di Leonardo Riscaldati
Beviamoci sopra
Questa è veramente fantastica. Favolosa. Venerdì 29 e sabato 30 maggio, festa dello studente. Lo slogan è “Divertiamoci senza bere”. Ottima cosa. Bene, benissimo.
Penso che è un’occasione per i giovani per dimostrare che, senza restrizioni, essi sanno gestirsi e prendere posizione, che sono padroni delle proprie decisioni e dimostrano maturità, decidendo in piena coscienza e libertà di non bere alcol durante la serata. Che messaggio forte, penso. Cavolo, ai tempi miei col piffero, certe starne…
Poi mi si alza il sopracciglio, mi viene un dubbio e una frase mi rimbomba in testa: e pe’ forza, è vietato vendere alcolici!
Qui qualcosa non torna. Il tema “divertimento senza alcol” se associato al divieto di bere alcolici è un controsenso. E’ come dire che per una settimana ho deciso di non toccare sigarette (cavolo, ce la farò!) quando i tabaccai per i prossimi sette giorni saranno in sciopero. Me cojoni.
E’ anche un punto di debolezza per il messaggio degli studenti stessi. Se volete dimostrare la sostanza dello slogan, prendendovi una responsabilità che ha anche un valore sociale importante, questo è indubbio, voi stessi perdete credibilità se sostenete il divieto di vendita dell’alcol. E’ come se diceste: “noi ce provamo, ma e mejo se non ce lo fate trovà”. C’è di meglio come messaggio, ammettiamolo.
Non basta. C’è la ciliegina sulla torta. Il divieto è per ogni tipo di cliente, anche maggiorenne. E qui giù applausi.
Quindi se io, 41 anni, venerdì sera dopo cena volessi bere un amaro al bar, una grappa o un rum, non me lo danno. “Perché?” Chiedo. “Perché c’è la festa dello studente.” “Ah giusto. Che sciocco, mi sembra ovvio.”
Se qualche turista in giro in tarda serata volesse stappare un buon vino locale, uno champagne, o farsi un gin tonic, il titolare dell’attività non glielo potrebbe dare. “Scusi, perché?” “Perché c’è la festa dello studente.” “Aaaahhh ok, che sbadato, come ho potuto non pensarci. Allora niente.”
Se un ristorante avesse da qualche giorno una prenotazione bella numerosa, metti quindici persone, i clienti arrivano alle 21:30 in locale, la cena tra chiacchiere, convivialità varia e portate supera comodamente le 23, e a un certo punto, metti a metà del secondo, ti chiedono “ma un bel rosso corposo?”, oppure a fine cena venisse chiesto un moscato, un muffato o un sauternes, il ristoratore, con aria severa ovviamente direbbe: “No cari, adesso niente più alcol, eh-eh…” “Scusi, ma perché?”. “Ma perché c’è la festa dello studente.” “E’ vero, c’era proprio passato di mente, ci scusi.”
Attenzione poi: è vietato vendere alcolici, non bere. Quindi? Quindi siamo stati adolescenti tutti, e sappiamo come si reagisce al divieto. Praticamente un invito alla trasgressione. E’ vietato? Ganzo, facciamolo! Che te lo dico a fa’.
Fortunatamente gli alcolici sono notoriamente venduti in monopolio dalle attività del centro storico di Orvieto a cui il divieto fa riferimento, e quindi, il pomeriggio, se uno, due amici, o un gruppetto, volessero provare a organizzarsi, avrebbero certo di che arrovellarsi il cervello per trovare una soluzione alternativa. Fortuna.
Quindi, sintetizzando: c’è una festa molto bella con tema centrale “divertimento senza alcol”, la vendita degli alcolici è vietata, l’alcol si trova comunque in mille modi diversi, e quindi chi vuole bere lo fa lo stesso, possibilmente ancora con più gusto. Ma il divieto è rivolto alla vendita anche a maggiorenni, turisti, ospiti dei ristoranti, eccetera. I quali quindi sarebbero gli unici che non potrebbero realmente bere. Perché chiaramente, non si comprerebbero, il pomeriggio, il rum e coca alla coop.