PARCO ARCHEOLOGICO. ANCHE QUESTA SARÀ L’ENNESIMA OCCASIONE PERDUTA DI UNA CITTÀ MALATA DI PIGRIZIA?
Caro Leoni,
i risultati delle campagne di scavo nei siti archeologici di Orvieto (al Fanum Voltumnae sotto la direzione di Simonetta Stopponi e alla Necropoli del Crocifisso del Tufo sotto la direzione di Claudio Bizzarri), la visita del Presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici agli scavi del Fanum, l’afflusso di turisti e il successo delle iniziative culturali che hanno accompagnato le campagne di scavo, confermano ancora una volta che la storia può essere un importante fattore di sviluppo, culturale ed economico. Questo era chiaro già all’epoca del Progetto Orvieto che contemplava anche l’idea di un parco archeologico anulare. Lei si spiega perché ancora oggi non si intravede nemmeno l’ombra di un progetto operativo per realizzare quell’idea?
Agnese G.
Cara Agnese, un parco archeologico di iniziativa pubblica presuppone non soltanto una realtà di grande interesse archeologico, ma la scelta politica di offrire un servizio alla comunità degli studiosi e al più vasto pubblico dei turisti, a beneficio della scienza e dell’economia. La mancata realizzazione del parco archeologico di Orvieto non è stupefacente se la si inquadra nelle tante occasioni perdute di una cittadina oggettivamente pigra; ma, dopo i risultati degli scavi archeologici di questi ultimi anni, sarebbe assolutamente imperdonabile.
L’INCAZZATURA DI BARLOZZETTI FARÀ BENE SOLO ALLE SUE CORONARIE O DARÀ ANCHE LO SVEGLIARINO ALLA BELLA ADDORMENTATA?
Caro Leoni,
recentemente Guido Barlozzetti ha ripreso la denuncia, che aveva già fatto il suo amico Barbabella, dell’esclusione di Orvieto in coppia con Todi dalla candidatura a città italiana della cultura a favore di Terni e Spoleto, ed ha concluso così: “Voglio ripeterlo, siamo ai margini, non solo geografici. Mi verrebbe da dire che siamo la Grecia dell’Umbria e che, se fosse possibile, penserei a un’Orvietexit. Anzi, la propongo, provocatoriamente e nemmeno troppo. E propongo anche un referendum! Basta con le genuflessioni e le reverenze timorate. Ma di chi e di che, visti i risultati. Il rammarico non è per un’esclusione. Alla fine, ci può stare. Ma per il modo in cui lo subiamo, per l’ignavia insipiente che ci farebbe meritare l’anti-Inferno. Non di più, per l’Inferno ci vogliono le palle!”. Parole durissime, inusuali per Barlozzetti. Lei pensa che siano giustificate?
Arnaldo Z.
Dopo molti anni di meritatissimi successi, anche Guido Barlozzetti deve affrontare quella fase della vita in cui ci si rende conto che una bella incazzatura fa più bene alle coronarie di un arguto motto di spirito, di una briosa trasmissione televisiva, di una colta conferenza e di uno scritto scintillante.
LA MICIDIALE MISCELA DI NON-RIFORMISMO RENZIANO E DI POPULISMO GRILLINLEGHISTA PUÒ PORTARE A PICCO UN PAESE SFIBRATO E SFIDUCIATO
Caro Barbabella,
il percorso delle riforme cui si dedica con innegabile impegno il governo in carica è disseminato di mine collocate dai conservatori di destra e di sinistra. Siano costoro in buona fede o semplicemente impegnati a tutelare privilegi, sarebbero in grado di far saltare in ogni momento il governo se i sentimenti ostili non fossero arginati dalla paura. A mio avviso, il motivo principale della paura sono i movimenti populisti, come lo è dalla nascita il M5S e come lo è diventato la Lega Nord di Matteo Salvini. Che il neopopulismo all’italiana serva a qualcosa?
Virgilio B.
Caro Virgilio, io non so se ha ragione Vittorio Feltri a dire che Matteo Renzi è solo un bravo barzellettiere o Massimo Cacciari ad affermare che il suo governo è fatto di “ridicoli dilettanti”, ma che la sua politica del fare sia anche una politica delle riforme mi sembra in ogni caso difficile da sostenere. Tanto per fare qualche esempio, non si può certo definire riforma la legge 107/2015 chiamata pomposamente “la buona scuola”, né mi pare che abbiano dignità di riforme i provvedimenti che complessivamente riguardano il sistema istituzionale. Non vedo dunque uno scontro fra un lucido riformatore, con in testa un disegno da statista che con coraggio porta a realtà, e conservatori di ogni risma che pervicacemente lo contrastano. Lo scontro è di tipo diverso e certo di minor spessore. Ciò naturalmente non esclude che di qua e di là si senta incombente il pericolo del grillismo e del leghismo, a partire da Renzi, senza che tuttavia si faccia qualcosa di serio per evitarlo. Ed hanno ragione gli altri ad aver paura, perché, se i due si mettono insieme, con la geniale legge renziana dell’Italicum vincono le elezioni. Peraltro, stando alla recentissima convergenza di posizioni sull’immigrazione, il dialogo non è di là da venire, è già cominciato. Sicché, più che essere soddisfatti dell’utilità indiretta dei movimenti populisti allo sviluppo del presunto riformismo renziano, bisognerebbe preoccuparsi dell’avvitamento sia verso l’impoverimento economico e culturale e sia verso lo spappolamento sociale e il ribellismo che il combinato disposto di non-riformismo e di populismo stanno determinando nella vita reale della nazione.
