di Pier Luigi Leoni
La situazione degli enti locali, adattando un celebre aforisma di William Shakespeare, sembra una favola raccontata da un folle. Secondo le disposizioni nazionali, integrate da quelle regionali, i 12 Comuni del comprensorio orvietano dovevanoo già aver costituito una Unione speciale per gestire alcuni servizi amministrativi conferiti dalla Regione a seguito dell’abolizione delle comunità montane. All’Unione speciale i Comuni dovevano aver trasferito l’esercizio delle loro funzioni fondamentali, a meno che non avessero costituito Unioni o avessero stipulato tra loro convenzioni per l’esercizio di tali funzioni. In ogni modo, le Unioni e le associazioni convenzionate avrebbero dovuto comprendere almeno 5000 abitanti o, in caso di comuni già appartenenti alla Comunità montana, almeno tre Comuni con almeno 1000 abitanti complessivi. Dato che tutti i Comuni del comprensorio orvietano appartenevano alla Comunità montana, il guazzabuglio è ancora più pazzesco. E infatti gli amministratori comunali sono riusciti a combinare ben poco nell’applicazione delle leggi.
Ma il 31 dicembre 2014 è scaduto il termine per l’attuazione delle disposizioni sulla collaborazione intercomunale e il 12 gennaio 2015 il Ministero dell’interno ha ordinato ai Prefetti di assegnare un termine ai Comuni per ottemperare alle leggi, trascorso il quale saranno commissariati per gli adempimenti necessari.
Non può quindi essere più rinviata una riflessione costruttiva sulla collaborazione intercomunale che, al di là della farraginosità delle leggi, costituisce un strada obbligata per i Comuni piccoli e medi, se vogliono svolgere un ruolo nella programmazione e nell’acquisizione di risorse per la salvaguardia e lo sviluppo delle loro popolazioni.
Il problema è l’individuazione della scala più razionale per la collaborazione intercomunale nel territorio dell’Orvietano. Un aiuto lo può dare una seria riflessione su una proposta concreta che Giorgio Cocco, sindaco di Porano, ha anticipato ai colleghi dell’Orvietano.
Si tratta di un progetto che tiene conto della vocazione agricola e zootecnica del comprensorio e delle analoghe caratteristiche dei contigui territori del Viterbese.
L’ipotesi di progetto scaturisce dalla considerazione che nel territorio dell’Orvietano sono presenti oltre 1000 capi bovini in stalle che stentano a sopravvivere, soprattutto a causa delle spese per i carburanti. Ebbene, i bovini producono liquami e letame che, integrati con prodotti di scarto dell’agricoltura (per esempio: potature delle viti e degli olivi) e opportunamente trattati, producono biogas dal quale, eliminando i componenti diversi dal metano, si ricava biometano, del tutto analogo al metano naturale. Gli incentivi pubblici alla produzione di biometano e la prospettiva di una imminente diffusione di macchine agricole a metano, risanerebbero i bilanci delle aziende zootecniche e aprirebbero prospettive di sviluppo coerente con la vocazione e la tradizione del territorio. Non solo, ma il carattere comprensoriale del progetto sarebbe coerente col Piano di Sviluppo Rurale dell’Umbria e sarebbe proponibile ai vicini Comuni del Viterbese.
Illuminante è una ricerca promossa dalla Coldiretti di Treviso e guidata da Gian Felice Clemente, già dirigente dell’ENEA e affezionato al nostro territorio, pubblicata sul n.5/2014 del bimestrale dell’ENEA “Energia, Ambiente e Innovazione”. La ricerca si riferisce a un’area intercomunale della Provincia di Treviso che presenta notevoli analogie con il nostro comprensorio.
Di questo progetto si parlerà in un convegno che si sta organizzando, nel quale si cercherà di dimostrare che la prospettiva di una Unione comunale che abbracci tutto il comprensorio orvietano e che riunisca tutte le funzioni fondamentali dei Comuni, è l’unica cui si dovrebbe puntare per dare forza progettuale e propositiva alle idee utili per lo sviluppo delle nostre popolazioni.