MA PERCHÉ, INVECE DI LAMENTARCI, NON CI DIAMO DA FARE PER MIGLIORARE?
Caro Leoni,
Paolo Borrello scrive che l’Umbria non conta niente in Italia e noi possiamo dire che Orvieto non conta niente in Umbria, per cui veda lei. Per dimostrarlo potrebbero bastare i due fatti più recenti: quando si tratta di scegliere un assessore regionale del territorio provinciale ternano si sceglie il sindaco di un piccolo comune della Teverina e non certo uno della valle del Paglia; se si tratta di scegliere le città da inserire nella seconda ed ultima fase della selezione per le capitali italiane della cultura 2016 e 2017 (budget un milione di euro) si scelgono Spoleto e Terni e la coppia Orvieto-Todi resta fuori. Difficile che sia frutto di pura casualità o di strani complotti. Che ci sia qualcosa che non va proprio dalle nostre parti? O magari queste cose non contano e quel che appare una svalutazione è solo una naturale conseguenza sia delle dimensioni limitate che dell’eccesso di orgoglio di una città con una storia sparametrata?
Giovanna C.
Cara Giovanna, questa tiritera sull’emarginazione di Orvieto somiglia troppo al lamento del figlio permaloso nei confronti della famiglia che lo tratterebbe ingiustamente. Ma si sa che nell’impermalimento c’è sempre la collaborazione, più o meno volontaria, dell’impermalito. Dare la colpa agli altri è più facile che darsi da fare.
AD ORVIETO ANCHE IN M5S SI LITIGA DI BRUTTO, MA POTREBBE ESSERE SOLO UN MOMENTO
Caro Leoni,
i rappresentanti ufficiali di M5S Orvieto minacciano denunce contro non meglio identificati “infiltrati” nel movimento, che creerebbero confusione di posizione su temi importanti, e avvalorano le loro affermazioni, com’è logico che sia, con il riferimento alle liste ufficiali dei rappresentanti del movimento e a ciò che dice quella che per loro è l’autorità politica di garanzia, cioè Beppe Grillo. Lei, che certamente è più informato di me, mi può aiutare a capire? Infiltrati? Autorità politica garante dell’autenticità? Ma M5S non ci voleva avviare verso un futuro di democrazia pura?
Agenore P.
Senza dubbio l’area del grillismo orvietano subì, durante le elezioni locali dl 2014, una crisi analoga a quella che si verificò un po’ in tutta Italia. Ne scaturì la presentazione di una lista alle comunali che intercettò una parte modesta dei voti dei simpatizzanti del movimento di Grillo. Poi le cose si sono evolute e, mentre il meetup cui fa riferimento l’unica consigliera comunale eletta conserva la sua legittimità nell’ambito comunale, è nato, sempre legittimamente, un meetup comprensoriale. Concorrenza, gelosie e screzi tra i due meetup mi sembrano molto umani, anche se i grillini amano definirsi diversi sul piano del disinteresse personale e del metodo. Comunque auguro loro un progresso verso la serenità, per cui confido nel mio amico Mario Tiberi che, in fatto di passione politica, di correttezza e disinteresse personale ha dato largo esempio da molto prima che Grillo fondasse il movimento. Non solo, ma possiede un’ottima cultura; il che, per i miei gusti, conta.
RENZI DURERÀ?
Caro Barbabella,
sono sempre di più coloro che dicono che il governo Renzi regge perché i parlamentari hanno paura di perdere la poltrona. Ma, da che mondo è mondo, i parlamentari hanno paura di perdere la poltrona, eppure abbondano nella storia i casi di scioglimento anticipato dei parlamenti. Che c’è di nuovo questa volta?
Valentino D.
Sul punto non vedo grandi novità: diciamolo, che cosa non si farebbe per uno strapuntino!?, figuriamoci dunque per una poltrona da parlamentare, pure in un’epoca di svalutazione strutturale della politica come quella attuale. Però penso che al momento nessuno sia realmente interessato allo scioglimento anticipato delle Camere. In realtà, nonostante curino meticolosamente lo spettacolo massmediatico, tutti hanno motivi sufficienti per aspettare tempi più favorevoli, a partire dal Presidente Mattarella e dallo stesso Presidente del Consiglio. Anche se i rumors di palazzo dicono che il Presidente della Repubblica starebbe studiando alternative al governo in carica nel caso la situazione precipitasse per la vicenda greca. Saranno solo dicerie, ma nel clima di incertezza e confusione che viviamo “sorprese” anche parecchio serie a mio parere non si possono escludere. Insomma, mi pare che Renzi si regga più sulle debolezze degli altri che sulla forza propria.
