Corre in questi giorni il 57simo anniversario del terremoto del 1957 che, con l’epicentro a Castel Giorgio, interessò tutto il circondario del centro situato sull’altopiano dell’Alfina per un raggio di 30 chilometri. Chi ha vissuto quei giorni lo ricorda benissimo. E anch’io, che all’epoca frequentavo la scuola a Colle Val d’Elsa, ricordo le lettere disperate che le mie compagne ricevevano da genitori e amiche: case lesionate, famiglie sfollate, polvere, fumo e crepe ovunque, anche nel suolo. Fu un terremoto per l’appunto memorabile che oltre all’area di Castel Giorgio interessò diverse frazioni dell’Orvietano tra cui Rocca Ripesena, San Quirico, Sugano, Benano. In base ai dati e alle testimonianze, le prime scosse avvennero il 6 dicembre, prima dell’alba, quando la maggior parte della gente ancora dormiva, e probabilmente non destarono grande preoccupazione se le studentesse esterne del San Lodovico andarono regolarmente a scuola. Fu durante le lezioni che le scosse si ripeterono, e furono sicuramente più forti delle precedenti tanto da spaventare la stessa madre preside che dette l’ordine di abbandonare l’edificio… Le scosse proseguirono per diversi giorni creando una serie di complicazioni, come emerge dall’estratto degli Atti parlamentari del 16 dicembre 1957:
“Mentre la continuazione, ad intermittenza, del fenomeno tellurico costringe la popolazione a trascorrere la vita all’aperto, mancano sul posto gli attendaggi sufficienti per riparare le famiglie dal freddo della notte e scarseggiano i mezzi per fornire l’acqua potabile, mancante a causa dell’intorbidamento nella sorgente che alimenta l’abitato.”
“Complessivamente” estrapolo sempre dalle interrogazioni, “vennero montate nei luoghi colpiti 633 tende tipo ospedale. La prefettura di Terni aveva tempestivamente approntato alcuni centri di smistamento per lo sfollamento di donne e bambini, ma l’ iniziativa non ha avuto esito in quanto tutti si sono rifiutati di allontanarsi dai propri comuni. Peraltro, non sussistono gli estremi per imporre lo sfollamento coattivo.”
Ed ancora: “A Castel Giorgio su oltre 1.500 tra donne e bambini con i tendaggi inviati hanno trovato ricovero solo 300 persone su 3 mila; a Sugano 40 su 700…. ” Più oltre trovo altri dati importanti: “…il prefetto, recatosi sul posto, ha subito organizzato l’opera di soccorso a favore delle popolazioni colpite. Il rifornimento idrico potabile è stato subito assicurato, in quantità sufficiente, mediante autobotti. Le ispezioni eseguite dall’ufficio del genio civile di Terni ai fabbricati esistenti in detti comuni hanno dato i seguenti risultati: comune di Castel Giorgio: su 385 fabbricati ispezionati, risultano indenni n. 108, rioccupabili previo puntellamento n. 251, n. 26 inabitabili; comune di Castel Viscardo: su 167 fabbricati ispezionati, risultano indenni n. 154, rioccupabili previo puntellamento n. 13; comune di Orvieto e frazioni di Sugano, San
Quirico, Canonica, Benano, Rocca Ripesena: quasi tutti i fabbricati sono indenni e solo
17 sono rioccupabili previo puntellamento. In nessun comune si lamentano crolli.”
Andando avanti nella consultazione, il documento riporta numeri diversi: riferendosi a Castel Giorgio dice che su 600 case ben 500 furono dichiarate inagibili.
