LE CHIACCHIERE DI TRAPPOLINO &C
Caro Leoni,
l’ex on. Carlo Emanuele Trappolino, dopo aver fatto finta di dire qualcosa sulla nuova legge elettorale regionale, si è scagliato contro le “piccole diatribe di gruppetti o di avanguardie elettorali” e chiama all’unità il suo partito per far tornare Orvieto “protagonista in Umbria”. Insomma se la prende con Galanello e qualche altro pretendente del suo partito al posto di consigliere regionale perché ci vuole andare lui. Io dico solo facciano loro, però non ci annoino con queste sceneggiate pubbliche. È pericoloso anche per loro: rischiano di morire di chiacchiere. La mia curiosità è sapere alla fine quanti orvietani voteranno ancora alla cieca e quanti umbri si lasceranno convincere senza sapere. Mi piacerebbe conoscere anche il suo giudizio.
Gerardo M.
Dovrei girare la sua lettera a F.R. Barbabella, molto più esperto di me di politica umbra. Ma il professore ha già i suoi impegni. Per quanto mi riguarda, ho l’impressione che il popolo umbro, molto meno sanguigno di quello emiliano-romagnolo, andrà a votare in massa e voterà come al solito. E senza bisogno di turarsi il naso, nonostante la massiccia presenza di trinariciuti.
BASTA CON IL MASSACRO DELLA LINGUA ITALIANA!
Caro Leoni,
sarà che sono cresciuto in un ambiente che all’uso corretto della lingua ci teneva, sarà che prima di scrivere qualcosa ci penso due volte e quando poi scrivo rileggo per evitare almeno grossi errori e curare la punteggiatura, fatto sta che non sopporto il massacro della lingua italiana. Esempi del massacro? A scelta, su tv, giornali cartacei e online, dichiarazioni, interviste, discorsi ufficiali. E senza distinzione di uomini e donne. Particolarmente frequenti quelli offerti dagli ambienti politici e istituzionali. Un florilegio si può trarre anche dai nostri giornali telematici dell’ultima settimana. Io penso che bisogna denunciare questo fenomeno, non solo diseducativo, ma pericoloso complice dell’idea che tutti si possono permettere tutto. Lei che ne pensa?
Valerio A.
Caro Valerio, il massacro della lingua italiana credo che dipenda sia da una istruzione scolastica più lassista in materia, sia dalla effettiva complessità della nostra lingua, sia dalla scarsità delle letture, sia dall’eccesso di rispetto umano che impedisce di “ammonire i peccatori”. E i peccatori, in questo caso, sono gli assassini della lingua, prezioso e indispensabile strumento di comunicazione e di coesione culturale. Non dico di fucilarli, ma almeno di correggerli. Il nostro Direttore è uno che ci prova. Ma è dura.
SI PUÒ ESSERE EDUCATI E MODERATI SENZA ESSERE DEMOCRISTIANI
Caro Barbabella,
la consigliera grillina Lucia Vergaglia si è dimostrata, fin dalla pima seduta del consiglio comunale di Orvieto, bene educata, tranquilla, moderata e propositiva. Ma una così che ci sta a fare nel M5S? Non le sembra più adatta al gruppo neodemocristiano di Gnagnarini?
Teo L.
Intanto, caro Teo, voglio rilevare l’uso da parte sua del femminile “consigliera”, segno che il politically correct si fa strada anche dalle nostre parti. Ma allora, perché poi si meraviglia del fatto che una persona “bene educata, tranquilla, moderata e propositiva” come la signora Vergaglia ha scelto l’M5S? Viene da dire: “Non sono mica tutti Beppe!”. E poi le risulta che in ambienti democristiani siano stati nel passato o siano nel presente tutti “bene educati, tranquilli, moderati e propositivi”? Ancora: è proprio sicuro che il gruppo di riferimento di Gnagnarini, esponente storicamente democristiano, sia definibile come neodemocristiano per il solo fatto che in esso anche lui è stato eletto? Detto in altro modo e in estrema sintesi: si può essere “bene educati, tranquilli, moderati e propositivi” senza essere stati democristiani o senza essere diventati neodemocristiani, non crede?
