L’Associazione Proteo fare Sapere Umbria e la FLC CGIL TERNI hanno organizzato un seminario sul tema “LA BUONA SCUOLA” DEL GOVERNO E “LA SCUOLA GIUSTA” DELLA FLC CGIL: PROPOSTE E CONFRONTO.
Il seminario ha avuto luogo lunedì 10/11/2014 dalle ore 16 alle ore 18 presso l’I.I.S. Scientifico e Tecnico “Majorana” – Orvieto Scalo (TR). Ha presieduto Tommaso Dionisi, segretario generale FLC-Cgil Terni. Ha relazionato Americo Campanari del Centro Nazionale FLC-Cgil. Il seminario, che ha visto la partecipazione di docenti, personale Ata e dirigenti delle scuole del territorio ha affrontato i temi cruciali della proposta di riforma sulla scuola del governo, analizzandone i punti di forza e di debolezza e, infine, formulando delle controproposte
Al termine del’incontro è stato prodotto e sottoscritto dai partecipanti un documento che è stato inviato al Miur e al sito della Flcgil, per poter partecipare al dibattito on line sulla scuola.
Di seguito il documento prodotto al seminario.
Chi lavora nella scuola sa benissimo cosa funziona e cosa no, sa quale è il modello di una buona scuola e quali sono i suoi obiettivi formativi.
Per questo le proposte dovrebbero partire dall’interno e non dalle alte sfere del Ministero i cui membri hanno ormai perso dimestichezza con la scuola, semmai ce l’abbiano mai avuta, oltre il periodo trascorsovi da studenti.
Tuttavia, la proposta del Governo ha il merito di aver scatenato un fermento intorno alla scuola che sta risvegliando dal torpore e dalla rassegnazione i lavoratori del settore, massacrati da anni di denigrazione della loro professione, anni di pseudo riforme che hanno solo tagliato ore di lezione, fondi e preziose risorse umane e professionali, anni di circolari ministeriali e pratiche burocratiche che ipocritamente hanno imposto inclusione e attenzione ai bisogni specifici senza un centesimo di copertura finanziaria, anni di aumento progressivo degli alunni per classe in barba alle normative sulla sicurezza e sulla personalizzazione della didattica, anni di blocco dei contratti che mortifica la dignità dei lavoratori, anni di scuole sempre più brutte, inospitali, insicure, anni di precariato infinito e di norme sul reclutamento contraddittorie….
Ma siccome crediamo in quello che facciamo, continuiamo a pensare che, nonostante tutto, la nostra scuola possa diventare davvero buona, giusta, bella e felice.
Affinché la nostra scuola sia buona occorrerebbe innanzitutto delineare e condividere il progetto educativo cui essa mira, promuovendo la collaborazione, la concertazione e il confronto sulle buone pratiche, avendo la concreta possibilità di sperimentare nuovi modelli didattici. Nella proposta del governo, invece, non è ben chiara l’idea di scuola che si vuole realizzare e non si parla di collaborazione ma, anzi, si spinge verso la competizione e l’individualismo come se nella scuola vigesse un’organizzazione tayloristica del lavoro e non operasse una comunità educante.
Per raggiungere questo obiettivo fondamentale bisognerebbe uscire dalla gabbia degli insegnamenti disciplinari della scuola secondaria che rendono i docenti troppo spesso autoreferenziali e lontani dall’idea di condivisione di un progetto didattico ed educativo cui la scuola dovrebbe tendere. Lavorare sul metodo, elaborare aree di progetto interdisciplinari, programmare periodicamente insieme e monitorare passo passo gli obiettivi raggiunti sono pratiche felici e ormai consolidate alla scuola d’infanzia e primaria ma lasciate all’iniziativa del singolo istituto o del singolo consiglio di classe alla secondaria. Certo, per cambiare rotta e quindi mentalità, servono i momenti d’incontro, per questo è imprescindibile una revisione del Contratto che comprenda non solo le ore frontali d’insegnamento ma anche la preparazione delle lezioni e delle verifiche, la correzione dei compiti e, ultimo ma non ultimo, le programmazioni, momento fondamentale di condivisione e di riflessione sul progetto educativo della scuola.