MA SIAMO GIÀ RIDOTTI ALLO STATO VEGETATIVO?
Caro Barbabella,
il Pd orvietano tace, l’amministrazione comunale parla poco, la stampa si preoccupa più di lustrare che di criticare, il popolo mugugna, ma sommessamente. Questa calma quasi piatta la dobbiamo prendere come un segnale positivo?
Eleonora B.
No, cara Eleonora, la calma piatta fa sempre male, sia agli individui che alle comunità. Anzi, è indice di qualche malattia. Converrebbe chiedersi dunque che cosa può significare una condizione come quella che lei descrive. È segno di sfiducia? È perdita di speranza? Si preferisce chiudersi nel privato? La crisi ha sfibrato anche i più attivi? Certo è che qualcosa di importante non funziona. Diciamo così: l’isolamento non ci giova, e l’emarginazione, anzi, l’autoemarginazione, crea una diffusa sensazione di inutilità della battaglia. Non sarà facile uscirne, sia perché questa condizione è il punto di arrivo di un lungo cammino, sia perché un clima del genere a più di uno fa comodo. Ma bisognerà uscirne, semplicemente perché la riduzione allo stato vegetativo di fatto prepara la morte. Io non credo che siamo già a questo punto, però bisognerà sbrigarsi a reagire.
Che cosa lega la vicenda greca alla condizione della Sicilia e della stessa Italia?
di Franco Raimondo Barbabella
Scrivo avendo sottomano i giornali, che riferiscono di tanti accadimenti, dei quali tre mi colpiscono di più, perché mi sembrano legarsi tra loro per l’identica logica che li sottende. Sono il referendum in svolgimento in Grecia, l’annuncio della presentazione (oggi) del rapporto sull’Italia del centro studi di Mario Baldassari “Economia reale”, il disastro finanziario e politico della Regione Sicilia. Vediamo in sintesi di che cosa si tratta per ognuno dei tre accadimenti.
Il referendum in Grecia. Lucrezia Reichlin sul Corsera di ieri lo ha descritto come un “referendum equivoco, a cui si è arrivati al termine di un negoziato partito male, in cui entrambe le parti hanno giocato con il fuoco fino, purtroppo, ad accenderlo.” Che vinca il Si o che vinca il No la Grecia è al disastro finanziario, economico e sociale, e potrà uscirne solo in un modo drammatico, con riforme strutturali che incidano e durino nel tempo, e con una priorità assoluta: rendere efficiente il sistema istituzionale (pubblica amministrazione, sistema giudiziario, servizi, ecc.), cioè far funzionare lo stato, per governare sul serio l’economia, far pagare le tasse a chi non le paga, ridurre drasticamente gli sprechi, combattere la corruzione. E l’Europa dovrà convincersi che si deve cambiare radicalmente approccio: non più il taglio delle pensioni e l’aumento delle tasse, quanto piuttosto aiuti legati ad un piano di riforme per la modernizzazione dello Stato che consentano nel giro di un congruo periodo di far ripartire l’economia, creare lavoro, dare sicurezza e nel frattempo fornire la dovuta assistenza sociale a ceti oggi in serissima difficoltà. Dice Lucrezia Reichlin: “Per l’Europa è importante che la Grecia rimanga nell’Unione: non tanto per ragioni di stabilità finanziaria, ma soprattutto per l’ambizione più ampia del suo progetto di integrazione che può riuscire solo se basato sull’idea che farne parte è garanzia di progresso per tutti”.
