SIAMO ORMAI AL TURISMO DA SCASSO?
Sig. Leoni,
lunedi della scorsa settimana due ragazzine rom di manco 15 anni che si aggiravano in una zona residenziale di Orvieto sono state fermate da una pattuglia della polizia e denunciate a piede libero in quanto trovate in possesso di strumenti che facevano pensare a possibili furti in appartamenti. Hanno detto di venire da Roma dove vivono in un campo nomadi. Adesso c’è anche il turismo da scasso? Lei che dice, ha fatto bene la polizia a fermare queste ragazzine e a denunciarle? Subiranno un processo? E se saranno condannate che pena sconteranno? Magari nessuna e così ricominceranno. Che si fa allora, dobbiamo abituarci a convivere con questi fenomeni?
Antonia Z.
Sig.ra Antonia,
sbaglio, o questo tipo di turismo non costituisce una novità? Le abitudini degli zingari risalgono alla notte dei tempi e dovremmo essere muniti di anticorpi meno drastici delle camere a gas (che spero lei non rimpianga) per arginare il fenomeno, a cominciare dalla vigilanza sugli accampamenti e l’azione per favorire l’integrazione. Quindi stiamo allerta e avvertiamo la forza pubblica quando assistiamo al girovagare degli zingari. Non vengono certamente per vedere il Duomo e il pozzo di San Patrizio. Il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza prevede controlli e provvedimenti, ma la forza pubblica deve attivarsi ed essere attivata.
ANCORA SU PIÙ STATO O PIÙ MERCATO
Caro Leoni,
torno sull’argomento della settimana scorsa (più stato o più mercato, ricorda?) innanzitutto per ringraziarla della cortese risposta, ma anche per farle notare che io non le chiedevo un giudizio né su Renzi né su D’Alema quanto piuttosto un parere su una questione che non mi sembrava da tuttologi, visto che ci dobbiamo tutti fare i conti. La questione era: se vogliamo uscire da questa maledetta crisi, dobbiamo auspicare ancora più logica di mercato o più intervento pubblico come una volta? La ringrazio se vorrà ancora dedicarmi qualche minuto.
Pancrazio T.
Caro Pancrazio,
a mio avviso lo Stato e il mercato devono coesistere e la dose degli interventi dello Stato deve essere misurata in base al momento storico. In questo momento mi sembra che lo Stato debba assumere più iniziativa, perché la finanziarizzazione e la globalizzazione del mercato sono fuori controllo e stanno producendo più danni che vantaggi. In ogni modo, credo che una soluzione più vicina alla natura dell’uomo sia l’equilibrio fra Stato, mercato ed economia civile, che comprende, nel cosiddetto terzo settore, le forme di relazioni solidali e reciproche non basate sullo scambio tra valori economici equivalenti.
NON SOLO I POLITICI SONO FOLLI
Caro Barbabella,
Pascal sosteneva che “tutta l’infelicità dell’uomo consiste nell’incapacità di stare chiuso da solo in una stanza”. Infatti gli uomini sono generalmente infelici. Ma coloro che meno sembrano accorgersi di tale infelicità sono gli uomini politici. Scalpitano per andare a ficcarsi nei guai e, quando qualcuno li tira fuori, scalpitano per ritornare, o soffrono di nostalgia. Lei che conosce bene la psicologia dei politici interpreta tale fenomeno come un surplus di generosità o altra forma di follia? Non mi dica che tutto si spiega con l’interesse personale.
Gigi M.
