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Home Sette Giorni

Beh, allora finalmente facciamolo questo dibattito sui beni culturali della città!

Redazione by Redazione
20 Agosto 2015
in Sette Giorni, Archivio notizie
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di Franco Raimondo Barbabella

Francamente, non mi pare che l’inserimento del sig. Pasquale Marino nel dibattito nel dibattito tra me e Claudio Bizzarri sia quello di un vaso di coccio che rischia di rompersi tra vasi di ferro. In ogni caso io condivido gran parte delle sue argomentazioni, che peraltro per l’essenziale mi pare rafforzino quanto ho sostenuto circa la necessità di una vera politica dei beni culturali, che dal mio punto di vista non può essere concepita se non nel contesto di una visione che contempli la funzione della città nel territorio e di questo nelle dinamiche del mondo di oggi. Come non essere d’accordo dunque sia sulla sottovalutazione dell’importanza che hanno, e che possono avere ben di più e meglio, per Orvieto i beni culturali, in particolare quelli archeologici, sia della necessità di un dibattito pubblico (certo, il sale della democrazia) circa un loro uso corretto e produttivo quale punto di forza di una lungimirante politica turistica?

Fin qui tutto bene. Ma dov’è la parte propositiva? Tra me e Bizzarri, se non ho capito male, la differenza sta nel fatto che lui ritiene che il PAAO così come si è sviluppato fino ad oggi, con le connesse e, non ne dubito, meritorie iniziative e manifestazioni, delinei già ciò che comunque, pur con gli opportuni sviluppi, dovrà essere: in sostanza un parco culturale, non essendo possibile realizzare un vero parco archeologico per i vincoli che questo comporta e il pericolo di ingessare il territorio. Io invece ritengo che il PAAO come nuovo inizio (nuovo perché il vero inizio è l’idea di parco archeologico anulare, che è datata anni ’80 del ‘900, l’epoca del Progetto Orvieto) di un processo vada benissimo (e dunque, ovvio, non si parte da zero), ma che l’obiettivo finale non può che essere qualcosa di strutturato in modo sia scientificamente corretto che organizzato in modo imprenditoriale, cioè un esempio di come si connette politica territoriale, politica turistica e politica culturale, insomma politica tout court. Questo qualcosa io lo chiamo ancora ‘parco archeologico’, ed è ancor meglio se vi aggiungiamo ‘ambientale’. Un progetto grande, bello, ambizioso, lungimirante, attivo, dinamico, moderno. Una dimensione internazionale di una città che vuol essere sul serio internazionale. Un vasto campo di impiego di competenze qualificate. Un investimento per le generazioni di oggi e di domani. No, ingessano il territorio solo le visioni corte e le scelte stanche.

Pasquale Marino, per ragioni diverse, mi pare che sia anche lui scettico sull’idea di parco archeologico. Egli ritiene che per come le cose vanno in Italia, un parco archeologico non può che diventare una cosa burocratica e una macchina mangiasoldi pubblici. Io la penso molto diversamente: ammesso che le cose storicamente stiano dappertutto così, non si vede perché non dovrebbero e non potrebbero stare finalmente in modo diverso. O dobbiamo accettare questa come una condizione naturale ed inevitabile, come se una qualche divinità ce l’avesse affibbiata per punirci dei nostri inqualificabili peccati? Quali? Lo ripeto, io ritengo che ci sia bisogno di un vero e proprio progetto funzionale, nel quale siano contemplati tutti gli aspetti necessari (urbanistici, finanziari, gestionali, ecc.) a cui far seguire un programma realizzativo. Peraltro oggi, nient’affatto paradossalmente, ce ne sarebbero le condizioni pratiche (su questo, se me ne sarà data la possibilità, dirò perché). Il tutto nel quadro di un politica di sviluppo territoriale. Essendo in campo idee diverse, discutiamone dunque. Chi se ne fa carico? Il sindaco personalmente? L’assessore Martino? O chi altro?

Ringrazio il sig. Pasquale Marino per il suo apporto ad una discussione nata un po’ casualmente, ma che si sta rivelando opportuna. Mi permetto solo di fargli notare che il solo fatto che lui abbia sentito il bisogno impellente di esporsi dimostra che “la polemica” (ripeto, il dibattito) tra me e Bizzarri non era poi così “stantia”. E non si meravigli se chi come lui si interessa dei beni culturali incontra diffidenza o, peggio, non ha risposte. È il clima normale (e dunque molto anormale). Perciò bisogna prendere posizione, esprimere il proprio pensiero, fare proposte. Questa è una delle occasioni buone per farlo. Vediamo che cosa succede, se succede.

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