Sono sei anni o giù di lì che il lunedì apre il giornale una rubrica curata da Pier Luigi Leoni e Franco Raimondo Barbabella. E’ stata “A destra e a manca”, “Ping pong”, “Tu che ne dici”, “Lettere provinciali” e, da oggi, “Opinioni del lunedì”.
La presenza di Leoni e Barbabella, negli anni, ha contribuito a costruire la personalità di orvietosì e ci ha aiutati a seguire una linea editoriale impostata sulla libertà di pensiero, ma radicalmente contraria alla faziosità politicante.
Leoni e Barbabella sono emblematici nella nostra comunità di intelligenza e onestà intellettuale e la loro scelta di scrivere sul nostro giornale ci fa sentire coerenti con l’obiettivo perseguito di costruire un “foglio”che tenti almeno di aiutare i lettori a disvelare la verità.
Insomma, i nostri opinionisti servono sicuramente a noi e, speriamo, anche alle loro opinioni e ai lettori.
La rubrica funziona così: io lancio un argomento ai due opinionisti e, una settimana ciascuno, Leoni e Barbabella si propongono un ulteriore tema. Gli ragionamenti verteranno su questioni generali o locali, scelti dalla curiosità di chi li lancia.
E’ gradito l’intervento dei lettori. Chi vuole può inviare il commento al mio indirizzo e-mail e mi farò cura di pubblicarlo a nome del lettore, ovviamente firmato.
Buona lettura
Dante Freddi
OPINIONI DEL LUNEDI
17 Agosto 2015 n. 1
La proposta del Direttore Dante Freddi
- INEQUITÀ PLANETARIA
- L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale. Di fatto, il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta: «Tanto l’esperienza comune della vita ordinaria quanto la ricerca scientifica dimostrano che gli effetti più gravi di tutte le aggressioni ambientali li subisce la gente più povera».[26] Per esempio, l’esaurimento delle riserve ittiche penalizza specialmente coloro che vivono della pesca artigianale e non hanno come sostituirla, l’inquinamento dell’acqua colpisce in particolare i più poveri che non hanno la possibilità di comprare acqua imbottigliata, e l’innalzamento del livello del mare colpisce principalmente le popolazioni costiere impoverite che non ha dove trasferirsi. L’impatto degli squilibri attuali si manifesta anche nella morte prematura di molti poveri, nei conflitti generati dalla mancanza di risorse e in tanti altri problemi che non trovano spazio sufficiente nelle agende del mondo.[27] … Ma oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri… (Dall’enciclica di Papa Francesco Laudato si’).
L’opinione di Pier Luigi Leoni
La dottrina cristiana e la scienza, almeno su un cosa convergono: il mondo, almeno così com’è, finirà. E finirà la specie umana. Papa Francesco, come è suo – ma anche nostro – dovere, ci avverte che siamo sulla cattiva strada perché stiamo violando i comandamenti di Dio, stiamo abusando dell’ambiente invece di usarlo razionalmente per il bene morale e materiale del genere umano. Ma per rispettare i comandamenti di Dio ci vuole rispetto per Dio e rispetto dell’uomo. Però Dio è talmente nascosto che molti sono convinti che non c’è. E l’uomo non è molto rispettabile. Diceva Leo Longanesi: «Perché dovrei preoccuparmi per i posteri, che hanno fatto per me?» È una battuta altamente provocatoria. Lo stesso Longanesi, quando si paventava una vittoria del comunismo alle elezioni del 1948, propose alla Chiesa cattolica di tirar fuori dal Gottolengo di Torino gli esseri umani gravemente disabili e mostruosi che lì si accudivano e di portarli in giro per l’Italia. Era un’altra forte provocazione. Leo Longanesi intendeva dire, come diceva Fëdor Dostoevskij e come anch’io credo, che senza Dio, l’umanità ne può combinare di tutti i colori.
Perciò la lettura dell’enciclica come tributo, magari tardivo, all’ambientalismo o come pacchetto di buoni consigli validi sia per i credenti che per i non credenti, mi sembra riduttiva. Il genere umano può durare più a lungo, e magari combinare qualcosa di buono, se si affida alla Provvidenza divina. Perché la scienza umana è molto lontana dall’aver scoperto la Verità, ma ha già scoperto il modo di far saltare il pianeta e sta avviandosi a scoprire il modo di entrare dentro i cervelli umani per leggerne e condizionarne i pensieri.