Caro Gigi,
credo che lei, se sa di Pascal, sa anche di tanti altri che nel corso del tempo hanno cercato di capire le ragioni dell’infelicità degli uomini e di indicare la via per combatterla: da Aristotele e Platone a Epicuro e agli Stoici, da San Tommaso a Stuart Mill e ai contemporanei. Evidentemente nessuno è riuscito a fornire una ricetta efficace. Tanto meno gli economisti, giacché la convinzione di Adam Smith e soci che il benessere economico è fondamento di felicità, già rivelatasi illusoria alla prova dell’esperienza, è crollata nel 1974 con il “Paradosso di Easterlin” che dimostra come, aumentando la ricchezza, la felicità aumenta fino ad un certo punto, per poi diminuire con un andamento ad U rovesciata. Dunque le ragioni dell’infelicità umana non sono univoche, e quello che dice Pascal è rispettabile tanto quanto tutte le altre teorie, ma certo non di più. Lei poi parla di quella tipologia di persone che le appaiono come drogate dalla politica perché, mi pare di capire, non sanno seguire le indicazioni di Pascal. Guardi che quel che dice Pascal già lo diceva l’atomista Epicuro, che invitava i suoi contemporanei a disinteressarsi della politica per evitare di essere sopraffatti dalle passioni e raggiungere così l’ataraxeia, l’imperturbabilità dell’anima. È questa una delle dimensioni possibili, come però lo è la follia, in tutte le sue forme. Ma l’estraniazione dalla dimensione sociale che si traduce nell’ideale della vita chiusa in una stanza non mi pare meno folle della paranoia politica. È ben vero tuttavia che di questi tempi a fare discorsi equilibrati si può rischiare di essere costretti a bere la cicuta.
LA MAGISTRATURA PORTA ALLA LUCE “MAFIA CAPITALE” PER PAURA DELLA RIFORMA E ACQUISTARE PRESTIGIO? FINALMENTE, EVVIVA!
Caro Barbabella,
adesso non si parla altro che di fasciomafia. Per adesso l’infezione sembra che riguardi solo Roma, ma io ne sento la puzza un po’ dovunque. Ciò che mi sorprende è che polizia giudiziaria e magistratura siano diventate così tanto efficienti. Non c’entra per caso la ventilata riforma della giustizia, che potrebbe invitare a una lotta per un nuovo prestigio?
Anna R.
Le confesso, cara Anna, che se l’attivismo della magistratura contro la corruzione fosse dovuto al motivo che lei adduce io ne sarei felice. E la ragione è che, qualunque sia la motivazione di chi fa il proprio dovere, a me sta bene che lo faccia. Siamo giunti ad una condizione di sfascio generale che ruba il futuro a noi e ai nostri figli. La corruzione dilaga e coinvolge economia, criminalità, burocrazia, politica, e anche altro. Da Nord a Sud, da Est ad Ovest, da Milano a Venezia, da Roma a Palermo, niente e nessuno sembra si debba salvare. Eppure di gente onesta, seria e competente, in giro ce n’è. Perché non inizia allora una riflessione seria, dappertutto, sul perché questa tipologia ha avuto ed ha ancora scarsa fortuna, mentre quella opposta è dilagata al punto che occupa normalmente da tempo diversi gangli della vita pubblica in tantissime parti del nostro Paese? Perché, per ciò che ci riguarda anche da vicino e per fare un esempio di qualcosa che sembra già dimenticato, è passata come normale la battaglia canagliesca contro RPO e il progetto di trasformazione della ex Piave, che era serio, limpido e carico della possibilità di riuscire, e a seguire è passato come altrettanto normale che sulla ex Piave si gettassero sguardi interessati proprio da quella capitale che oggi si rivela essere governata da un sistema trasversale di corruzione che lei chiama fasciomafia? Allora, se la magistratura si muove, scopre gli altarini, da a Cesare quel che è di Cesare, ecc. ecc., non fa altro che il suo dovere. Io penso che il proprio dovere dovrebbe farlo anche la politica, la quale non può far finta di non sapere, quasi che tutti venissero dalla luna. E dove stava Alemanno, e dove sta Marino? Ma anche dove stavano Veltroni, e assessori e consiglieri di tutti i gruppi? E dove stavano i dirigenti del movimento cooperativo oggi ministri della repubblica? 40 milioni di euro dati senza bandi di gara a cooperative per gestire i campi nomadi è roba che nei bilanci non si nota? Possibile che a nessuno è venuto in mente di alzare le chiappe per verificare che succedeva in quei campi e se e come venivano spesi quei soldi? Ma mi facciano il piacere!, avrebbe detto il grande Totò.
SE UN SOTTOSEGRETARIO PREDICA L’ILLEGALITÀ E NESSUNO LO CACCIA, COME POTRÀ SALVARSI IL PAESE?
di Franco Raimondo Barbabella
All’inizio della scorsa settimana il sottosegretario all’istruzione Davide Faraone ha rilasciato a La Stampa la dichiarazione che per gran parte di seguito riproduco.