CARI SIGNORI SINDACI, UN GIORNO CI DIRETE CHE COSA PENSATE SI POSSA FARE IN QUESTI NOSTRI TERRITORI?
Caro Barbabella,
l’impianto pilota per lo sfruttamento della geotermia sull’Alfina torna a incombere sui nostri territori. Gli ecologisti si scagliano contro le lobby della geotermia e paventano disastri. Io non sono propensa alle esagerazioni degli ecologisti, però mi fido poco degli esperti e, soprattutto, di chi li paga. La gente comune non può sostituirsi agli esperti, ma sa che “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”. Altrimenti i proverbi a che servono?
Piera D.E.
Si, i proverbi servono, se non altro come condensato di esperienze vissute. Ma se li trasformiamo in criterio di verità al posto di ciò che sensati ragionamenti ci consigliano di fare, si trasformano da inviti alla prudenza in gabbie paralizzanti. Ammettiamo per un attimo che il proverbio da lei usato possa guidarci nella scelta del che fare in un caso come quello della geotermia. Mi saprebbe dire in base a che cosa dovrei applicarlo agli esperti e non anche agli ecologisti? Non ho elementi sufficienti per prendere partito, ma una cosa la so: il sonno della ragione genera sempre mostri, piccoli o grandi che siano. E in questa come in altre analoghe vicende non vedo il dispiegarsi di una ricerca di soluzioni razionali a vantaggio del ben comune, quanto piuttosto il tentativo di imporre da sponde opposte interessi di tipo particolare. Il risultato? Naturalmente il “non ti muovere”. E allora mi chiedo per l’ennesima volta perché i sindaci del nostro territorio non promuovono procedure serie e trasparenti per la formazione di un piano energetico che dica che cosa si può fare e dove, ciò che è compatibile con i caratteri e le linee di sviluppo del nostro territorio e ciò che non lo è. Sta bene anche che alla fine si stabilisca che tutte le tecnologie vanno escluse perché potrebbero rappresentare, anche solo in lontana ipotesi, un qualche pericolo per l’ambiente e per la salute degli abitanti di oggi e di domani. Sta bene, ma vogliamo comunque indicare come, dove, quando, operiamo per assicurare a noi stessi e ai nostri giovani la speranza di non dover recidere del tutto le nostre radici? Anche per far assumere ad ognuno le proprie responsabilità. Oppure l’unico criterio che vale è quello del “mai nell’orto di casa mia”, e poi succeda pure quel che deve succedere e ognuno si arrangi come può?
Il pessimismo della ragione
di Pier Luigi Leoni
Vi sono leggi che contrastano coi valori largamente condivisi nel nostro contesto sociale. Per esempio: l’incoraggiamento e lo sfruttamento da parte dello stato del gioco d’azzardo, che causa la rovina di centinaia di migliaia di persone e di famiglie; lo sfruttamento, insieme a un ipocrita scoraggiamento, del tabagismo, che causa nella maggior parte dei fumatori danni irreparabili alla salute; l’imposizione di una tassa sulla proprietà della casa di abitazione che colpisce non una rendita, ma un bene primario. Vi sono leggi che invece sono giuste, ma non vengono applicate per inefficienza o malizia di chi è pagato dalla collettività per applicarle. Per esempio le regole dei concorsi e degli appalti pubblici, quasi mai rispettate; la disciplina del lavoro, che è un optional, soprattutto nel Mezzogiorno; la normativa fiscale, che, nonostante la capillare diffusione dell’informatica, viene largamente aggirata. Sono alcuni esempi di comportamento illecito del legislatore, della pubblica amministrazione e dei cittadini. Sono veleni che intossicano la nostra società, sconcertano le persone oneste, provocano un senso di ribellione. Sono una miscela esplosiva che non deflagra perché è ancora diffusa la paura di perdere, nel caos, quel poco che abbiamo, compreso quel po’ di libertà che crediamo di avere. Ma nel momento in cui il contesto internazionale dovesse continuare a strozzare l’economia italiana e i risparmi e i redditi degli occupati e dei pensionati non riuscissero a sostenere le masse dei giovani disoccupati, saremmo costretti a mettere i sacchi di sabbia alle finestre.