di Taira Bocchino – Presidente Amici della Terra Orvieto
15 agosto 2015. Da questa nuova Giunta regionale ci aspettavamo un approccio concreto per la gestione dei rifiuti secondo standard in linea con quelli dei paesi europei più avanzati. Invece le dichiarazioni dell’assessora Cecchini di questi ultimi giorni mostrano un Governo della regione incapace e imprudente che ha intenzione di continuare a sperperare gli spazi delle discariche umbre senza trovare vere soluzioni alternative. L’assessora ha infatti riconfermato pienamente le linee strategiche ribadite nell’adeguamento del Piano regionale di gestione dei rifiuti approvato nella scorsa legislatura, i cui capisaldi dichiarati sono: prevenzione della produzione dei rifiuti, incremento della raccolta differenziata, marginalizzazione del ricorso allo smaltimento del rifiuto, produzione, da rifiuti indifferenziati e da scarti del differenziato, del CSS (Combustibile Solido Secondario) per inviarlo a bruciare in impianti (cementifici e centrali termoelettriche) fuori dal territorio regionale. In base a tali dichiarazioni un’altra regione o un altro stato dovrebbero prendere i nostri rifiuti per bruciarli sul proprio territorio. Dichiarazioni demagoghe di questo tipo ci auguriamo essere solo l’effetto del caldo di questa estate torrida perché se così non fosse espongono la Regione alla vergogna dell’esportazione dei propri rifiuti e facendoci pagare un prezzo altissimo (anche in termini di tariffa dei rifiuti) per l’incompetenza di questa nostra classe politica.
Spieghiamo ai nostri lettori i motivi di queste nostre dichiarazioni e le nostre posizioni.
- Il Piano regionale dei rifiuti umbro è nei fatti fondato quasi esclusivamente sullo smaltimento in discarica. Sono previsti attualmente ampliamenti delle discariche umbre soprattutto per quella di Orvieto, di fronte al Duomo, considerata dal Piano come “discarica strategica”. La regione sta valutando in questi mesi di autorizzare un ampliamento di circa un milione di metri cubi sopraelevando l’attuale discarica delle Crete con una collina artificiale di mondezza tal quale. Inoltre la società che gestisce la discarica sta cercando in maniera molto agguerrita, anche in sede giudiziaria, di ottenere lo sblocco per il terzo calanco. Questo non è marginalizzare il ricorso allo smaltimento dei rifiuti ma è, bensì, centralizzarlo. La regione se avesse voluto realmente rendere residuale il ricorso alla discarica avrebbe dovuto mettere dei limiti di conferimento ad esempio il 7% come succede in altri paesi.
- Sulla prevenzione alla produzione ci farebbe molto piacere capire cosa è stato fatto e con quante e quali risorse perché i dati sono sconfortanti. Siamo una delle regioni più sporcaccione, la sesta, in Italia, per chilogrammi di rifiuto prodotto per abitante (524 kg/ab). E’ evidente che le strategie fino ad ora adottate (utilizzando i soldi dei cittadini umbri) non hanno portato nessun risultato e quindi continuare a perseguirle ci sembra a dir poco imprudente.
- Sulla raccolta differenziata: dovevamo raggiungere il 65% entro il 2012. Siamo al 2015, anzi a ferragosto del 2015, e abbiamo raggiunto solo il 50% di raccolta differenziata. Produciamo circa 500.000 tonnellate di rifiuti urbani ogni anno (senza dimenticare i rifiuti speciali che sono oltre 4 volte, circa 2.800.000 tonnellate). Differenziamo, quindi, circa 250.000 tonnellate. Di queste bisogna considerare almeno un 10% di scarto. Quindi, alla fine dei conti, differenziamo circa 225.000 tonnellate di rifiuti urbani. Cosa poi succede a questi rifiuti differenziati non si sa. La regione si preoccupa solo di dirci che ha differenziato. Qualcuno potrebbe anche obiettare dicendo che l’importante è differenziare ma considerando i costi stratosferici e fuori mercato della differenziata (siamo a punte di 220 euro per abitante in ATO4) la cosa ci interessa e dovrebbe interessare molto anche gli organi di controllo.
- Per gli altri 275.000 tonnellate di rifiuto indifferenziato il destino è andare dritto dritto in discarica. I dati ufficiali dicono infatti che il 55% dei rifiuti in Umbria segue questa strada e molti di questi anche senza pretrattamento, come ad Orvieto.
Quali sono le strategie adottate dalla regione? Quella di continuare a portare i rifiuti in discarica e meglio ancora a Orvieto visto che è strategica per la Regione? Oppure di disfarsi dei propri rifiuti portandoli altrove? Sono anni che gli Amici della Terra cercano di sensibilizzare gli amministratori con esperienze di altre regioni italiane e europee. E’ sempre stato chiaro che i migliori risultati ambientali, non solo in termini di energia prodotta e di minor ricorso alle discariche, ma anche di percentuali di materia recuperata o riciclata, sono conseguiti dalle regioni che hanno attuato una gestione integrata di dimensione industriale (ad esempio il Veneto con i suoi 1500 impianti di trattamento), economicamente sostenibile grazie anche ad una adeguata rete di impianti di termovalorizzazione con capacità sufficienti per evitare il rischio di emergenza rifiuti.
Ecco perché le strategie fino ad ora adottate dalla regione Umbria sono state fallimentari e irresponsabili. Continuare a rincorrerle ci esporrà a situazioni di emergenza e a decisioni frettolose. Emergenza che il Governo ha ben compreso ed è per evitarla che è stato presentato in questi giorni lo schema di decreto che individua il fabbisogno residuo da coprire mediante impianti di incenerimento da realizzare nelle regioni del centro sud. A settembre le regioni sono state chiamate a Roma per la conferenza Stato-Regioni. Un inceneritore è previsto anche in Umbria addirittura per un fabbisogno residuo molto più basso di quello attuale di 225.000 tonnellate annue.
Non è più tollerabile che gli amministratori regionali vadano raccontando dei loro desideri e delle loro speranze per il futuro. Questi dovrebbero avere l’onestà di parlare attraverso i dati precisi dei loro risultati di governo. Anche in Umbria, come in molte altre regioni italiane, i risultati sono negativi e utili solo per procurare nuove emergenze. L’emergenza si risolve con la pratica ordinaria basata sul buon governo e l’applicazione delle regole esistenti. È dunque legittimo che dinanzi a questo fallimento il Governo centrale intervenga per evitare l’emergenza già anticipata.