IL TERZO FUOCHISTA E IL TERZO CALANCO
Caro Leoni,
la storia del terzo calanco mi pare simile a quella del terzo fuochista. Ricorda? “Il terzo fuochista/ L’artista quotato di più/ Sparò i suoi colori nel cielo/ E nel silenzio vennero giù”. Con una differenza: il chiasso al posto del silenzio. Mercoledì 21 è stato infatti un susseguirsi di dichiarazioni con voce tonante contrarie alla sentenza del TAR Umbria che ha accolto il ricorso di SAO Acea contro il divieto di ampliare la discarica al terzo calanco (Scopetti e Taddei, Galanello e Rometti), fino al sindaco che dice “Il terzo calanco non si farà, ricorreremo al Consiglio di Stato”. Io ci capisco poco, ma lei ci capisce e spero che voglia aiutarmi a capire. Secondo lei è sensato quello che sta facendo il Comune? Se non capisco male il TAR non ha fatto altro che prendere atto del comportamento illogico del Comune che prima lascia che si crei un interesse legittimo del privato e poi cerca di bloccarlo con ragioni artificiose e inconsistenti (la presenza di un boschetto nell’area interessata). Non è difficile pensare che il Consiglio di Stato probabilmente confermerà il giudizio del TAR e che perciò l’annunciato ricorso è pura demagogia. C’erano di sicuro altri modi se si voleva sul serio fermare questo scempio. Non si poteva modificare il piano dei rifiuti e puntare sul massimo riciclo verso l’obiettivo rifiuti zero per rendere del tutto inutile l’ampliamento della discarica? Lei che ci capisce che dice?
Vademaro C.
Caro Vademaro, lei mi pone la domanda e si dà la risposta. Sembra quasi che già ne abbia parlato con me. In effetti, la sentenza del TAR annulla una ridelimitazione delle aree boschive nei calanchi (legalmente discutibile; come, secondo me, è discutibile anche la sentenza) che avrebbe impedito la sua utilizzazione come discarica. In effetti, vi sono altre strade per impedire che il territorio orvietano continui a essere la discarica dell’Umbria; ma occorrono idee, rapporti meno ambigui con gli organi regionali e mobilitazione della popolazione.
IL PROTOCOLLO UMBRO-LAZIALE E LA MIGRAZIONE SANITARIA DEGLI ORVIETANI
Caro Leoni,
ma chi glie li scrive i comunicati ai dirigenti del PD? Senta questa: “Sul tema sanitario l’Ospedale di Orvieto diventa il fulcro operativo di una sinergia umbro-laziale che fino ad oggi mancava di una strutturazione ufficiale”. Si tratta del comunicato emesso dal PD a commento del protocollo d’intesa tra Umbria e Lazio su mobilità sanitaria e promozione turistica. Parole e parole, contenuti zero. Nel frattempo all’ospedale si vivono situazioni allucinanti. Così, mentre si firmano intese per far venire gente dal viterbese a curarsi nel nostro ospedale, cosa che in sé sarebbe positiva, la gente di Orvieto viene dirottata su Terni o Amelia per mancanza di posti letto o perché dopo una cert’ora certe prestazioni d’urgenza non si possono fare. Ma de che parlano questi allora! Ce toccasse ’mparà ’l viterbese!
Getulio F.
Caro Getulio, l’accordo ospedaliero umbro-laziale scaturisce dalla drammatica situazione degli ospedali del Lazio, di cui Viterbo è solo un aspetto, e, indirettamente, dalla ancor più drammatica situazione della sanità nel Mezzogiorno. Roma è intasata dai meridionali che cercano di sopravvivere e necessita di enormi investimenti che penalizzano Viterbo e altre città del Lazio. Ma, con l’accordo, il Lazio non punta a Orvieto, bensì a Perugia e a Terni, dove si trovano gli ospedali più attrezzati. Secondo me, l’ospedale di Orvieto finirà male se non raggiungerà l’eccellenza almeno in un settore. Qualche anno fa, dopo essermi consultato con veri esperti, suggerii la cura e la prevenzione dell’obesità, ma fui snobbato senza che fossero proposte alternative.
SPOSTARE I FABBRICATI INVECE DI SPOSTARE IL PAGLIA?
