di Enrico Petrangeli
Non so a quanti lettori interessi sapere se ho velleità politiche e comunque risponderò all’osservatore d’oltre oceano. Però al termine di un ragionamento che chiedo a lui e ai volenterosi lettori di seguire.
L’ “elefante nella stanza” per usare la sua espressione, cioè la presenza così ingombrante che è meglio ignorare (in italiano l’equivalente penso che sia nelle espressioni “il segreto di Pulcinella” o “tutti lo sanno, nessuno lo dice”) non sono io. Tant’è che periodicamente qualcuno fa allusioni alle nefandezze di cui mi sarei macchiato nel mio passato da assessore o agli oscuri interessi che mi muoverebbero. E c’è chi giura di avermi visto con gli stessi calzini turchese del giudice Mesiano (quello della sentenza Fininvest-Cir). Chiedo al paziente lettore per prima cosa di relativizzare questo atteggiamento da macchina del fango e poi di far mente locale e di considerare le cerchie di persone dalle quali proviene l’insinuazione, siamo una piccola comunità e non è difficile, e di interrogarsi poi sui possibili interessi che la generano e la mantengono. All’osservatore d’oltreoceano chiedo di adoperare oltre il cannocchiale anche il microscopio, fuor di metafora di ampliare le sue fonti di informazione.
Dicevo, ciò che veramente sconcerta chi anima le cronache giornalistiche su questi argomenti in questi giorni, è il percorso partecipativo che l’associazione Val di Paglia Bene Comune ha cercato di strutturare, dopo l’alluvione del 12 novembre 2012, per la riqualificazione urbanistica e ambientale del territorio come asse di un’idea di sviluppo socio-culturale della comunità. Lo statuto, le linee di azione, le cose che abbiamo scritto e le iniziative che abbiamo realizzato lo documentano. Ma soprattutto lo testimonia il lavoro quotidiano che abbiamo fatto di divulgazione, di costruzione di reti, di controllo e di proposta.
Nel vuoto istituzionale drammaticamente evidenziato dall’alluvione, l’associazione è effettivamente diventata ciò che dichiarava fin dall’inizio: un catalizzatore di diverse istanze di cittadinanza attiva tesa ad influenzare le decisioni politiche in materia di governo del territorio. I politici e gli amministratori, di cui apprezziamo a volte la buona volontà, c’hanno fatto toccare con mano quanta distanza ci sia tra la retorica politica della partecipazione e dell’amministrazione condivisa e la buona pratica effettiva dell’empowerment dei cittadini. Potremmo fare parecchi esempi. La classe dirigente (capi, direttori, responsabili: di dipartimenti, uffici, servizi) e i tecnici (ingegneri fluviali, geologi, dottori forestali ingegneri edili, architetti) delle diverse istituzioni (Comune, Provincia, Regione, Autorità di bacino, Consorzio di Bonifica, Agenzia forestale regionale, Società idrica integrata etc) c’hanno consentito di vedere all’opera il potere burocratico: assolutamente escludente e, in virtù di una pretesa competenza tecnica specialistica, monoreferenziale. Anche di questo potremmo fare tanti esempi. Con varie associazioni ambientaliste ed ecologiste abbiamo avuto scambi interessanti, ma dai “professionisti dell’ambientalismo” abbiamo subito gli attacchi di quanti si atteggiano a Solone o di quanti non riescono proprio a smettere i panni del “barricadero”: gli uni e gli altri così denunciano a nostro avviso, oltre le proprie peculiari idiosincrasie, l’analfabetismo politico, il peggiore degli analfabetismi, che li contraddistingue. Di questo non c’è bisogno di esempi.
