La proposta del direttore Dante Freddi
Vi va di esporre la vostra opinione sulla questione dei diritti civili delle coppie gay attualmente in discussione al Senato? Potete prendere spunto dalle parole di Myrta Merlino
“La vita ha più fantasia di noi che possiamo scegliere di foderarci gli occhi di prosciutto, ma non possiamo cancellare la realtà. Noi che possiamo rifiutare con tutte le nostre forze l’idea che una coppia gay possa crescere un figlio, ma non possiamo cancellarne l’esistenza. E allora, mi chiedo, anziché voltare la testa dall’altra parte, non ci converrebbe creare una cornice normativa che tuteli genitori, figli e tutta la società?” (Myrta Merlino, Giornalista de La7)
L’opinione di Pier Luigi Leoni
Myrta Merlino riflette il realismo giuridico che finirà col prevalere. Se a un omosessuale nessuno può impedire di avere figli e di convivere con un altro omosessuale, una soluzione per regolare i rapporti di convivenza e i fatti patrimoniali si dovrà pur trovare. Ma la realtà è molto più complessa di come la si racconta. C’è una parte ancora maggioritaria del popolo italiano che desidera avere rapporti sessuali con l’altro sesso, procreare e metter su famiglia. La legislazione, a cominciare dalla Costituzione, protegge i desideri e regola i bisogni di questa parte della popolazione. Da alcuni anni è emersa, nel senso che fa ascoltare la sua voce, una parte della popolazione che desidera rapporti sessuali con soggetti dello stesso sesso coi quali mettere su famiglia, comprensiva di bambini, figli ovviamente solo di uno dei componenti della coppia. La legge non può eludere i desideri e i bisogni di questa forte minoranza e la proposta di legge Cirinnà, forse con qualche aggiustamento, sarà presto approvata. Avremo così un periodo di bonaccia, come sta succedendo in altri Paesi occidentali. Ma vi sono altre minoranze che sentono il bisogno di metter su famiglia: coloro che desiderano rapporti sessuali con soggetti di entrambi i sessi; coloro che sentono il bisogno di rapporti sessuali con una pluralità di soggetti e coloro che non desiderano rapporti sessuali, ma la compagnia di uno o più soggetti. Per non parlare di quelle che ancora vengono considerate perversioni sessuali. I tempi continueranno a cambiare e le leggi a essere adattate.
L’opinione di Franco Raimondo Barbabella
Le parole di Myrta Merlino, mentre per la prima parte, nella loro apparente ovvietà evidentemente non sono ovvie se ci sono molti che, in ogni circostanza e a dispetto delle lezioni della storia, voltano la testa dall’altra parte o si ostinano a mettere le braghe al mondo, nella seconda colgono proprio un’esigenza reale. E la colgono perché, a quanto risulta, il ddl Cirinnà non sembra essere un esempio di legge organica e ben meditata.
A quanto si capisce, stanno prevalendo, più che le soluzioni meditate, gli interessi contrapposti: da una parte, di chi sostiene che, essendo troppo tempo che si cincischia intorno al tema dei diritti delle coppie omosessuali, è ormai l’ora di decidere; dall’altra, di chi sta cercando in tutti i modi di fermare l’approvazione del provvedimento, non tanto perché preoccupato di norme su alcuni punti chiaramente raffazzonate e in contrasto con altri testi normativi (dalla Costituzione alle leggi ordinarie), quanto piuttosto perché vuole allontanare dalla bocca dell’Italia quello che ritiene comunque un amaro calice.
Coloro che da tempo invocano non una regolamentazione qualsiasi, ma una fatta bene, meditata, incardinata nel sistema giuridico e coerente con una sua logica evoluzione, tale da garantire diritti e doveri di tutti, coppie gay e coppie etero, coppie unite con vincolo di matrimonio e coppie di fatto, le adozioni nelle diverse condizioni, le condizioni di chi sceglie di essere single e di chi vi si trova ad esserlo, costoro ovviamente in queste condizioni risultano un’infima minoranza.
