia ma, LO CONOSCIAMO POCHISSIMO ANCHE NOI e teniamo presente che “il turismo non lo fa solo l’addetto alla reception degli alberghi, il ristoratore, la guida turistica e gli addetti al punto di informazione turistica. Il turismo lo fa “la città”: la signora che va al mercato a fare la spesa, il vigile urbano, il postino, il commerciante, il barista, i pensionati che chiacchierano sulle panchine, l’autista del pollicino. Il visitatore oltre ad ammirare la facciata del Duomo, il pozzo di San Patrizio, i musei, i vicoli, la Torre del Moro, Piazza del Popolo, il Palazzo dei Sette, San Giovenale, l’Albornoz, Orvieto Underground, Sant’Andrea con i suoi sotterranei e tutto il resto, vuole respirare lo stile di vita sano e la qualità del quotidiano e delle cose semplici. Solo così un visitatore porterà nel cuore una “emozione”. Il segreto è tutto qui; l’emozione che noi tutti dobbiamo trasmettere a chi ci visita. Se ogni persona che passa da Orvieto, anche per poche ore, porterà nel cuore una emozione e negli occhi le meraviglie artistiche, possiamo essere certi che quella persona forse tornerà ma sicuramente trasmetterà ad altri l’emozione che ha provato creando un circolo virtuoso.
Il lavoro da fare è tanto ma ogni lungo viaggio inizia con un primo piccolo passo: c’è da riqualificare l’area del casello autostradale e via Costanzi, dovrebbe diventare un viale alberato con aiuole fiorite; c’è da migliorare la piazza della Stazione Ferroviaria; c’è da pensare ad una adeguata e chiare segnaletica pedonale, c’è da convogliare i visitatori nelle zone scarsamente frequentate, per esempio il quartiere medievale e San Giovenale, la Confaloniera, La Fortezza dell’Albornoz, l’anello della Rupe, le Tombe Etrusche. Forse basterebbero dei semplicissimi “Selfie Point” (pannelli con una immagine e la scritta ORVIETO ben evidente oppure due sagome in abito medievale con un foro al posto del volto in modo che ognuno si possa fare un selfie in abito medievale” con il proprio viso. Naturalmente non deve mai mancare la scritta ORVIETO). Posizionare ed indicare con i tempi di percorrenza a piedi, questi selfie point per esempio sul belvedere di San Giovenale, o sulle mura dell’Albornoz o in qualunque altro posto poco visitato. Chiunque si faccia un selfie in pochissimo tempo lo posterà sui social ed una immagine con la scritta ORVIETO girerà gratuitamente per il mondo.
Tutto ciò ovviamente non è sufficiente ad una crescita turistica del territorio e ad un prolungamento del “soggiorno medio”, occorre da subito un serio “progetto di marketing territoriale” (ci sono le competenze per realizzarlo) ed avere chiaro il concetto che il turismo porta “Valuta Pregiata” ovvero i visitatori lasciano soldi senza portare via nulla se non “UNA EMOZIONE”.
Sarebbe auspicabile la possibilità di organizzare corsi di riqualificazione professionale per gli addetti all’ospitalità ed alla ristorazione; il mondo cambia rapidamente, l’informatica è entrata prepotentemente in ogni ambito lavorativo ed è indispensabile aggiornarsi. Ormai è anacronistico pensare di non avvalersi di moderni programmi di gestione e della presenza professionale sui social tenendo presente che “l’approssimazione non paga”.
Un’altra iniziativa che ritengo interessante e che porterebbe beneficio al turismo sarebbe “FACCIAMO CONOSCERE ORVIETO AGLI ORVIETANI”. Una domenica al mese si formano dei gruppi di cittadini e li si porta in visita per la città, come fossero turisti. Entrate ai Musei, visita alle Tombe Etrusche, sotterranei di Sant’Andrea, Tempio Etrusco, Albornoz ed altro. Ricordiamo sempre che solo con la conoscenza si apprezza qualcosa e se noi per primi non sappiamo apprezzare ciò che i nostri Avi ci hanno regalato, non potremo mai trasmettere e far conoscere ai visitatori la nostra cultura.