“Non basta il suono di una campanella per fermare l’energia che si crea, cresce e muove in una scuola per poi contagiare il mondo fuori. Ho partecipato anche io ad occupazioni ed autogestioni scolastiche. Esperienze di grande partecipazione democratica che ricordo con piacere.
In alcuni casi più formative di ore passate in classe. Io le “istituzionalizzerei” pure, se non fossi convinto di svilirne il significato. Il governo crede così tanto nell’autonomia scolastica che pensiamo che i singoli istituti potrebbero prevedere, se lo ritenessero utile, momenti simili, di autogestione programmata, come esperienza curricolare da far fare ai ragazzi.
Scuola è didattica, scuola è studio, ma non può essere solo ragazzi seduti e cattedra di fronte. Io ho maturato la mia voglia di fare politica, proprio durante un’occupazione. E chissà quanti hanno cominciato a fare politica, o vita associativa, o hanno scoperto la passione civile, proprio partendo da questa esperienza. O ancora, quanti sono diventati leader in un’azienda, dopo essere stati leader durante un’occupazione studentesca. Anche in quei contesti si seleziona la classe dirigente. Quanto valgono poi, le notti passate a dormire in istituto. Io le ricordo ancora oggi nitidamente. Ricordo ragazzi del mio quartiere, che non potevano permettersi nemmeno un campeggio, aver passato l’esperienza più bella della propria adolescenza, dentro i sacchi a pelo in quelle classi che per una volta apparivano calde e umane. O quanti amori si sono consumati in quei sacchi a pelo e quante ragazze o ragazzi hanno trovato la propria anima gemella.”
Al sottosegretario Faraone, Maria Letizia Terrinoni, dirigente del liceo Tasso di Roma, occupato da giorni da una parte degli studenti, ha risposto così: “In un Paese che soffre un deficit di legalità, in un periodo come questo, la presa di posizione del sottosegretario Faraone è stata francamente troppo” ed ha organizzato, insieme a molti genitori e parte degli studenti un sit-in di protesta sotto il ministero di viale Trastevere. Meno male che c’è chi sa reagire non so se alla stupidità o alla follia!
Io penso che le parole del sottosegretario siano da prendere molto sul serio come ha fatto la dirigente del liceo Tasso, perché sono la spia del degrado intellettuale del nostro Paese. Il sottosegretario appare, credo senza esagerare, come la metafora di una classe dirigente fallita che non si rende nemmeno conto dello stato in cui è ridotto, anche per sua responsabilità, il Paese che dovrebbe governare.
C’è una illegalità così grave e diffusa che dovrebbe suonare come campanello d’allarmare per chiunque, in primo luogo per chi governa e in particolare per chi governa la scuola, e il sottosegretario che fa? Ma ovvio, si permette il lusso di legittimare atti di illegalità contro l’autorità scolastica che cerca di educare alla legalità i suoi studenti.
A Roma emerge un sistema di governo criminale della città e del territorio? Che vuoi che sia, i nostri ragazzi devono imitare i padri occupatori per imparare a diventare leader.
Il Paese è allo sfascio e ci si dovrebbe tutti rimboccare subito le maniche, svoltare, fare ognuno con coscienza il proprio mestiere: il professore insegnare, lo studente studiare, il sottosegretario dare l’esempio; e invece che ti fa il sottosegretario? Ma ovvio, celebra le sue esperienze giovanili di soddisfatto occupante che scopre l’amore dell’adolescente e la passione per la politica. E indica nelle occupazioni la via per rendere vitale la scuola. Anzi, afferma temerario, le occupazioni sono così educative che bisognerebbe istituzionalizzarle. Fantastico, istituzionalizzare l’illegalità, cose mai viste! Almeno il pudore! Ma che aspettano Presidente del Consiglio e Ministro dell’istruzione a cacciarlo via immediatamente?
Ecco, questa è la metafora della classe dirigente che un Paese normale non si potrebbe permettere. Ma il nostro Paese ce l’ha. Dunque?