Venerdi 26 la prima dello spettacolo teatrale di Guido Barlozzetti, al Mancinelli. Il progetto sarà presentato alla stampa venerdì 19.
Labirinto K./Viaggio nella testa di Stanley Kubrick si compone di due parti:
un libro di Guido Barlozzetti, da cui è stato tratto uno spettacolo teatrale con la voce/corpo narrante e la regia di Guido Barlozzetti, il progetto visivo di Massimo Achilli e le musiche di Enzo Pietropaoli.
Il libro.
Prendendo spunto da una grande passione del regista, il libro assume gli scacchi come una chiave d’accesso al suo cinema e cerca di ritrovarne le ossessioni più profonde.
Lo spettacolo teatrale.
Lo spettacolo costruisce un gioco di interazioni fra la parola, le immagini e i suoni per raccontare/evocare le ossessioni profonde che hanno segnato un cammino cinematografico che comincia nel 1953 con Paura e desiderio e si conclude nel 1999 con Eyes Wide Shut.
Il Narratore si muove sulla scena fra alcuni oggetti-segno: un elmetto (i soldati pedoni di Paura e desiderio, Orizzonti di gloria, Full Metal Jacket..), una valigia (i pedoni di Rapina a mano armata), una bibita con cannuccia (il pedone Humbert Humbert davanti a Lolita..), una bombetta e un bastone (Arancia meccanica), la sedia regale (i Re, i generali, il ministro di Arancia, Hal di 2001, il Maestro delle cerimonie di Eyes Wide Shut), una scimmia-pelouche (2001), una cornice vuota (i quadri di Barry Lyndon), il monolito di 2001..
In scena con il Narratore, Enzo Pietropaoli interviene e accompagna con la sua musica.
Si racconta di pedoni e re, cavalli, regine, alfieri e torri. E della Torre munita e presidiata di Stanley. Gli scacchi diventano i protagonisti dei film e ognuno rappresenta un modo di entrare nella partita, della vita e del cinema, e di giocarla.
Si ripercorrono alcune mosse e movimenti, il rimando continuo tra bianco e nero, luce e ombra – il cinema-scacchiera.. – e si conclude su due figure simboliche, il Monolito e il Labirinto.
Perché Kubrick?
Dire di Stanley Kubrick che sia solo un regista di cinema, è una limitazione che non coglie l’importanza della sua opera nella dimensione dell’immaginario e un percorso che è fra i più estremi e complessi del cinema e della cultura della contemporaneità.
Al di là di una vita segnata da leggende e stereotipi (l’isolamento, il controllo, la paranoia..) che dicono tutti di una volontà autorale di governare il processo-cinema, Stanley Kubrick vuol dire una domanda estrema sul rapporto fra la vita e il cinema, fra la realtà e quella che risolviamo frettolosamente in una finzione.
Oltre a essere un collezionista di macchine da scrivere e stilografiche, un tifoso dei Giants di New York, un fan di Napoleone e un amante dei cani e dei gatti, era anche un grande giocatore di scacchi. E, allora, perché non provare a pensare al suo cinema come a una scacchiera in bilico fra il bianco e il nero, la luce e l’ombra, e addentrarsi fra le sue immagini alla ricerca di pedoni, cavalli, regine e re?
Ha giocato tutta la vita Stanley, è stato nella partita e, al tempo stesso, ha cercato di esserne un lucido e temerario osservatore.
Se chiamiamo ossessione lo stato in cui le immagini vengono a noi e ci raccontano della trappola e del cerchio chiuso che si nascondono nella cosiddetta realtà, Kubrick ha creato un laboratorio estremo. Oltre gli schemi con cui presumiamo di distinguere fra la verità e la simulazione, la ragione e l’istinto, il sogno e la veglia, e tenere a distanza la follia e l’orrore.
Guido Barlozzetti ama il cinema da sempre. Non sarebbe importante farlo sapere, se non per spiegare la passione da cui nasce Labirinto K.
Ha incontrato Kubrick nella sala buia, da spettatore che guarda e si mette in ascolto. Sa che Stanley era un uomo meticoloso, preciso e attento ai dettagli, e quindi, cosciente del rischio che si è assunto a viaggiare nella sua testa, confida nella sua ironia.
Massimo Achilli, regista, fotografo, autore di opere multimediali, installazioni fotografiche, performances teatrali, collabora da anni con diversi musicisti in particolare nell’ambito del jazz e con altri artisti e scrittori per la realizzazione di spettacoli presentati in festival multimediali sia in Italia che all’estero.
Enzo Pietropaoli, un artista che con il contrabbasso continua ad esplorare il pianeta jazz e, in generale, della musica.
Ha suonato con i protagonisti della scena internazionale del Jazz e ha intrapreso un percorso che lo ha visto band leader, co-leader e sideman.
Hanno collaborato:
Euronics gruppo Cortoni; Bar Montanucci, Atelier dei miracoli – Bottega artigiana Sergio e Andrea Carli; (che hanno reso possibile la pubblicazine del libro) la Fondazione per il centro studi città di Orvieto (che lo ha edito).
Per lo spettacolo: Associazione Luigi Barzini; Sara Assicurazioni Agenzia di Orvieto; Serramenti Presciuttini; apuntoerre di Anselmi Rodolfo; Hotel Palazzo Piccolomini; TeleOrvietoWeb; New Wave audio&lighting service; Libreria dei Sette di Orvieto;