IL RAZZISMO NON SI COMBATTE COL “VOLEMOSE BENE”
Caro Barbabella,
l’accattonaggio degli africani e dei rom nelle vie di Orvieto e all’ingresso dei supermercati e dell’ospedale non accenna a diminuire. Il fatto che siano certe etnie a monopolizzare il settore dell’accattonaggio non dovrebbe far riflettere? Per esempio, i nostri giovani sono informati sulla provenienza e sulle culture di queste persone? Altrimenti una visione sommaria e disinformata della realtà non può che alimentare la mala bestia del razzismo e far dimenticare che il nero che chiede un euro è più dignitoso e meno pericoloso del bianco che chiede il pizzo; e il rom che ruba il borsellino è meno delinquente del bancario che induce a comprare titoli fasulli.
Anna D.
Cara Anna, come sa, il detto “la madre degli stolti è sempre incinta” vale anche dalle nostre parti. E il razzismo è certamente frutto di stoltezza, alimentata da pregiudizi, a loro volta frutto di ignoranza. Ma niente illusioni: l’antidoto non è solo l’informazione e la cultura, che aiutano ma non risolvono. Perché incide molto la paura. Paura del diverso e paura di perdere quel che si ha, spesso del poco che si ha o anche del poco che si desidera avere. Insomma, la questione è complessa. In ogni caso, quando le presenze di persone estranee, di qualunque colore siano, diventano numerose e costanti, si deve assicurare un controllo pubblico (non solo di polizia, ovviamente, quindi anche aiuto, assistenza, ecc.), altrimenti l’allarme sociale diventa inevitabile, con i conseguenti stolti comportamenti. Con ciò non si giustifica nulla, ma si vuol solo dire che i poteri pubblici possono e quindi debbono governare i processi. È difficile combattere il razzismo col “volemose bene”.
STORIE DI ORDINARIA FOLLIA
di Pier Luigi Leoni
La psicanalisi ci ha costruito varie teorie; Erasmo da Rotterdam ci ha scherzato sopra; i Napoletani hanno sempre detto che ‘a cervella è ‘na sfuoglia e cepolla. Insomma gli esseri umani riescono a riprodursi, a vivere e a sopravvivere grazie a una buona dose di follia. Lo constatiamo anche in politica. Non solo nella grande politica degli statisti, ma anche in quella terra terra delle amministrazioni locali. Avete mai riflettuto sulla vita che fa un amministratore comunale? Si trova quotidianamente faccia a faccia coi concittadini che lo giudicano perché si sentono suoi padroni e, se lo trattano bene, è perché lo considerano un servo che può essere utile. Le vie cittadine e il palazzo comunale sono pieni di padroncini che lo coccolano o lo rimproverano, con animo non molto differente da quello con cui trattano il loro cane. E quando, secondo il loro arbitrio, non si sentono soddisfatti, sono pronti a prenderlo a calci e ad allontanarlo; ma quello rimpiange il fischio del padrone e continua a drizzare le orecchie. Quando il mio amico Massimo Gnagnarini accettò la nomina ad assessore al bilancio e al personale si svolse tra noi un colloquio che forse consistette solo in uno scambio di sguardi, ma il cui contenuto fu il seguente.
– Non era meglio per te se rimanevi a fare il consigliere? Potevi passare il tempo a sputare sentenze e a dire “ve l’avevo detto!”.
– Mi sarei annoiato come ti sei annoiato tu.
– Ma ti sei fatto ammollare gli assessorati più deprimenti. Dovrai occuparti delle finanze di un Comune scassato e dovrai vedertela con sindacalisti che difendono con le unghie e coi denti una classe di privilegiati.
– Qualcuno lo deve pur fare.
– E’ la risposta che dà il boia.
– Il boia è chi molla!
Se questa non è follia, che cos’è?