ROBERTO VACCA: “RIPETI AZIONI DIVERSE E CAMBIERAI CARATTERE!”
Caro Leoni,
nel recente incontro de “Il libro parlante”, Roberto Vacca, tra le tante altre parole interessanti, ha detto queste: “Prima di diventare vecchi, dobbiamo prendere buone abitudini. A scuola, mi hanno insegnato che il nostro cervello ha un certo numero di neuroni. A un certo punto, questi, non fanno altro che declinare. Anche in tarda età, nel nostro cervello nascono neuroni nuovi e rimangono vivi se li adoperiamo. Possiamo riuscirci, senza irritante buonismo. Sant’Ignazio da Loyola ci era già arrivato. Il carattere è la somma delle abitudini. E ogni abitudine è la somma di azioni ripetute. Ripeti azioni diverse e cambierai carattere!”. Davvero interessante! Ma allora, le tante persone che conosco che hanno un carattere rigido, chiuse nella loro presuntuosa sicurezza, non hanno mai provato il gusto di azioni diverse o tendono ad evitarle per paura del nuovo? Pensi come sarebbe più bello e interessante il mondo se la regola “Ripeti azioni diverse e cambierai carattere” diventasse principio di comportamento universalmente condiviso!
Adelia C.
A me, a scuola, hanno insegnato che il carattere dipende dal temperamento, che è iscritto nel DNA, dall’ambiente in cui si vissuti e da come abbiamo reagito all’ambiente. Certamente, anche se con difficoltà, si può migliorare il carattere sostituendo abitudini che riteniamo negative con nuove abitudini. Ma il temperamento non ce lo leva nessuno.
METTIAMOCI UNA TARGA: “QUESTO PONTE NON È FASCISTA”
Caro Leoni,
questa volta si sarà meravigliato anche lei del livello raggiunto dalla discussione politica nella nostra città quando ha letto la polemica innescata dai pentastellati sul Ponte dell’Adunata, un nome che a loro dire dà l’impressione d’essere di epoca fascista. E per questo andrebbe cambiato con urgenza o spiegato con una targa. Io in tanti anni non ho sentito nessuno che abbia manifestato questo atroce dubbio, ma, lasciando stare l’urgenza, per far contento un movimento politico una targa con su scritto “Questo ponte non è fascista” non dovrebbe disturbare il viandante. Lei che dice?
Luciano L.
No, caro Luciano, nessuna targa. L’unica targa utile sarebbe quella che avverte del pericolo che corre il ponte in caso di piena. Quanto ai pentastellati, mi pare che in Orvieto abbiano poca fortuna. E non certo per l’ostilità preconcetta dell’elettorato, ma a causa della loro breve e tormentata storia.
COME SARÀ IL NUOVO PIANO DEL TRAFFICO?
Caro Barbabella,
l’amministrazione comunale di Orvieto sta definendo un piano per il traffico nel centro storico. Da quel poco che ho capito, a parte la revisione delle disposizioni adottate dall’amministrazione Concina, si arriverà a un compromesso per Piazza del Popolo: metà, intorno al Palazzo del Capitano del Popolo, libera dalle auto e l’altra metà ancora adibita a parcheggio. Tutto questo con l’eccezione dei giorni di mercato e dell’occupazione di tutta la piazza con altre manifestazioni. Gradirei un suo commento.
Lorella D.
Cara Lorella, penso che lei sull’argomento sia più informata di me. Rispetto all’ipotesi che lei prospetta per Piazza del Popolo, credo che un compromesso non sia sbagliato. D’altronde, come potrebbe essere diversamente in assenza di una qualche idea del che cosa farci con una piazza così importante tutta vuota! Sul tema generale del traffico attendo di conoscere le idee dell’amministrazione. Mi auguro che finalmente si prospettino soluzioni coordinate dotate, oltre che di buon senso, anche di coraggio, ad esempio in quanto collegate con il tema dell’arredo urbano e dell’offerta commerciale e turistica. Forse sarebbe troppo chiedere che le soluzioni siano parte di una credibile e coraggiosa idea di città.
