di Mario Tiberi
Chiunque abbia consuetudine a spannocchiare le pagine di un qualsiasi dizionario della Lingua Italiana, si sarà sicuramente accorto che i vocaboli principianti per “C” sono tra i più numerosi del nostro lessico italico. Ad esempio, quel chiunque sarà spesso incappato in parole quali correzione, corrosione, corruzione. Già, corruzione!
“C”, quindi, anche come corruzione.
Termine, questo, entrato di prepotenza nel gergo quotidiano e oramai divenuto tristemente famoso.
Ho scritto “gergo quotidiano” poiché non passa giorno che non si debba assistere ad uno scandalo, ad un atto truffaldino, ad un gesto di immoralità.
E’ infatti scandaloso che una consistente percentuale di rappresentanti del popolo, a tutti i livelli della pubblica amministrazione, sia dedita al lucro ingiusto piuttosto che al buon funzionamento degli apparati istituzionali.
E’ ancora truffaldino il malcostume, elevato a regola comportamentale, di tutti coloro che si impossessano di ingenti somme di denaro al fine di utilizzarle per illegittimi scopi e affari personali: denaro, oltretutto e il più delle volte, intascato a titolo di rimborsi spese per campagne e propagande elettorali e, dunque, sottratto alla finanza pubblica e in definitiva a noi cittadini contribuenti.
E’ infine immorale tentare di voler accampare aleatorie giustificazioni a detti deprecabili comportamenti in quanto trattasi di giustificazioni che, agli occhi della coscienza popolare, non hanno né solido fondamento e né decoro civile.
Ritengo, inoltre, di non allontanarmi di molto dalla realtà se immagino che perlomeno i cultori dell’etimo filologico abbiano ben chiaro che sinonimi di corruzione siano i lemmi subornazione, depravazione, pervertimento, vizio e, anche, putrefazione, decomposizione, disfacimento, corrosione.
E la corrosione è proprio la conseguenza diretta della corruzione la quale, stilla dopo stilla, agisce alla stregua delle gocce letali dell’acido cloridrico nel decomporre inesorabilmente il tessuto sociale di intere collettività, inizialmente sano ed integro.
Accanto alla corrosione dovuta alla corruzione vi è, però, la correzione a tutto codesto squallido marasma e che va individuata in un’arma per certi versi infallibile: quella che, d’ora in poi e in ogni giorno, noi gente sovrana dovremo imbracciare per moltiplicare sforzi e concentrare energie onde ottenere che un ceto politico, avido e corrotto, non possa più nuocere al Popolo Italiano.
Come? Non votando mai più alcuno degli attuali assisi, e per ironia della sorte pur in modo abusivo, nelle postazioni di potere del governo nazionale e della maggioranza parlamentare che lo sostiene.
Corrompere, corrodere, correggere: come ben vedete sono verbi ognuno sorretto dal prefisso “cor” e necessita un “gran cor”, assieme al sentire della ragione, per centrare il bersaglio di cui ai due paragrafi che precedono.
Non me ne voglia Blaise Pascal se, almeno in siffatta circostanza, non trova riscontro la sua celebre affermazione che “il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”!