Caro Barbabella,
Fabrizio Cortoni propone di impiegare le risorse pubbliche per demolire e riedificare in zone sicure i fabbricati a rischio nell’alveo del Paglia. Dato che si tratta in gran parte di fabbricati industriali e commerciali, cioè di capannoni, e non di monumenti egiziani della Valle dei Re, non sarebbe il caso di fare quattro conti?
Francesco B.
Caro Francesco,
conosco bene Fabrizio Cortoni, so che è sveglio e che sa anche fare il provocatore. E così credo che il suo intervento, sotto l’apparente seriosità della proposta, nasconda in realtà una sottile provocazione sintonizzata su un certo tipo di “saggezza popolare”: chi è colui che avendo un po’ di sale in zucca non si è mai chiesto perché non demolire i fabbricati a rischio di esondazione per ricostruirli da un’altra parte? Fabrizio, che – lo ripeto – è sveglio, sa due cose (e di più ovviamente): la prima è che sarebbe stato meglio non costruirli lì quegli edifici; la seconda è che quegli edifici non saranno mai spostati, anche perché i proprietari non sono diventati tali a caso perché quegli edifici li hanno fortemente voluti, essendo diciamo disponibili gli amministratori e diciamo distratti la maggioranza di quelli che speravano prima o poi di fare da qualche parte la stessa cosa. La storia è vecchia, anche questo sa Fabrizio. Tempo addietro ci fu un sindaco che volle bloccare, con il consenso del Consiglio comunale, alcune lottizzazioni già approvate, perché almeno una era chiaramente in zona esondabile, come poi ha ampiamente dimostrato l’alluvione del 2012. Si sa (ovvio che vale per chi non ha memoria corta) come andò a finire. Quel sindaco fu accusato di bloccare lo sviluppo e affamare il popolo, gli interessati glie la giurarono e non passò decisione che non li vide schierati attivamente o subdolamente contro. Quando poi i proprietari fecero ricorso al TAR, naturalmente lo vinsero e le amministrazioni successive, forse memori di quell’esperienza, non solo permisero quelle costruzioni per anni bloccate, ma ne autorizzarono molte altre, anche in zona esondabile, con la conseguenza che in seguito si è dovuti ricorrere a grandi opere molto costose per riparare al pericolo di esondazione. Ci sono dunque almeno due tipi di saggezza popolare. Una dice: è meglio pensarci prima; gli amministratori, quando è necessario, devono assumersi la responsabilità di essere impopolari; ma quelli che si comportano così sappiano che pochi saranno loro vicini al momento del bisogno. Un’altra dice: “prima fai i pilotís, poi tamboni” (sic!), tanto qualcuno pagherà. Quale è la migliore? Fino ad oggi è stata scelta la seconda. A me pare che la proposta di Fabrizio rischi di avallare anche senza volerlo, almeno sul piano morale, ancora la seconda. Ma, come ho detto, propendo per intenderla come provocazione. Però, chissà che dice Fabrizio, la mia sarà un’interpretazione corretta?
PROGRESSISTA DEPRESSA
Caro Barbabella,
riposi nel PD tutte le mie speranze in una società più giusta; piansi amaramente quando la parte reazionaria della nostra città portò al potere un forestiero benestante; piansi dalla gioia quando le forze progressiste riconquistarono il Comune. Adesso sono angosciata dagli scontri dentro il PD orvietano. Questa altalena di emozioni mi ha provocato una seria depressione. Prima di ricorrere al Prozac, mi aiuta a uscirne col ragionamento?
Angelica Z.
