La proposta di Dante Freddi
È necessario aprire un dibattito sul sistema bancario orvietano
La Commissione dei capigruppo, assente soltanto Vergaglia, ha stoppato l’entusiasmo di Germani e ritenuto che non ci sia tutta questa agitazione in città e neppure la necessità di aprire un dibattito sul sistema bancario orvietano. Certamente nessuno dubita dell’onestà intellettuale e dell’onestà tout court della commissione di fronte al potere economico cittadino, al massimo si può individuare qualche presenza politicamente inopportuna. Ma niente di nuovo sotto il sole. Storicamente le amministrazioni locali hanno usato o ignorato Fondazione e CRO, mai ne hanno discusso. E la storia continua, ma questa volta la storia è un’altra storia.
L’opinione di Pier Luigi Leoni
La Cassa di Risparmio di Orvieto spa, controllata dalla Banca popolare di Bari ha ridotto da 9,53 a 7,50 euro il valore unitario delle proprie azioni. Ci rimettono coloro che hanno comprato le azioni della Cassa e la Fondazione CRO di Orvieto, azionista di minoranza, che vede decurtato di oltre 8 milioni il valore delle proprie azioni. Per i clienti della banca, che non si sa quanti siano e se siano stati informati del notevole rischio che comporta l’acquisto di azioni non quotate in borsa, si è messa in agitazione l’associazione nazionale consumatori che vuole sapere se i clienti erano stati adeguatamente informati del rischio. Per tutti i cittadini di Orvieto e dintorni, che hanno perso 8 milioni di patrimonio pubblico c’è poco da agitarsi, perché non c’è più niente da fare.
La proposta del Sindaco Germani di convocare un consiglio comunale aperto sulla questione l’hanno fatta abortire i capigruppo consiliari, in assenza della grillina Vergaglia, che aveva sollecitato l’intervento del consiglio comunale. So per esperienza che ogni volta che vengono in ballo la banca e la fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto scende il gelo sulla città. Un po’ per ragioni sentimentali, ma soprattutto perché gli orvietani che lavorano alle dipendenze della CRO sono tanti e infilati in tutti i settori della comunità orvietana, compresi gli organi comunali. È così che gli orvietani hanno digerito le trasformazioni della banca, prima venduta ai fiorentini e poi da questa ai pugliesi per ragioni, con metodi e a prezzi che costituiscono un mistero per le persone comuni e una ineludibile necessità per chi si preoccupa del proprio posto di lavoro, ma ben noti a chi tira i fili della finanza in qualche luogo che si può immaginare, ma non vedere.
È così che gli orvietani hanno digerito le gestioni della fondazione da parte di un notabilato autorizzato a maneggiare soldi pubblici con poteri da padrone privato. Di fronte a questa botta delle azioni che ha tagliato i patrimoni di molti (anche se ancora non si sa quali e quanti) cittadini, hanno reagito un’associazione dei consumatori, una consigliera comunale di origine napoletana che non “tiene” parenti a Orvieto e un sindaco che non “tiene” parenti tra amministratori e dipendenti della banca e della fondazione. A parte la stampa locale che però non ha i poteri per approfondire. Poi è arrivata la solita gelata. Vedremo presto se l’incazzatura di chi ha perso soldi per essersi fidato di chi li incitava a trasferirli dal proprio conto corrente a titoli “praticamente” sicuri riuscirà questa volta a rompere il ghiaccio. Forse è l’ultima occasione.
L’opinione di Franco Raimondo Barbabella
Fino all’uscita, il 17 maggio scorso, dell’articolo di Dante Freddi che ora commentiamo ero rimasto a quanto pubblicato da Orvietosi il precedente 30 aprile circa la risposta di Germani all’interrogazione della consigliera M5s Lucia Vergaglia, e cioè: “Il sindaco Germani, in risposta al consigliere Vergaglia, ha comunicato di aver richiesto informazioni scritte o incontri con gli attori di riferimento, ricevendo l’adesione a un incontro da svolgersi a breve con i vertici della Banca popolare di Bari. Germani ha anche annunciato che a breve potrebbe essere convocato un Consiglio comunale aperto per offrire la voce a tutte le parti del sistema, banche, clienti e istituzioni, che hanno il dovere di porre la massima attenzione possibile per difendere la ricchezza della comunità.”
Dunque il Sindaco non aveva dato per certo, ma solo ipotizzato, un Consiglio comunale aperto, ben sapendo – ritengo – che una tale decisione spetta al Presidente del Consiglio stesso su mandato della Commissione dei capigruppo. Perciò, quando ho letto l’articolo di Dante, sono rimasto perplesso, e ancor più lo sono stato per il tipo di discussione che si è sviluppata subito sui social: folata di un giorno, senza adeguata informazione e freddo ragionamento, con ciascuno impegnato a portare acqua al proprio mulino.