Il rapporto sull’Italia del centro studi di Mario Baldassarri. Ne ha parlato ieri Sergio Rizzo in un articolo denso di cifre il cui senso è racchiuso già nel titolo: “‘Rubati’ 236 miliardi al Pil: il costo di evasione e corruzione”. Baldassarri fa delle proiezioni per capire che cosa sarebbe successo per la nostra economia e per le nostre condizioni di vita se i governi che si sono succeduti dal 2002 al 2014 avessero davvero combattuto evasione fiscale, sprechi diffusi e corruzione esponenziale. Ecco il risultato: “Le proiezioni sono impressionanti. In tredici anni il Pil sarebbe salito da un minimo di 128 a un massimo di 141 miliardi. I posti di lavoro sarebbero cresciuti fino a un milione e 180 mila posti di lavoro, con un deficit pubblico ridotto fino a 105 miliardi e un debito pubblico ridimensionato di una somma enorme: compresa fra 530 e 840 miliardi.” Le nostre condizioni di vita sarebbero ben diverse, anche senza quei provvedimenti contemporanei di giustizia sociale ed equità che sono comunque indispensabili. Ma non è successo, e le nostre condizioni sono quelle che sono.
Il disastro finanziario della Sicilia. Ne hanno parlato l’altro ieri i giornali, che hanno ripreso l’allarme della Corte dei Conti sui conti della Regione, e ieri Aldo Grasso a proposito dei continui rimpasti del Governo Crocetta. La Corte dei Conti ha evidenziato l’insostenibilità del debito siciliano, che ammonta ormai a ben 8 miliardi, ragion per cui, se non si avrà il coraggio di commissariare quella regione, più prima che poi ci sarà il suo default, che non potrà non avere riflessi seri sull’intero Paese. A sua volta Aldo Grasso ha fatto notare che in due anni e mezzo Crocetta ha cambiato ben 28 assessori, tra cui gente di spicco, come ad esempio ieri Franco Battiato e Antonino Zichichi e oggi Lucia Borsellino. Di fatto il rimpasto continuo della Giunta e il disastro finanziario sono facce della stessa medaglia: l’incapacità di affrontare i problemi strutturali, sprechi, inefficienze, privilegi, evasione, corruzione. E c’è da chiedersi che senso abbia mantenere ancora oggi lo stato di regione a statuto speciale alla Sicilia, come ovviamente anche alle altre.
Le tre questioni dunque si legano: dalla Grecia alla Sicilia e all’Italia, seppure con differenze marcate, è evidente che una cosa sono le chiacchiere che si palesano come apparenze massmediatiche, e altra cosa sono i fatti di governo, che se non affrontano i nodi strutturali in realtà governo non si possono definire. Mario Baldassarri alla domanda “perché in Italia non si sono fatte le riforme per combattere evasione, sprechi e corruzione” risponde così: “Semplice: è un nodo squisitamente e profondamente politico, o meglio è un nodo di interessi contrapposti. Da un lato ci sono i circa 2 milioni di italiani che in tutti questi anni hanno continuato a prosperare ed accumulare patrimoni illeciti con gli sprechi e le ruberie di spesa pubblica e con l’evasione fiscale. Dall’altro lato ci sono gli altri milioni di italiani che hanno subito e subiscono la crisi e la disoccupazione con prospettive disarmanti per i giovani che scappano sempre più all’estero. Questi ultimi hanno perso tra il 2002 ed il 2014 circa 250 miliardi di Pil, hanno subito il raddoppio della disoccupazione e nonostante le sempre precarie condizioni della nostra finanza pubblica, hanno anche subito pesanti aumenti della tassazione”. Appunto, è un nodo politico, che si scioglie solo con le scelte politiche.
Ecco qua, questa è la situazione reale, al netto delle chiacchiere che ci ammorbano. Se restassimo alla propaganda, potremmo pensare che noi normali cittadini siamo chi più chi meno corrotti da insani desideri, godiamo di pensioni esagerate anche quando guadagnate con quaranta e più anni di lavoro e di versamenti secondo legge, abbiamo stipendi e salari esagerati rispetto alle possibilità del bilancio pubblico e delle aziende, aspiriamo con pretese fuori luogo e fuori tempo al lavoro per noi e per i nostri figli, vogliamo assurdamente pagare meno tasse, vogliamo perfino avere servizi almeno corrispondenti a quello che paghiamo, ecc. ecc. Le questioni di cui ho parlato dimostrano che si tratta di altro, sotto diverse latitudini. Si tratta di orientamenti politici, di capacità e di coraggio di scelta di chi governa. Ma anche di orientamento e di scelta del popolo che sceglie i governanti. Sarà dunque il caso che si orienti anche ciascuno di noi.