La questione della ricettività è molto delicata. In tutta Italia si sta delineando una specie di sottile ostilità tra settore alberghiero ed extra alberghiero. Oggettivamente il problema esiste e chi ne soffre maggiormente sono gli alberghi 3 stelle. Come dicevo prima, il mondo cambia ma ricordiamo sempre che chi sceglie è “il cliente”: ormai l’offerta dell’extra alberghiero è di buon livello ed il cliente spesso la preferisce non tanto per una questione di prezzo (molti bed and breakfast vendono a prezzi maggiori degli alberghi) quanto per la tipologia dell’ospitalità, più familiare e meno formale. Per gli alberghi è una dura battaglia anche perché la normativa della classificazione è molto rigida e prevede il giusto numero di addetti con conoscenze linguistiche, gli spazi comuni adeguati, gli ascensori, prevede addirittura un certo numero di punti luce per ogni stanza, una superficie congrua al numero delle persone occupanti la camera, scrivania con set per scrittura, bagni con finestra o aereazione forzata, armadi con sufficiente numero di appendini, oggetti di cortesia nel bagni oltre a biancheria di qualità, ovviamente televisori lcd e connessione WI-FI (rigorosamente gratuita), servizio di prima colazione abbondante e vario (affettati, uova e formaggi non possono mancare). Gli alberghi sono inoltre gravati dal possesso di certificato antincendio che per ottenerlo e mantenerlo aggiornato ha dei costi veramente proibitivi. Occorre rigenerarsi, reinventarsi ma questo comporta inevitabilmente investimenti importanti che in un periodo storico negativo per l’economia come quello che stiamo vivendo nell’ultimo decennio, pochi hanno la forza e la determinazione di affrontare. Ovviamene ai competenti organi spetta il rigoroso controllo del rispetto della normativa vigente che deve sempre essere verificato e monitorato sia per il settore alberghiero (ma questo già accade con la verifica periodica della categoria) che per tutto l’extra alberghiero.
Altra questione da valutare ad Orvieto: i Centri Storici sono tali finché ci sono gli “abitanti”, il progressivo spopolamento del Centro Storico lo renderà un polveroso museo e questo a discapito della famosa “EMOZIONE” che dobbiamo trasmettere ai visitatori.
Questione degli “Americani che non vengono più ad Orvieto”. Verissimo ma consideriamo che gli Statunitensi arrivano in Italia in numero sempre minore in quanto il cambio della valuta adesso per loro è molto sfavorevole ed hanno un potere d’acquisto decisamente limitato rispetto all’epoca della “lira”. Che ci piaccia o no adesso i nuovi ricchi sono altri e vengono da EST, sta a noi comprenderne la differente cultura ed adeguare le nostre strategie. Ci sono nicchie di mercato ancora da scoprire??? Forse sì ma per favore non pensiamo che sia sufficiente un bel “sito internet”, è necessario creare prima di tutto “il prodotto Orvieto” e poi si può pensare alla commercializzazione. Come dicevo prima, ci vuole un serio progetto di marketing territoriale che preveda prima di tutto una accurata analisi del territorio e delle professionalità da mettere in campo.
Insomma il lavoro da fare è tanto ma non bisogna scoraggiarsi e non bisogna piangersi addosso attribuendo sempre le responsabilità alle Amministrazioni Comunali attuali e passate. Errori urbanistici ce ne sono stati me ritengo siano state “scelte” in buona fede. Il nostro Sindaco è una persona intelligente, onesta, pacata e piena di buona volontà, ama Orvieto e gli Orvietani e ci ha messo la faccia promettendo di riqualificare il territorio. Purtroppo gli ingranaggi della macchina amministrativa e burocratica sono complessi e farraginosi, occorre ancora lubrificarli e renderli perfettamente efficienti: diamogli tempo e fiducia.
Spero di non aver annoiato troppo ed auguro buon lavoro a tutti.
Per finire: NO ALLA DISCARICA, SI’ AL BUON VIVERE, AL BUON MANGIARE E AL BUON BERE.