In conseguenza di ciò, al momento in cui scrivo non tutto mi appare chiaro. Dico perciò la mia sulla base di quel che ad oggi è emerso, che mi pare sia questo: c’è un’interrogazione al Sindaco di Lucia Vergaglia sul rapporto Fondazione CRO-BPB relativamente al passaggio delle quote residuali di Fondazione; c’è una risposta del Sindaco che ipotizza un Cc aperto; c’è poi l’articolo di Dante Freddi che denuncia la decisione della Commissione capigruppo di non convocare il Cc aperto; c’è ora il comunicato della Commissione che contesta quanto detto da Freddi e la replica dello stesso Freddi. Al fondo c’è la notizia che CRO-BPB ha diminuito di circa il 21% il valore delle proprie azioni con grave danno per coloro che le hanno acquistate, non si sa bene se adeguatamente informati sui rischi e con difficoltà a convertirle, pur deprezzate, di nuovo in moneta sonante.
La situazione è in evoluzione, per cui come minimo bisognerà aspettare che intervengano chiarimenti sostanziali. Ma qualcosa mi sembra si possa e si debba dire subito:
1. La decisione di CRO-BPB di svalutare i titoli venduti a molti cittadini, ed acquistati per la fiducia storicamente consolidata nella Cassa orvietana, non solo è giusto che venga chiarita pubblicamente ma è anche legittimo e giusto che venga contestata da chi ne ha interesse diretto, innanzitutto per sapere se tutto è avvenuto con correttezza e trasparenza, e comunque per tutelare i propri legittimi interessi.
Chi rappresenta per mandato popolare gli interessi dell’intera collettività sarebbe bene che, oltre a farsi carico del dovere di chiarezza del sistema bancario nei confronti dei cittadini, prendesse coscienza di ciò che è cambiato con la fine dell’autonomia della locale Cassa di risparmio nel quadro della riorganizzazione generale del sistema bancario, si preoccupasse di indicare le linee strategiche di sviluppo rispetto alle quali mobilitare le risorse private con il sostegno diretto e di servizio del sistema bancario, e su queste basi procedesse ad organizzare tempestivamente il dibattito pubblico.
2. Di conseguenza, in mancanza di ciò sarebbe del tutto inutile un Consiglio comunale aperto che si riducesse, come troppe volte è accaduto, ad una carrellata formale di interventi tutti preoccupati di dire e non dire per non dare troppo fastidio o al contrario tutti tesi ad accusare questo o quello con quel gusto dello sfogo che si esaurisce poi inevitabilmente nello spazio di un pomeriggio-sera. Domandina: nella sostanza, quale è il potere reale di un sindaco o di un Cc su un soggetto privato autonomo, se si prescinde dalla potestà (direi dovere) di indirizzo politico generale e di tutela morale (al di là di quelli ovviamente anche materiali) degli interessi collettivi?
Dunque, tirando le somme e finalmente rispondendo alla sollecitazione dell’amico Dante, debbo dire intanto questo: che nella Commissione ci siano soggetti che hanno problemi a discutere di CRO se c’è odore di contestazione Dante lo sa non da oggi e a maggior ragione lo sa benissimo Germani; per evitare spaccature i capigruppo hanno assunto una linea diciamo prudente: si chiede al Sindaco di organizzare un incontro con CRO-BPB e con Fondazione per acquisire informazioni e chiarimenti e per poi decidere il da farsi, a quanto si capisce senza escludere proprio quel Cc ipotizzato dal Sindaco. Mancanza di coraggio? Forse. Situazione magmatica? Non c’è dubbio. Ma non mi pare si possa parlare di posizioni contrastanti tra Sindaco e Capigruppo, con questi ultimi che indossano le vesti del cattivo che frena l’azione del vendicatore della notte. Piuttosto, vogliamo dire distanza abissale tra la drammatica serietà della situazione e lo stato impantanato delle iniziative del potere pubblico? E anche del modo in cui se ne discute?
Da ultimo, per puro dovere di verità ho l’obbligo di dire che non è vero che le amministrazioni non hanno mai discusso di sistema bancario ed in particolare di CRO. Nel passato se ne è discusso tante volte, si sono fatti accordi e sono stati definiti obiettivi convergenti. Voglio ricordare in particolare che io sono stato il sindaco che ha ottenuto che il Comune in quanto Ente diventasse socio della Cassa (prima di allora lo statuto non lo consentiva, e appunto fu modificato per consentirlo), la qual cosa al tempo fu mal digerita dai molti conservatori dei due campi contrapposti, con particolare forza da quello di sinistra. Il punto è che al fondo di tutto ci deve essere una politica, che consenta di non presentarsi ad altri soggetti solo per chiedere sostegno su questo e quello, ma per concordare obiettivi da raggiungere e garanzie da assicurare ai cittadini e al mondo degli operatori economici.