Non so come andrà a finire, tra una manifestazione e un’altra, tra una forzatura e un’altra, tra una furbata e un’altra. So però che non verrà fuori il buono che sarebbe necessario per la vita reale delle persone che non aspirano a vittorie ideologiche ma a condizioni di vita semplicemente rispettose della dignità degli individui in carne ed ossa. Ma forse mi sbaglio, perché spesso il meglio è nemico del bene.
Confesso comunque di provare disgusto per un modo di fare le leggi segnato non tanto da idee guida di libertà, dignità e giustizia, e diritti delle minoranze senza prevaricare quelli delle maggioranze, quanto piuttosto da ideologia e interesse strumentale. Ma anche su questo sarò sicuramente io che non riesco a cogliere la lungimiranza dei comportamenti prevalenti.
La proposta di Leoni a Barbabella
La questione del fine vita ci riguarda tutti. Ecco cosa ne pensava il cardinale Carlo Maria Martini
La crescente capacità terapeutica della medicina consente di protrarre la vita pure in condizioni un tempo impensabili. Le nuove tecnologie che permettono interventi sempre più efficaci sul corpo umano richiedono un supplemento di saggezza per non prolungare i trattamenti quando ormai non giovano più alla persona. È di grandissima importanza in questo contesto distinguere tra eutanasia e astensione dall’accanimento terapeutico, due termini spesso confusi. Evitando l’accanimento terapeutico non si vuole procurare la morte: si accetta di non poterla impedire assumendo così i limiti propri della condizione umana mortale. Non ci si può richiamare a una regola generale quasi matematica, da cui dedurre il comportamento adeguato, ma occorre un accorto discernimento che consideri le condizioni concrete, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. In particolare, non può essere trascurata la volontà del malato. Dal punto di vista giuridico, rimane l’esigenza di elaborare una normativa che, da una parte, consenta la possibilità di riconoscere la possibilità del rifiuto (informato) delle cure – in quanto ritenute sproporzionate dal paziente -, dall’altra proteggere il medico da eventuali accuse, senza che questo implichi in alcun modo la legalizzazione dell’eutanasia. Una impresa difficile, ma non impossibile. L’insistenza sull’accanimento da evitare non deve però lasciare nell’ombra il primo problema che ho voluto sottolineare, anche in riferimento alla mia personale esperienza. È soltanto guardando più in alto e più oltre che è possibile valutare l’insieme della nostra esistenza e giudicarla alla luce non di criteri puramente terreni, bensì sotto il mistero della misericordia di Dio e della promessa della vita eterna. [Carlo Maria Martini]
Chi sono io per commentare parole così dense di sapienza e di sapore umano come queste del cardinale Carlo Maria Martini, che fu a lungo arcivescovo di Milano, promotore del dialogo tra le religioni e tra i diversi, biblista e uomo di vasta cultura teologica, sul tema del fine vita, che richiama insieme le questioni prime e quelle ultime, il senso e il perché e il come dell’esistenza, la libertà e la necessità, i diritti dell’individuo e la forza della legge?
Non sono nessuno, ma sono, e dunque devo avere l’umiltà di esprimere un’opinione. Bene, allora dico che non potrei trovare parole più lucide e belle di quelle del cardinale Martini.
Mi permetto solo di integrarle con quelle che trovo scritte nel bel libro di Roberta De Monticelli Al di qua del bene e del male: “Non è solo che le nostre società sono pluraliste, vale a dire che albergano concezioni del mondo e del bene diverse, spesso in disaccordo o in conflitto. E che non c’è altra vita buona, altra ‘felicità’ possibile che quella degli individui, come degli individui soltanto è il fallimento esistenziale; e ciascuna ‘felicità possibile’ è diversa da ogni altra: è una possibilità unica, non replicabile e non ripetibile. … Ma se c’è una cosa dovuta, è questa: che ciascuno possa ‘prendere sul serio’ la propria vita, che infine è tutto quello che ha. Incomparabile, a quella di chiunque altro.”
Chiunque potrà convenire che entrambe le posizioni hanno un reale diritto di cittadinanza. La soluzione di coscienza è una cosa, quella di legge è altra cosa. Nelle condizioni di oggi, in cui tutto assume sapore di guerra di religione, temo che le parole del cardinale Carlo Maria Martini e quelle della filosofa della persona Roberta De Monticelli siano utili per la meditazione, non so invece quanto per la legislazione.