di Dante Freddi
A Orvieto sono 1.100 i bambini che fruiscono della mensa scolastica e pagano il pasto. Di questi 348 sono compresi nella fascia di reddito ISEE, l’indicatore della situazione economica che consente di fruire di agevolazioni, e quindi i pasti hanno un costo che va da un massimo di 5,50 a un minimo di 3,00 euro.
Quest’anno il Comune ha posto a gara il servizio mensa e ha risparmiato 0,18 euro a pasto, per un totale di 23mila euro.
I problemi sorgono quando i soldi non ci sono ma anche quando ci sono.
Sarebbe stato facile suddividere tra tutti quel risparmio, con un’economia ridicola di 5 centesimi a pasto, insignificante per tutti.
L’assessore Cristina Croce ha quindi deciso, giustamente, di indirizzare quei 23mila euro verso l’alleggerimento della spesa di quei 348 utenti meno abbienti: 50 centesimi in meno, poco ma qualcosa. Tutto bene quindi, un’ ineccepibile scelta di sensibilità sociale che non toglie nulla a nessuno anche se dà poco.
Eppure, la polemica c’è scappata ugualmente, non tanto per la scelta di come spendere quei 23mila euro, ma perché, nella comunicazione di tutti i dati relativi alla gara per l’acquisto dei pasti, è stato notato che il Comune paga il pasto 5,27 euro e lo vende a 5,50 centesimi a 600 utenti.
Tutti arrabbiati quindi per questa speculazione di ben 23 centesimi a pasto?
No, certo, la maggior parte ha capito, guardando gli stessi conti nel complesso, che dalla vendita dei pasti il Comune incassa 573,000 euro e ne paga 736.600, con una spesa di oltre 163mila euro in più di tasca nostra, cittadini con e senza figli a scuola, anziani, poveri, ricchi, con o senza prole da sfamare. Quindi tutta remissione, altro che “cresta” sul buono pasto. La spesa totale comprende infatti anche i servizi che stanno intorno al piatto servito, come le mense.
Ma no, c’è la signora fiera, che ne fa una questione di principio e si costruisce il crocchio per protestare. Il principio invocato, che governa la lagnanza, è l’egoismo disinformato, sentimento capace di smuovere il peggio che c’è dentro ciascuno di noi.
Vale la pena riprendere un fatto così povero di notizia e di sostanza perché è sintomatico di un atteggiamento ben più grave che si scontra spesso contro una visione della comunità in cui a dominare le azioni siano concetti di solidarietà, disponibilità, fiducia, fino a sentimenti come la caritas, l’amore.
Se qualcuno tentasse di gettare in mezzo al crocchio un seme di zizzania politicante, questi che seguono sono i dati degli ultimi anni sul costo e sulla vendita dei pasti mensa.
A.S. 2011-2012
Costo pasto mensa a carico utenza che paga il costo intero euro 5,50
Costo pasto mensa pagato dal Comune alla Ditta di ristorazione euro 5,29
A.S. 2012-2013
Costo pasto mensa a carico utenza che paga il costo intero euro 5,50
Costo pasto mensa pagato dal Comune alla Ditta di ristorazione euro 5,29
A.S. 2013-2014
Costo pasto mensa a carico utenza che paga il costo intero euro 5,50
Costo pasto mensa pagato dal Comune alla Ditta di ristorazione euro 5,41
A.S. 2014-2015
Costo pasto mensa a carico utenza che paga il costo intero euro 5,50
Costo pasto mensa pagato dal Comune alla Ditta di ristorazione euro 5,45
A.S. 2015-2016
Costo mensa a carico utenza che paga il costo intero euro 5,50
Costo pasto mensa pagato dal Comune alla Ditta di ristorazione euro 5,27