SALVINI SCOPRE ORVIETO UN POCO RAZZISTA?
Caro Leoni,
che Matteo Salvini riempisse Piazza della Repubblica era scontato. In fondo Orvieto non è diversa da altre parti, semmai è più civile, visto che non sono state tirate uova e non ci sono stati scontri. La partecipazione e gli applausi sì. Lei che dice, anche Orvieto, oltre ad essere ex comunista conservatrice, è un po’ razzista?
Annamaria G.
Salvini dice con chiarezza e con efficacia ciò che molti italiani gradiscono sentirsi dire. Tra questi italiani vi sono anche molti orvietani. Il fatto che Salvini non sia stato pesantemente contestato in Orvieto dipende dall’indole degli abitanti: pigri nel cambiare partito, ma anche pigri nell’agitarsi troppo per la politica.
IL CHIACCHIERICCIO DI CITTÀ HA LE SUE RAGIONI?
Caro Leoni,
il Direttore Feddi si indigna, io ritengo giustamente, per il chiacchiericcio di molti sull’ordinanza che vieta la somministrazione di alcolici, dopo una certa ora nel centro storico, in occasione della festa degli studenti di venerdì e sabato scorsi. Ma scusi, secondo lei, questo costume di occuparsi del niente, è proprio casuale? Non ha le sue ragioni?
Adriano D.
Venerdì sera ero a cena con degli amici in un ristorante di piazza del Popolo. Troppo pochi gli studenti per quella grande piazza e troppo rumoroso (ma questo è un mio problema) il complesso musicale. L’unica cosa apprezzabile mi è sembrata l’ordinanza.
IN QUESTO CLIMA DI RINUNCIA CHI PUÒ METTERE SOLDI NEL RIUSO DELL’EX PIAVE?
Caro Barbabella,
questa mia Le giungerà prima che si conosca il risultato delle elezioni regionali, perciò sono costretto a parlare d’altro. Orvieto pullula di studenti americani richiamati dalle opportunità offerte dal Centro Studi Città d’Orvieto. Un progetto preliminare elaborato da privati durante l’amministrazione Concina (e non respinto dall’amministrazione Germani) ipotizza di realizzare nel Casermone, su scala molto più alta, qualcosa di analogo a quel che sta facendo il Centro Studi. Dato che gli Stati Uniti hanno una popolazione e una ricchezza enormi, perché non si trovano investitori nella valorizzazione del Casermone?
Riccarda L.
Gentile signora, la ringrazio di tornare sull’argomento ex Piave, perché in effetti è quello che riassume meglio degli altri lo stato di non governo della città, peraltro immerso in un contesto generale di gravi difficoltà. Ho espresso su di esso tante volte la mia opinione e non voglio, ripetendomi, tediare lei e i lettori. L’idea di cui lei parla è certamente di ripiego rispetto al business plan di RPO, che seguiva la logica dello sviluppo generale della città e del territorio, e tuttavia magari fosse portata avanti con coerenza. Ma temo che così difficilmente potrà essere. Investitori dagli USA? Sì, certo, ma dov’è una politica nazionale e locale che incoraggi gli investitori esteri? C’è forse un’idea convincente di città cui fare riferimento per promuovere Orvieto rendendola appetibile più di altre analoghe realtà?
MA ORVIETO CHE COSA VUOLE ESSERE?
Caro Barbabella,
piazza Cahen, nonostante su di essa si affaccino la Rocca Albornoz, il Pozzo di San Patrizio e il Tempio del Belevedere, nonché la stazione della Funicolare, ha l’aspetto di una periferia malinconica. I visitatori salgono speranzosi con la funicolare e si trovano in una vasta piazza con alberi stentati, parcheggi, un ufficio turistico chiuso, segnaletica inadeguata e giardini comunali sciattamente tenuti. Non c’è nessuno che sappia come rendere viva e attraente la piazza più vasta di Orvieto?
Valerio B.
Lei, caro Valerio, ha ragione a sottolineare l’impressione di sciatteria che comunica al visitatore l’area di piazza Cahen, che invece dovrebbe rappresentare il punto di benvenuto più curato. Ma questo non può meravigliare se la discussione che appassiona è se togliere o no dieci auto da Piazza del Popolo senza alcuna relazione con un’idea complessiva di pianificazione della circolazione a sua volta connessa con un’idea di che cosa deve diventare la città nel conteso attuale dei flussi turistici. Insomma, Orvieto vuole essere che cosa? Se lei lo ha capito me lo dica e glie ne sarò grato.
Perché c’è chi non va a votare e chi invece ancora ci va?
di Pier Luigi Leoni
In questo giorno di consultazione elettorale mi viene in mente che sono infiniti i motivi per cui c’è chi va a votare e chi non ci va. Provo a elencare alcuni motivi e, se c’è chi non si riconosca in nessuno di essi, è solo perché, come ho detto, i motivi sono infiniti.
Comincio con coloro, sempre più numerosi, che non vanno a votare.
C’è chi è troppo giovane o ne ha combinata una grossa e quindi non è iscritto nelle liste degli elettori.
C’è chi è talmente malridotto che nessuno ha il coraggio di trascinarlo al seggio con un certificato medico e di votare al posto suo.
C’è chi è assente per lavoro, o per studio, o per cure e non può, o gli costerebbe troppo, recarsi al seggio.
C’è chi è arrabbiato con la politica e vuole che si sappia.
C’è chi semplicemente dimentica che si vota.
Concludo con coloro che vanno a votare.
C’è chi è arrabbiato con la politica, ma non vuole che si sappia e va al seggio per riconsegnare scheda bianca o nulla.
C’è chi va a votare con lo stesso spirito con cui va allo stadio a tifare per la squadra del cuore, sperando che l’altra squadra perda.
C’è chi ha venduto il suo voto e ritiene suo dovere e suo interesse soddisfare il compratore.
C’è chi ritiene di essere un vero democratico e di dover contrastare i tanti che egli non ritiene veri democratici.
C’è chi spera nel cambiamento.
C’è chi ha paura del cambiamento.
C’è chi ha fatto un sogno a va al seggio come se andasse al botteghino del lotto.
È così che la democrazia funziona e, se qualcuno ritiene che non funzioni, s’informi come si vive dove la democrazia non c’è.