Cara Angelica,
tento di aiutarla soprattutto in omaggio al suo nome. Altri motivi sinceramente non potrebbero giustificare una risposta positiva. Il fatto è che lei mi pare impegnata soprattutto a piangere, anzi più precisamente a piangersi addosso. Scusi, ha mai provato a chiedersi perché ad un certo punto vinse il centrodestra? La sua sinistra, la sinistra che lei chiaramente incarna, quella del tifo calcistico, quella che calza giorno e notte gli occhiali in bianco e nero, quella del benaltrismo che non si accontenta delle cose possibili ma che poi senza troppi scrupoli fa alla grande gli affarucci suoi, ha tentato almeno una volta di cambiare rotta sul serio? La risosta glie la do io: no, mai. La colpa è sempre di qualcun altro. Tifo e basta, al massimo ci si innamora della rottamazione, ma solo per applicare la regola aurea del “levate te che me ce metto io”; oppure si fa professione di fede innovatrice con proclami del tipo “largo ai giovani”, preferibilmente quelli già avvezzi al lavoro di cordata, per carità solo per evitare traumi quando si sarà “costretti” a metterli da parte. Lei si preoccupa ora degli scontri dentro il PD? Guardi, questo la rende quasi di sicuro incurabile: ma non capisce che questa è una condizione essenziale? Non possono fare a meno di litigare: è la loro debolezza e insieme la loro forza: così possono stare insieme posizioni e prospettive del tutto diverse, menandosi senza farsi troppo male e scaricando però guai e paralisi decisionale sugli altri. Tra una lacrima e l’altra si faccia allora due conti e mi dica su 100 ore di lotta politica quante secondo lei sono scontro di idee. Via, smetta dunque di piangere e si decida: o finalmente a fare qualcosa di pratico oppure ad abbandonare la sua visione religiosa della sinistra abbracciandone una finalmente moderna, aperta, laica. E poi si affacci dalla rupe: vedrà un orizzonte più ampio. Non che sia migliore, ma meno scontato e più colorato sì. Auguri!
L’EX OSPEDALE DI PIAZZA DEL DUOMO STA CADENDO IN ATTESA DELLA SPECULAZIONE
di Pier Luigi Leoni
Nessuno, stiamone certi, sarà chiamato a rispondere dello scandaloso stato di abbandono dell’ex ospedale di Orvieto. Il suo valore commerciale si va ogni giorno abbassando, e quando la speculazione privata ci metterà le mani lo pagherà molto meno del prezzo che aveva qualche anno fa. Il danno per il pubblico erario sarà di vari milioni. Di fronte a questo scandalo sta riattivandosi il movimento di opinione contrario alla vendita dell’immobile per ricavarne un albergo di lusso, ma favorevole alla sua destinazione a servizi socio-sanitari: palazzo della salute e servizi per tutta la gamma delle esigenze assistenziali degli anziani; dalla mensa, ai brevi soggiorni di carattere alberghiero, alla casa di riposo per autosufficienti, al ricovero per non autosufficienti e al trattamento delle demenze senili e dell’alzheimer. Il consigliere comunale Andrea Sacripanti, pur non avendo ancora preso posizione a favore della soluzione assistenziale, ha proposto, con una sua mozione, l’istituzione di un forum civico per valutare tutti gli aspetti dei servizi socio-assistenziali dell’Orvietano. La mozione prevede, coerentemente, l’invito agli “organi regionali e comunali a sospendere, in attesa dei risultati dei lavori del forum, decisioni irreversibili in materia di destinazione dei proventi del lascito Solis, di ampliamento dell’ospedale di Orvieto, di destinazione del complesso di Vigna Grande (ex Caserma Piave) dell’ex ospedale di Piazza del Duomo e di altri stabili pubblici suscettibili di utilizzazione diretta o indiretta per i servizi socio-sanitari”.
La questione divide i cittadini tra chi propende per un grande centro socio-sanitario nel posto più prestigioso della città e chi preferisce che piazza del Duomo sia arricchita da un prestigioso albergo, che favorisca congressi di alto livello nel Palazzo del Capitano del Popolo e comunque il soggiorno in città di una clientela abbiente.
Sono consapevole della utilità di un albergo di lusso sulla Rupe, ma ritengo che la priorità spetti ai servizi sociali e che il problema dell’albergo vada risolto in altro modo. Non sono un nemico giurato del capitalismo, cui riconosco la funzione di creare la “ricchezza delle nazioni” e aprire la strada alle libertà e alle opportunità, ma sono convinto che la centralità dell’essere umano non debba essere sostituita dal denaro e quindi il capitalismo debba essere regolato, controllato ed equilibrato dai poteri democratici. Altrimenti finisce che gente che può farsi curare in Svizzera si trova a convivere con gente che deve aspettare due anni per una colonscopia.