L’INDIGENZA NON SI COMBATTE SOLO CON LA BENEFICENZA
Caro Barbabella,
l’amministrazione comunale di Orvieto sta cercando di far quadrare il bilancio di previsione 2015, stretta fra i tagli dei contributi governativi e gli argini del piano decennale di riequilibrio col quale l’amministrazione Concina ha evitato il dissesto. La imposizione fiscale statale, regionale e comunale è al massimo e aumentano continuamente le famiglie che non riescono a pagare gli affitti e le bollette dei consumi domestici. L’indigenza, che a Orvieto era sporadica, è diventata un fenomeno allarmante, come ben sa chi nel Comune si occupa di assistenza sociale, e come sanno ancora meglio i privati che si dedicano alla beneficenza. Una ripresa dell’economia nazionale che allenti il morso della povertà, sembra lontana. Ho l’impressione che, per il momento, si può sperare solo nella generosità dei benefattori privati.
Fausto P.
Sì, credo che lei sia nel giusto nel sostenere che l’indigenza è diventato un fenomeno allarmante anche ad Orvieto, e penso che ha anche ragione a dire che al momento, in assenza di una ripresa dell’economia nazionale, realisticamente può essere alleviata solo dalla generosità dei benefattori. Io penso però che le responsabilità di ciò che accade non siano da mettere in conto né di una divinità cattiva né solo di un governo nazionale perverso quanto anche di gente che opera concretamente nel territorio, compresi coloro che hanno responsabilità amministrative. Non si può sempre e solo attendere che le cose accadano. E da tanti, troppi anni, qui si attende solo che le cose accadano, e semmai al massimo si chiede aiuto ai più potenti o ci si consola con la propria presuntuosa bontà. Ma guai a prospettare soluzioni possibili che in un tempo congruo possono creare ripresa, sviluppo e lavoro. No, ideazione, progetti lungimiranti, scelte impegnative perché anche rischiose, niente. E chi osa contravvenire alla regola, se non è ostracizzato, come minimo è guardato con sospetto. Vivacchiare ed essere contenti di lamentarsi, questo mi pare il clima che fa pendant con la povertà. Mi dispiace, ma questa per me non è roba digeribile. Anche perché è dimostrato che si può fare diversamente, sia nel pubblico che nel privato.
Il PD sta spianando la strada al M5S
di Pier Luigi Leoni
È molto probabile che anche le prossime elezioni regionali saranno caratterizzate da un forte astensionismo. Non sarebbe un dramma se, come avviene in altre democrazie moderne, il fenomeno dipendesse da una estesa soddisfazione del corpo elettorale per il funzionamento delle istituzioni e dalla indifferenza a programmi elettorali moderatamente contrapposti. Ma in Italia non è così: l’astensionismo è prevalentemente disgusto per la politica e disprezzo per i politici. Ha voglia Papa Francesco a predicare che un cattolico deve fare politica. Ha voglia a raccomandare ai fedeli che “di fronte alla cultura della illegalità, della corruzione e dello scontro” sono chiamati “a dedicarsi al bene comune, anche mediante quel servizio alle gente che si identifica nella politica”. Ha voglia a ricordare l’insegnamento di Paolo VI che la politica “è la forma più alta ed esigente della carità”. Moltissimi fedeli non gli daranno retta e, sebbene il Papa predichi valori generalmente accettati, non gli daranno retta nemmeno i miscredenti. Il tarlo del rancore si è annidato profondamente negli animi degli Italiani, come hanno compreso Grillo e i pentastellati, traendone le conseguenze e raccogliendo voti a man bassa. Nonostante ciò, non credo che la democrazia sia in pericolo, perché in una nazione civilmente ed economicamente avanzata, inserita in un contesto internazionale con intese e rapporti consolidati che creano interdipendenze, non c’è alternativa realistica alla democrazia. Ma il disgusto generalizzato per la politica non può non innescare una evoluzione della politica stessa premiando chi si richiama ai valori etici fondamentali che per troppo tempo la politica ha disatteso. Se i politici dei partiti tradizionali non si convertiranno all’impegno altruistico e disinteressato mettendosi in concorrenza coi pentastellati, e se costoro proseguiranno nell’abbandono delle scompostezze verbali e delle sceneggiate parlamentari, il M5S arriverà al governo da solo, anche grazie alla legge elettorale che il PD ha inventato a proprio beneficio.