Quando poi le cose sono accadute, rimediare è sempre difficile. Litigarci sopra serve solo a dimostrarsi deboli e ad aggravare la situazione. E a rendere evidente che anche su questa questione della vendita di titoli che poi sono stati inopinatamente svalutati si è arrivati tardi. Dunque a ciascuno il suo: le responsabilità di oggi sono di chi c’è oggi e di ciò che fa o non fa oggi. Ieri era tutt’altra storia, ciò che vale anche per chi non c’era o che, se c’era, stava da un’altra parte.
La proposta di Leoni a Barbabella
“L’altro ieri, promossa dalla sezione orvietana della FIDAPA (federazione italiana delle donne delle arti, delle professioni e degli affari) si è svolta nel municipio di Orvieto una bella cerimonia di commemorazione di Zaira Marchesini, insegnante e scrittrice orvietana di doti eccezionali. Una precedente cerimonia era stata dedicata a Lea Pacini, la brillante e dinamica creatrice del Corteo storico. Nel corso della manifestazione è emersa la proposta di dedicare sistematicamente vie e piazze, ma anche altri luoghi pubblici come parchi e giardini, a personaggi orvietani della storia antica e recente. Lo scopo sarebbe di aiutare gli orvietani a non dimenticare i momenti positivi del loro passato e di presentarsi ai visitatori col loro biglietto da visita. I pur rispettabili nomi dei vari Garibaldi e Cavour non sarebbe meglio lasciarli onorare da Genova e da Saluzzo, e non sarebbe preferibile la storia orvietana alla geografia e alla botanica che imperversano nei sobborghi?” (Pier Luigi Leoni)
L’opinione di Barbabella
Mentre non è difficile intitolare vie e piazze nelle zone di nuova urbanizzazione, lo è di sicuro quando si tratta di cambiare un nome esistente. Delle difficoltà ho avuto esperienza diretta almeno in due occasioni. La prima quando, poco dopo la sua scomparsa, si decise di onorare l’opera di Gualverio Michelangeli con l’intitolazione a lui di un tratto di Via Albani, la via storica della sua Bottega. In questo caso la trafila fu lunga e le difficoltà diverse, ma l’iniziativa fu coronata da successo.
La seconda quando proposi di intitolare una via centrale della città o parte di essa (ad esempio il tratto di Corso Cavour che va dalla Torre del Moro a Piazza della Repubblica) ad Ermanno Monaldeschi della Cervara, ottemperando così ad una precisa richiesta fattami da Jader Jacobelli in occasione della presentazione del suo libro su Ermanno. In questo secondo caso la cosa si fermò subito (e non si è mossa più fino ad oggi, nonostante la sua riproposizione da parte mia nel decimo anniversario della morte di Jader in occasione del convegno in suo onore) nonostante la mozione con cui veniva promossa fosse stata approvata dal Consiglio comunale all’unanimità. Si trattò allora, io credo, non solo di indifferenza ma di sottile e miope ostracismo nei confronti di Ermanno, tipico di una classe dirigente farcita di ideologia e incapace di distinguere la storia dai piccoli interessi o addirittura dalle supersizioni. Escludo che sia prevalsa l’ammirazione per l’opera del conte Camillo Benso.
Vicenda diversa quella delle intitolazioni delle vie di Sferracavallo e Ciconia con nomi di fiumi, monti e alberi. In quei casi la proposta dell’Ufficio addetto fu accolta senza troppe difficoltà, forse perché così si evitavano le diatribe che quasi sempre accompagnano le scelte quando si tratta di persone, non importa se personaggi storici o cittadini illustri scomparsi da tanto o da poco.
Comunque sia, “la proposta di dedicare sistematicamente vie e piazze, ma anche altri luoghi pubblici come parchi e giardini, a personaggi orvietani della storia antica e recente” mi trova senz’altro d’accordo. Lo spazio c’è, non solo perché ci sono vie e luoghi non intitolati o intitolati con nomi facilmente sostituibili, ma perché nello stesso centro storico ci sono vie con nomi ripetuti o con nomi seriali, che perciò si prestano benissimo ad una intitolazione più congrua. Bisogna sempre partire dall’assunto che la storia è l’identità e lo spessore di una comunità, piccola o grande che sia e la salvaguardia della memoria è l’indice più alto della civiltà di un popolo. Per questo ci vuole cultura, maturità, apertura mentale, e anche capacità di bandire dall’orizzonte le molte tentazioni strumentali. Ci vuole un piano e ci vogliono chiari criteri di scelta. Ci vuole anche coraggio. Forse troppe cose tutte insieme.