Le scuole hanno partecipato numerose, lo scorso fine settimana, alla tre giorni didattica legata al progetto “Approccio multidisciplinare al sito archeologico di Carsulae, ai fini della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale”, con il patrocinio della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria e del Comune di San Gemini, finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni.
Da questa tre giorni ne è uscita anche qualche anticipazione sui risultati del progetto che a quanto pare allontanano, sempre più, l’ipotesi che alla base delle cause naturali dell’abbandono della città di Carsulae vi sia solo un fenomeno sismico, pur trattandosi sempre di cause naturali.
Sotto il mirino dei ricercatori anche altri fenomeni naturali come frane, cedimenti e fenomeni di sprofondamento del terreno legati alla forte presenza d’acqua e a processi di tipo carsico, alcuni dei quali forse favoriti anche dall’attività dell’uomo in età romana.
Venerdì protagonisti della tre giorni didattica sono state le scuole medie ed elementari di San Gemini che utilizzando un vero georadar hanno indagato il primo sottosuolo del sito, hanno assistito all’esplorazione diretta del terreno attraverso un sondaggio ed alla spiegazione del funzionamento di un drone.
Il percorso didattico è durato un’ora e mezza ed è stato gestito in collaborazione con la Cooperativa ACTL e la Cooperativa ALIS e con la supervisione dell‘Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, dell’Università di Camerino – Scuola di Scienze e Tecnologie e della direzione scientifica del Geolab, Museo laboratorio di Scienze della Terra di San Gemini.
“Far vivere, in maniera scientifica, un sito come questo – dice Stefano Urbini dell’INGV – è una gran soddisfazione perché è un modo per condividerlo con i cittadini grandi e soprattutto con i più piccoli. Vedere i bambini che si divertono, che fanno domande, che sono così attenti, nonostante il cattivo tempo, ci fa comprendere il successo di queste manifestazioni che andrebbero incrementate per il loro alto valore divulgativo”.
Sabato, vista la pioggia battente, è stato il momento per fare il punto sui primi risultati. “Abbiamo studiato il paesaggio e la sua evoluzione – dice Marco Materazzi dell’Università di Camerino – un’evoluzione complessa, sia per i numerosi processi geomorfologici attivi (in passato e al giorno d’oggi) che per l’azione, spesso non così evidente e manifesta, delle popolazioni che a più riprese ed in periodi diversi hanno occupato il sito di Carsulae.
Il problema più grande resta quello di attribuire un’età a tali processi, cioè di relazionare ad uno o eventualmente più periodi storici gli eventi naturali di cui abbiamo riconosciuto le tracce: problema che stiamo cercando di superare con studi di dettaglio, indagini dirette (sondaggi) e datazioni radiometriche di suoli e sedimenti”.
Domenica, infine, Federico Varazi, direttore scientifico del Geolab e Massimiliano Gasperini, co-responsabile della ricerca archeologica (Cooperativa ACTL), hanno accompagnato un nutrito gruppo di visitatori attraverso il percorso fatto di carotaggi del terreno, pannelli illustrativi, sondaggi e approfondimenti archeologici.
“E’ stato bello – concludono Varazi e Gasperini – vedere quanto quello che stiamo studiando affascini la popolazione al punto di non preoccuparsi della pioggia e del freddo. Tutti i partecipanti a questa tre giorni hanno dimostrato una grande passione per la scienza ma soprattutto per il territorio, passione che spesso non ha occasione di manifestarsi. E’ questo che ci motiva a continuare su questa strada, quella della divulgazione e della valorizzazione dei tesori come Carsulae che la nostra regione può vantare, unici sia dal punto di vista paesaggistico che da quello scientifico”.