di Mario Tiberi
Agli inizi degli anni sessanta del secolo scorso, andò in scena un lungometraggio che narrava la storia di una dozzina di uomini, a bordo di un aeroplano, costretti ad un atterraggio di fortuna nel deserto del Sahara a causa di una furibonda tempesta di sabbia.
Per l’esperto pilota, in condizioni di azzerata visibilità e con la strumentazione fuori uso, fu già un miracolo planare verso terra ma, nel violento impatto con il suolo, andarono distrutti il carrello delle ruote, il motore di destra e buona parte della carlinga.
I membri dell’equipaggio e i passeggeri, pur malconci e con traumi e ferite più o meno gravi, riuscirono tutti ad aver salva la vita. Erano, però, disperati: non avevano cibo, se non limitate porzioni di gallette e carne in scatola; l’acqua potabile era appena sufficiente per il massimo di una settimana; la radio e gli altri strumenti di comunicazione con l’esterno erano completamente inservibili.
Tra di loro, l’unico che non si perse d’animo fu un ingegnoso autodidatta con la passione dell’aeromodellismo: non si fece travolgere dallo sconforto e dalla disperazione; si mise, invece, subito al lavoro per ideare una valida soluzione che gli potesse consentire di uscire, lui e i suoi compagni di avventura, da quella miserevole condizione che, comunque e dovunque, avrebbe procurato esiziali tremori ai polsi e alle tempie di chiunque.
Rammentò che, in gioventù, qualcuno gli aveva parlato del “crivello di Eratostene” o, più semplicemente, di un setaccio matematico con il quale separare i numeri primi da tutti gli altri e cioè, metaforicamente, gli oggetti e le valenze utili e necessarie da quelle superflue o non più usufruibili. Adoperando con ingegnosità intellettuale e scaltrezza manuale tale metodo, divise l’ancora utilizzabile dall’inservibile e, alla fine, riuscì con l’ausilio dei superstiti, pur diffidenti e dubbiosi, a mettere insieme un velivolo di risulta che li condusse verso la salvezza.
Lo battezzò “La Fenice”, perché risorse dalle sue ceneri e volò!.
Orbene, se un’impresa che appariva impossibile a concretizzarsi, sia per le sue obiettive difficoltà tecniche e sia perché affidata a uomini allo stremo delle loro energie fisiche e intellettive, ha poi egregiamente spiccato il volo verso lidi di rinascita e, pertanto, non si vede come mai non possano avverarsi imprese di risanamento politico, morale, sociale ed economico di cui la contemporaneità congiunturale impone adeguata risoluzione.
Allora, il messaggio e il segnale sono chiari e forti: tutti coloro che, ai vari gradi di investitura, ricoprono incarichi di funzione, nell’ampia sfera dell’esercizio delle pubbliche responsabilità, non hanno da pensare ad altro se non ad utilizzare al meglio il metodo del sapiente setacciare e dividere l’erba medica dalla gramigna, la pepita nobile dal sasso volgare, la farina bianca dalla pula scura.
Vale per il Presidente della Repubblica, alle prese con delicate questioni di applicazione e rispetto delle garanzie costituzionali; vale per il Capo del Governo, a cui non sono più permesse menzogne e settarie interpretazioni delle leggi poste a presidio dello “Stato di Diritto”; vale per i Sindaci d’Italia, ivi compreso quello della città di Orvieto se non vuole che, alla dovuta chiarezza per linee di proficuo governo cittadino, si sostituiscano il disordine e il raffazzonamento amministrativo, come purtroppo è dato di constatare da ormai un anno ad oggi; vale per i segretari e i presidenti di partito, soprattutto per quelli che non hanno contezza dei propri passi falsi e, imperterriti, proseguono sulla via dell’errore privi della luce della ragione e della fede.
Rinascere, dunque, si può!. A patto, tuttavia, che il crivello sia posto nelle mani degli umili, degli onesti, dei giusti, dei saggi, dei sapienti e degli amanti del Bene Comune.
E non vorrei sbagliarmi, ma nelle donne e negli uomini del Movimento Cinque Stelle umiltà, onestà, giustizia e giustezza, sapienza e saggezza ed, anche, amore per il Bene Comune mi appaiono largamente presenti!