Non c’era allora la Protezione Civile. Fu il Genio Civile a disporre l’evacuazione della case lesionate. E furono i vigili del fuoco di Orvieto a installare le “tendopoli”. Con il freddo dell’inverno alle porte, le tante persone che avevano dovuto abbandonate le proprie abitazioni pericolanti cercarono subito un rifugio adeguato, a volte anche presso parenti e amici. A Castel Viscardo c’è chi ricorda la tendopoli sul “Prato” del principe, chi le notti passate sotto la struttura in cemento armato all’interno della “Cantina” davanti al castello… Più d’una famiglia scelse le grotti sotto Vitiano… A Sferracavallo ci fu chi si accampò nello spazio antistante la fornace Sugaroni, chi passò le notti in macchina e chi all’interno della stessa fornace, al caldo proveniente dal “pozzo” di cottura dei mattoni…
A Castel Viscardo intanto era rimasta danneggiata anche l’ala del palazzo in Piazza 4 novembre che ospitava la scuola. Così si ripiegò sulla “chiesuola” di Sant’Agostino dove gli alunni ripresero le lezioni.
Nelle frazioni di Orvieto fu l’Ente Comunale di Assistenza (E.C.A.) a provvedere per i pasti. A tale scopo la Prefettura di Terni il giorno 9 come integrazione del sussidio inviò £100.000 per fornire “minestre calde” e pacchi di viveri ai terremotati.
Le 100 mila lire ebbero la capacità di moltiplicarsi, come nel miracolo del pane e dei pesci. E questo per la grande collaborazione e la solidarietà verso i terremotati. I fornitori, tutti locali, fecero dei prezzi speciali, l’ 8ᵒ C.A.R. cucinò i pasti che furono confezionati, trasportati verso le frazioni più colpite e distribuiti gratuitamente dal Comune e dal personale addetto, come conferma una nota scritta a mano in calce al rendiconto inviato alla prefettura. Infine 11 famiglie residenti a Rocca Ripesena, Benano, Sugano ricevettero ciascuna un pacco viveri composto da pane, pasta e olio d’oliva. (S.A.S.O. – E.C.A. b. 41, fasc. 10)
La lista della spesa:
Come venne utilizzata la cifra inviata dalla prefettura? È chiaramente indicato dal rendiconto, firmato dal presidente, che riporto integralmente:
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alla ditta Rossi Fortunato per fornitura pasta, olio, conserva di pomodoro, dadi estratto carne £ 60.500
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alla ditta Verrucci L. per fornitura fagioli, patate, cipolle. £ 8.650
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alla ditta Favetta Paolo per fornitura kg 20 di carne da brodo a £ 500 il kg = £10.000
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a Basili Lino per fornitura sale da cucina £ 1.350
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alla ditta Stramaccioni Elena buoni generi alimentari a N. 11 terremotati £19.500
Complessivamente dal 9 al 17 dicembre vennero fornite 3000 “minestre calde”: pasta e fagioli, pasta e patate, pasta e carne. E, senza tanto tergiversare, le ditte fornitrici furono pagate il 25 gennaio 1958, appena dopo un mese!
I disagi, come sempre succede, rimasero a lungo ad inquietare l’animo della gente. Il Messaggero del 31.7.1963, parlando della situazione della frazione e del castello di Benano nella didascalia di una foto, in cui campeggia l’arco puntellato, Vittorio Presicci cita: “La casa adiacente la Chiesa di Benano sostenuta da travi dopo le lesioni causate nel 1957 dal terremoto. Nessuno ha provveduto alle opere di risanamento”. Dall’articolo riporto:
“I 200 abitanti di Benano vivono in uno stato di sopportazione che si trascina…. da decenni…, assistono alla visione di case puntellate, dopo le scosse telluriche del 1957, che ancora devono essere consolidate…” (ASO, raccolta di giornali)
Considerazioni
Orvieto e l’Alfina non sono nuovi a fenomeni tellurici. Però attualmente siamo abbastanza propensi a cercarne le cause e a fare collegamenti…
Sarà stato un caso, ma proprio negli anni Cinquanta la società Terni scavava i pozzi di sondaggio geotermico nel Viterbese. Risale al 1953 il pozzo che attualmente alimenta le vasche del Bagnaccio. E il Viterbese non è poi così lontano dall’Alfina…
È sempre più impellente la domanda: i terremoti sono casuali o sono determinati da una causa scatenante, ossia dall’operato degli esseri umani, tipo i sondaggi geotermici?