L’opinione di Franco Raimondo Barbabella
La recente enciclica di Papa Francesco Laudato si’ è francescana fin dal suo titolo, sia nel senso che si richiama alla mistica cosmica di San Francesco d’Assisi, sia nel senso che è perfettamente coerente con la linea di fortissima innovazione che fin dall’inizio il Papa ha dato al suo pontificato. Direi che si tratta di una proposta di svolta radicale nel modo di concepire i rapporti tra noi e tra noi e il mondo, ciò che è reso possibile dalla scelta che il Papa fa di far dipendere tutto il ragionamento dalle domande esistenziali essenziali: «Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo? Perché questa terra ha bisogno di noi?». Dall’ecologia ambientale (quella ancora dominante sia nella cultura diffusa che nelle discussioni dei consessi internazionali sul destino del pianeta), si passa così all’ecologia integrale, che concepisce il mondo come un tutt’uno, la terra unita ai suoi abitanti, Casa Comune della quale aver cura. Tutto è relazione, gli uomini tra loro e le loro opere con il destino della Terra, la loro casa. San Francesco aveva sposato la povertà e insieme l’amore per ogni aspetto del creato; Papa Francesco unisce la cura per i poveri con la cura per la Terra. Tutto si tiene. La teologia cristiana così fa un salto concettuale e insieme pone obiettivi ambiziosi di cambiamenti culturali e sociali: Dio non è l’Uno staccato dal mondo e indifferente ad esso, è invece la relazione della Trinità; da una parte parla lo stesso linguaggio della fisica quantistica e della cosmologia contemporanee (tutto nel mondo è in relazione con tutto) e dall’altra recepisce le istanze di lungo periodo della teologia della liberazione (Leonardo Boff), non a caso particolarmente sviluppata in America Latina. La liberazione dei poveri e la liberazione della Terra sono così strettamente congiunte, e la prospettiva a questo punto non può che essere un cambiamento radicale delle logiche che fino ad oggi hanno dominato nella produzione e nella distribuzione mondiale della ricchezza. Un cambiamento radicale necessario, pena la scomparsa della vita. Naturalmente la visione è religiosa. Per cui, essendo il mondo e l’uomo creature di Dio, ed essendo Dio intrinsecamente amore, se la svolta sarà l’amore francescano per tutte le creature, il mondo e l’uomo si salveranno. Io credo che, comunque la si pensi, si tratti di una grande lezione, che vale per i credenti e per i non credenti: l’ecologia integrale come idea guida di una nuova fase di responsabilità di ognuno in ogni luogo e in ogni ambito di azione. E senza esitazioni. Abbiamo bisogno dei grandi pensieri. Questo è un grande pensiero.
La proposta di Leoni a Barbabella
“Si stima che nel 2015 le presenze nelle 77 città del buon vivere raggiungeranno i 4 milioni, rispetto ai 3,4 milioni registrati nel 2014.Trattandosi di piccoli comuni localizzati anche fuori dalle zone più note e frequentate, l’ottimo risultato indica come stanno aumentando i turisti che, per le vacanze, cercano esperienze vere e coinvolgenti. E nelle Cittaslow trovano: un relax che escluda tempi concitati, sovraffollamento e maleducazione; cibo sano e di gran gusto, legato alle coltivazioni e tradizioni del territorio; infine, prezzi più bassi di circa il 10% rispetto a località simili… “Cittaslow – afferma il Presidente Stefano Pisani sindaco di Pollica – è un’associazione che riunisce 199 comuni con meno di 50.000 abitanti, presenti in 30 paesi dei cinque continenti, Cina, Giappone, Corea del Sud, Sud Africa, Australia e Stati Uniti compresi.” “Nata quindici anni fa dall’incontro con Slow Food dei sindaci di Orvieto, Greve in Chianti, Positano e Abbiategrasso – continua Pisani – si è diffusa quasi spontaneamente in tutto il mondo grazie all’invidiabile reputazione attribuita all’Italia come paese con le piccole città più vivibili del mondo”. Per Piergiorgio Oliveti che da Orvieto dirige la rete mondiale ”Il successo anche turistico delle Cittaslow deriva dalla capacità di integrare tutte le risorse del territorio ambiente, energia, cibo, ma anche solidarietà sociale. Se si vuol capire – prosegue Oliveti – cosa vuol dire resilienza bisogna visitare una Cittaslow”… (Ufficio stampa Cittaslow italiane).
L’opinione di Barbabella
In un mondo che tende a privilegiare i grandi aggregati urbani ed uno sviluppo aggressivo sia per l’uomo che per l’ambiente, l’idea di valorizzare le piccole città creando la rete di Cittaslow, in cui quasi naturalmente predominano i ritmi lenti e sono o dovrebbero essere assenti fenomeni degenerativi quali il sovraffollamento, la maleducazione e la violenza, è una bella idea. Non semplicemente perché controcorrente e per questo degna di nota, ma perché capace di farci guardare avanti con prospettive interessanti, nel breve e soprattutto nel lungo periodo. Purché le intuizioni e gli stimoli si traducano poi in progetti, comportamenti e realizzazioni coerenti. È motivo di soddisfazione il fatto che la rete Cittaslow International abbia sede in Orvieto e promuova iniziative come quelle di cui abbiamo letto recentemente, dalla partecipazione al progetto europeo URBAC III (scambio di conoscenze e buone pratiche al fine di promuovere uno sviluppo sostenibile e integrato per una politica regionale di coesione) alla presenza ad EXPO Milano 2015 per la valorizzazione di ideazioni che partono dai territori al fine di generare “uno sviluppo più equilibrato, giusto, inclusivo e sostenibile”. Sia però consentita una domanda: siamo sicuri che si possa leggere una coerenza di comportamenti tra lo spirito e la lettera di queste iniziative e la concreta politica amministrativa delle città? Che in esse in generale il ritmo sia lento è una verità di tutta evidenza, e però mi pare che questa di per sé non possa dirsi una virtù. Per il resto ho l’impressione che continuiamo ad esser fermi (giustappunto) a ciò che potremmo fare e che però non facciamo. Bisogna convincersi dunque che la prospettiva che indica Cittaslow richiede non attesa, ma dinamismo e coraggio, una specie di scelta di campo, ideale e non ideologica. Giacché di fatto si tratta di contrapporre allo sviluppo di rapina dei territori uno centrato proprio sulle potenzialità di questi e quindi anche su un controllo responsabile del proprio destino da parte dei cittadini. Bella prospettiva certo, direi anche necessaria, ma non mi pare vicina vicina.