Riceviamo dal comitato “La Nostra Buona Scuola” e pubblichiamo.
In un momento tanto delicato per il futuro della scuola italiana in cui i mass-media sembrano ignorare ciò che invece al suo interno sta accadendo, noi docenti dell’IISACP “Comitato La Nostra Buona Scuola” ci teniamo a proporre le nostre considerazioni sulla riforma in atto per focalizzare l’attenzione sulla nostra personale “mission”.
La decisione di aderire allo sciopero degli scrutini di fine anno scaturisce da una profonda e attenta analisi delle condizioni in cui versa l’istruzione pubblica e in particolare il clima in cui operano i docenti.
Innanzitutto gli insegnanti dell’IISACP di Orvieto non hanno inteso manifestare una preconcetta avversità nei confronti delle dinamiche riformiste governative, lieti al contrario di constatare una possibile volontà di cambiamento.
Come spesso accade, anche questa rivendicazione può essere soggetta a facili strumentalizzazioni, alle ormai note “guerre tra poveri”, alle sterili contrapposizioni tra precari e docenti di ruolo, al grido del tristemente noto “divide et impera”.
E’ necessario invece che l’opinione pubblica si faccia un’idea ben precisa di quali siano le situazioni che caratterizzano ormai da fin troppo tempo gli ambienti formativi ed educativi italiani, pubblici si intende.
La riforma del governo è in gran parte condivisibile e addirittura attesa, quel che si contesta è una certa perversa articolazione delle proposte che, seguendo un iter più che conosciuto, tende a sminuire non solo l’immagine ma anche e soprattutto il ruolo del docente.
Troppi parlano della scuola, pochi conoscono le reali e tristi dinamiche che la governano. Coloro i quali hanno scioperato non contro un governo, non contro un ministro, ma contro alcune pericolose tendenze che porterebbero inevitabilmente alla dequalificazione della scuola in generale e non solo della funzione docente, ribadiscono che la riforma prospettata è più che condivisibile nella strutturazione generale, ma alcuni punti decisivi risulterebbero, se attuati, devastanti.
Alcune nostre precisazioni sembrano doverose:
- Valutazione degli insegnanti:
il docente viene visto come mero operatore di un’”azienda guidata da un manager esperto”, in balia dei travagli lamentosi di famiglie, studenti, parenti, amici delle famiglie, amici dei parenti, amici degli amici, di una società di giudici implacabili, pronta a puntare il dito su una massa di sfaccendati che lavorano “solo quattro ore al giorno”, tra vacanze e permessi retribuiti, etc, etc.
Docenti giudicati? Sì.. ma su che cosa e da chi?
Giudicati sulle conoscenze? No, già esaminati a suo tempo per diventare docenti!
Giudicati sui risultati? No, troppo facile, siamo molto ben oltre il “sei politico”.
Giudicati sulla didattica o sulle metodologie di insegnamento? No, già esaminati a suo tempo per diventare docenti!
Giudicati sull’aggiornamento professionale? Sì, assolutamente! Servono agenzie e provider che gestiscano con serietà e continuità la formazione permanente tale da trasformarla in un percorso di crescita che non solo ci uniformi agli standard europei ma si ponga come modello della cultura e della creatività italiane.
Giudicati da chi? Dalle famiglie? Bè… no, ad ognuno la propria funzione con il massimo rispetto.
Dagli studenti? No, come, con quali mezzi? Il rispetto dei ruoli è alla base della cultura educativa.
Dai famigerati presidi manager? No, con quali competenze? C’è il rischio della discrezionalità.
Da altri docenti? Sì, forse, ma in che modo? Servono parametri oggettivi di valutazione per una premialità che gratifichi l’impegno, la competenza e la dedizione all’offerta formativa. Nessuno vuole esimersi da giudizi qualificati, tutti non vogliono sottostare a false “customers satisfaction”.
- Retribuzione dei docenti:
In quale altro paese europeo un soggetto laureato, magari “masterizzato”, con tanto di dottorato di ricerca, concorsi, abilitazioni, etc. percepisce €. 1.300,00 al mese, senza alcuna copertura rispetto a spese di aggiornamento, di eventuale viaggio per raggiungere la sede lavorativa e/o viaggi di studio, etc. E in quale altro paese europeo lo stesso soggetto dopo cinque o più lustri di onorato servizio percepisce miseri €. 1.500,00 al mese? A questo si aggiunga che da circa cinque anni gli scatti retributivi della P.A. sono bloccati.
