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Home Corsivi

CHI METTE IN TASCA IL DI PIU’, LO RUBA ALL’AFFAMATO

Redazione by Redazione
11 Maggio 2015
in Corsivi, Archivio notizie
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di Mario Tiberi

Ritengo di non affermare nulla di sconvolgente se confesso che mi succede sovente di provare un senso di smarrimento e di spavento ogniqualvolta, per avventura, mi capiti di sfogliare le pagine di un qualsiasi organo d’informazione. Il nero della vita lì si evidenzia in tutta la sua crudezza.

Scandali e corruzione, immoralità e ingiustizie, diseguaglianze e depredazioni parrebbero non suscitare più alcun clamore o risentimento tra la pubblica opinione tanto siano all’ordine del giorno di ogni giorno come fossero, irreversibilmente, dei morbi inguaribili ai quali ci si è rassegnatamente assuefatti.

Su tale rassegnazione popolare, ovviamente da superare e sconfiggere con le armi della denuncia e del coraggio, puntano proprio tutti coloro che vorrebbero mantenere in piedi il sistema dei privilegi e dei lussi per ristrette cerchie elitarie a danno e detrimento delle moltitudini, rurali ed urbane, sempre più povere e disperate.

Fra le innumerevoli altre, è di questi ultimi giorni la notizia sconcertante di quanti “voraci pappalardi” si aggirino ancora, nonostante la crisi “lacrime e sangue” in atto, tra le maglie della pubblica amministrazione. Eccovene alcuni esempi.

In Piemonte, il sindaco Fassino del PD ha visto bene di assumere alle dipendenze del Comune di Torino un tal Gianni Giovannetti, con funzioni di portavoce e curatore d’immagine, garantendogli uno stipendio annuo di 190.000 euro gravante, naturalmente, sulle già esangui casse comunali. Nonostante, su pressione popolare, abbia più volte dichiarato pubblicamente che avrebbe provveduto alla rimozione di detto curatore d’immagine, ad oggi nulla è stato deliberato in merito e il Giovannetti è ancora lì dove era stato collocato. A solo titolo di beffardo paragone, si tenga presente che l’omologo del Presidente degli Stati Uniti ne guadagna meno della metà.

Nelle Puglie, il governatore in scadenza di mandato Vendola, sedicente difensore dei diritti delle genti, ha consentito per un quinquennio una spesa annua di circa un milione di euro tra i propri emolumenti e quelli dei suoi più stretti collaboratori. In California, uno degli Stati più ricchi al mondo, per le stesse prestazioni pubbliche l’esborso è inferiore del 40 pro/cento.

In altre Regioni, governate sia dal centro-destra che dal centro-sinistra e a dispetto di un elevatissimo rischio di bancarotta per conti pubblici oramai fuori controllo, si perpetua l’immorale prassi di ulteriormente dissipare il danaro dei contribuenti per spese cosiddette “pazze”, del tutto ingiustificate e inaccettabili. Lo è di prova, la condanna recentissima di un consigliere lombardo del PD per abuso d’ufficio e appropriazione indebita e, come lui, di molti altri in precedenza.

Mi verrebbe da dire che l’elenco degli indagati e dei condannati, di tutti i partiti eccezion fatta per i cinque stelle, è come un “rotolone Regina che non finisce mai”.

E in Umbria? Ebbene, e valga a mo’ di campione terra-terra, dopo appena due anni dall’entrata in esercizio della nuova azienda regionale dei trasporti “Umbria Mobilità”, quest’ultima è già acceduta in rilevanti difficoltà finanziarie a causa, principalmente, della pletora di direttori e funzionari da remunerare profumatamente.

Scandali Expo di Milano, Mose di Venezia, Mafia Capitale, sprechi inauditi, mani bucate, dilapidazioni per spese pubbliche improduttive non sono più tollerabili: chi vuole per sé vetture di rappresentanza, scorte e guardie del corpo, curatori d’immagine, tenori di vita stile impero, se li paghi di tasca propria e non sottragga risorse economiche, già limitatissime, al doveroso sostegno da rendere alle fasce più deboli e povere della società.

La povertà di per se stessa non è affatto una vergogna; anzi, per dirla all’antica: “Paupertas artes omnes et virtutes perdocet”, la povertà insegna al massimo grado tutte le arti e le virtù.

La vergogna vera è tutta invece di coloro che, per cupida avidità di arricchimento individuale, strappano il pane dalla fragile bocca del popolo degli affamati. Affamati non del solo pane di farina, ma anche e soprattutto del pane di Giustizia.

Chi, infatti, mette in tasca ciò che gli è di superfluo e non gli abbisogna, sottraendolo ad un’equa redistribuzione della ricchezza, apre inevitabilmente la stura al dispiegarsi della più cinica e bieca egolatria, causa principe di ogni malanno sociale.

P.S. : ieri nove di maggio ho partecipato, con percepita fierezza e per civile dovere, alla Marcia per il Reddito di Cittadinanza promossa dal MoVimento Cinque Stelle. Durante il lungo cammino, ho intrattenuto rapporti di conversazione con una numerosa moltitudine di connazionali provenienti da tutte le Regioni d’Italia. Ho così potuto assaporare il delicato profumo spanto da una significativa e concreta esperienza di vissuta Etica delle Relazioni Umane. Infinite grazie, di vero cuore, a tutto il Popolo delle Cinque Stelle.

 

 

 

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