In questo quadro, l’associazione ha dovuto sperimentare sia la difficoltà di essere riconosciuta organismo sussidiario di enti inefficaci sia la necessità di surrogare le latitanze istituzionali. Ed ha documentato tutto ciò per come poteva attraverso articoli, lettere aperte, diffide, code di paglia etc etc. Ad oggi l’associazione è forse l’organizzazione che ha la migliore visione d’insieme delle varie questioni legate al dopo alluvione (lo chiamo così ma non mi soddisfa) e proprio per questo può esercitare una funzione critica e proprio per questo attira su di sé gli strali di quanti preferirebbero battere le consuete vie per spendere i soldi delle più importanti opere pubbliche che si vedranno nei prossimi anni da queste parti. Ma le polemiche contro l’associazione sono in parte anche il risultato della volontà delle istituzioni, dei partiti e di altre associazioni di rioccupare quello spazio pubblico dove si è posizionata la Val di Paglia Bene Comune. E siccome con un lavoro di studio e di impegno di due anni l’associazione ha sviluppato una sua competenza per cui sarebbe in grado di argomentare e discutere la si combatte a suon di mistificazioni, denigrazioni e insulti: l’armamentario più vile della polemica politica.
Ora qualche nota riguardo i temi che sono in evidenza in questo momento: Parco Urbano, Contratto di fiume, Interventi selvicolturali nei soprassuoli boscati del demanio idrico del Paglia
Sul Parco urbano ho scritto da poco come portavoce delle associazioni che avevano intravisto nella progettazione partecipata del parco un modalità di focalizzare alcune idee portanti di riqualificazione e di sviluppo sostenibile. Gli avvisi del comune per singoli interventi senza un progetto organico sono una ben misera riduzione dell’idea originale. E l’assenza di un progetto svilisce il tentativo del Comune di essere soggetto coordinatore degli interventi di messa in sicurezza e riqualificazione complessiva.
Sul Contratto di Fiume riconosciamo che lo strumento, in quanto opportunità di concertazione tra istituzioni in vista di azioni di tutela e valorizzazione ambientale sia importante. Il problema è come si è imbastito fin qui specificamente il Contratto del Fiume Paglia. Evidentemente il segretario del PD si sente titolare dello stesso ma confonde il suo valore politico con il suo valore strumentale. Ad occhio e croce è ben più titolato il sindaco ad esserne, almeno in fase costituente, non il titolare ma il promotore. Ciò che è essenziale comunque è l’insieme dei progetti che darà contenuto al Contratto, ma siamo ancora alle schermaglie procedurali sulla composizione degli organismi per via di una conduzione almeno pasticciona. Oppure, come nel caso del Parco è in atto una tattica dilazionistica per poter giustificare poi accelerazioni improvvise.
Sugli interventi selvicolturali nei soprassuoli boscati del demanio idrico del Paglia occorre ricostruire il quadro di partenza: scarsa o assente manutenzione, interventi occasionali, abusivismi. La provincia di Terni ha emesso un bando che ci sembra sulla via di una corretta pianificazione territoriale: studio del sistema, manutenzione selvicolturale degli argini, disciplina delle colonizzazioni improprie dell’alveo. Noi abbiamo organizzato una presentazione-tavola rotonda con esperti di diversa estrazione sullo studio fatto in risposta al bando della Provincia di Terni con l’idea di rendere pubblica la proposta e di costituire un osservatorio pubblico.
In tutti e tre i casi abbiamo seguito i processi, nel primo caso forse lo abbiamo determinato, ma non ci siamo lasciati aggiogare al ruolo di portatori di consenso: abbiamo sempre cercato di portare un valore di partecipazione.
Spero di aver chiarito le finalità dell’associazione Val di Paglia Bene Comune. Non c’è stato, in nessun momento, nessun “camuffamento ambientalista”, né dell’associazione che è di promozione socio-culturale né tantomeno mio che ho altre competenze. E spero di aver lumeggiato il contesto in cui si originano gli “apprezzamenti” sul mio conto.
Nello scrivere lo statuto e le linee programmatiche dell’associazione come dopo nel ricoprire la carica di presidente ho trasferito molti miei interessi personali. Quelli legati alla mia biografia, alle mie competenze ed esperienze dove giocano inestricabilmente l’essere antropologo e ricercatore e l’aver fatto l’assessore in comune, ma anche il professore e il coordinatore di progetti di cooperazione internazionale e tanto altro ancora.
Sulla base di questi interessi e competenze e attraverso l’associazione sto facendo politica. Insieme a tanti altri sperimento giornalmente su cose a volte molto concrete il senso dell’impegno e la responsabilità di dare espressione a sentimenti e attese di fasce di popolazione che accedono con difficoltà ai propri diritti di cittadini. La mia idea è di continuare a fare politica in questo modo.