- Orario di lavoro:
E’ bene che si sappia che tutte le attività che un docente svolge nell’arco della giornata sono tutte finalizzate al miglioramento della propria professionalità, almeno per chi opera con “scienza e coscienza”, senza considerare tutto il carico di lavoro che porta a casa, vedi correzioni dei compiti, preparazione delle lezioni e delle relative verifiche, e degli strumenti di lavoro autofinanziati (computer, tablet, fogli, toner, testi di approfondimento), etc. A questo si aggiunga il tempo dedicato alle riunioni collegiali come collegi di classe, collegio dei docenti, scrutini, riunioni per dipartimenti e per classi parallele, consigli straordinari disciplinari, sostituzioni etc.
Come è in uso in tutti gli uffici pubblici, perché allora non introdurre l’obliterazione del badge, concordando orari lavorativi di sei ore giornaliere, senza ulteriori aggravi.
La scuola aperta in orario pomeridiano? Sì, ben venga, perché la scuola è un riferimento privilegiato per il territorio. Chiunque dovrebbe poter accedere liberamente alle strutture dei vari istituti con le più diversificate finalità educative, formative e di crescita culturale. Da tutto ciò le singole scuole potrebbero trarne dei benefici economici.
- Strutture e attrezzature:
Questa nostra scuola italiana è divenuta purtroppo parcheggio per genitori affaccendati, retaggio quasi inutile di gentiliane strutture didattico-formative, luogo fatiscente con quattro computer d’epoca, palestre che assomigliano a scantinati malsani, …. e ancor peggio e grave una sicurezza che viene ogni anno richiesta e sbandierata con tanto di corsi di formazione obbligatori e che sfocia inevitabilmente in continue deroghe alle leggi dello stato.
Molte delle nostre classi in cui sono stati installati giustamente dispositivi tecnologici (LIM, video-proiettori, computer etc) versano ancora in condizioni di degrado con porte che non chiudono, serrande e finestre rotte o inesistenti, intonaci cadenti, oltre a bagni inagibili o insufficienti, uscite di sicurezza scarsamente sicure e interconnessioni strutturali ricavate in antichi edifici con scarsa funzionalità rispetto alle destinazioni d’uso attuali.
- Reclutamento del Dirigente Scolastico e del Docente:
Per ovviare a dispendiose procedure riferite all’individuazione di super esperti manager di aziende scolastiche altamente improponibili nella nostra realtà nazionale e contrari a logiche gestionali-amministrative che nel mondo della scuola non dovrebbero avere spazio, si potrebbe pensare a corsi di preparazione per docenti della durata di sei/dodici mesi che formino i futuri dirigenti. Il collegio docenti eleggerebbe uno dei candidati aventi requisiti e diritto in modo tale che il preside sia espressione della collegialità. Questi nuovi dirigenti dovrebbero rimanere in carica per tre anni con possibilità di un solo rinnovo e dovrebbero percepire un riconoscimento economico ben al di sotto delle attuali remunerazioni. In tal senso oltre a politiche di risparmio sarebbe possibile una razionalizzazione al contrario degli istituti con una guida per ogni struttura.
Riguardo ai docenti sarebbe opportuno la delineazione di un organico basato su figure professionalmente valide di vasta esperienza che, su modello universitario, vengano affiancate da giovani tirocinanti. Questi ultimi sarebbero inseriti in una dinamica occupazionale e salariale strutturata su livelli funzionali. Un risparmio evidente e una valida proposta qualitativa per il decollo di idee, progettualità e innovazione.
Bene ha fatto il Governo ad interessarsi così da vicino ai problemi della scuola, formulando un’ipotesi di riforma davvero d’impatto, qualcosa di diverso rispetto alle tante blaterate epocali trasformazioni dei precedenti dicasteri. Ma da docenti affezionati al proprio lavoro, rispettosi delle regole e desiderosi di un paese sempre migliore e sempre più europeo, obiettivamente auspicavamo qualcosa di concretamente efficace e risolutivo e non di penalizzazione.
F.to Comitato