Solo così si potrebbe delineare un progetto di scuola, dall’Infanzia alla Superiore, un vero curricolo verticale che, al momento, rimane solo un’”indicazione” e, al di là dei buoni propositi, fatica a trovare applicazione. In particolare la scuola media cesserebbe di essere l’anello debole del sistema scolastico italiano e si armonizzerebbe con gli altri ordini in un progetto comune.
Nella Buona scuola del governo non si parla degli Ata, non si accenna all’organizzazione del lavoro, agli orari, alla carriera ecc., come se essi non facessero parte del capitale umano che compone la comunità scolastica e come se, per assurdo, in una scuola riformata la loro funzione non cambiasse di una virgola! Del resto è opportuno cominciare a pensare che i dirigenti non possono essere ridotti a manager, preoccupati solo a reperire fondi da finanziatori privati, ma essi hanno un ruolo fondamentale nella costruzione dell’identità dell’istituto e del suo progetto educativo.
Non si può parlare di riforma della scuola senza parlare di fondi. In una scuola pubblica e democratica è impensabile indicare come strutturale l’intervento di finanziamenti privati, perché è la nostra Costituzione che stabilisce che sia lo Stato a garantire su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali d’istruzione. La proposta del governo di trasformare le scuole in fondazioni o enti con autonomia patrimoniale snatura la scuola stessa il cui fine è e rimane didattico e culturale. Uno Stato che in tempo di crisi investe nella cultura e nella scuola è uno Stato lungimirante, che già ha individuato la strada per uscire dalla crisi. Tanto per fare un esempio, Singapore appena 50 anni fa aveva una popolazione analfabeta, era senza materie prime ed era sottosviluppata ed oggi è uno dei migliori sistemi economici del mondo: in un periodo di forte difficoltà economica la svolta è stata proprio investire sulla scuola.
Per una scuola giusta sono indispensabili i fondi per garantire una didattica inclusiva, attenta ai bisogni specifici, capace di coltivare i talenti di ognuno, promuovere le eccellenze e combattere la dispersione. Se non ci sono risorse: personale, spazi, strumenti, materiali, rimarranno gli slogan, le circolari ministeriali, la burocrazia e fallirà il progetto educativo della scuola e della società.
Per una scuola al passo coi tempi il governo giustamente propone la digitalizzazione delle funzioni amministrative e la promozione delle competenze tecnologiche fin dalla più tenera età. A costo di essere ripetitivi per noi sono indispensabili fondi strutturali per l’adeguamento dei sistemi operativi in tutte le scuole, l’adozione della banda larga, l’acquisto di pc di nuova generazione, il supporto di tecnici che possano risolvere i continui problemi che si verificano alla strumentazione e al sistema, l’attivazione di progetti di robotica educativa negli istituti superiori, la formazione e l’aggiornamento di tutto il personale.
Se non ci saranno certezze sul MOF, dovremo continuare a sopravvivere facendo il minimo indispensabile, eliminando progetti ed attività e chiedendo alle famiglie di contribuire “volontariamente” alle spese ordinarie.
Vogliamo una scuola giusta per tutto il personale, attraverso il riconoscimento sociale ed economico del suo valore. Ma dobbiamo uscire dalla tentazione di operare una valutazione del singolo – nodo cruciale della proposta del governo- perché essa contraddice il principio di comunità educante come segno distintivo di una scuola che abbia un senso e un progetto comune. Bisogna, semmai, stabilire degli standard professionali che i docenti devono possedere prima di fare il proprio ingresso nella scuola, verificati attraverso un sistema chiaro di selezione e valutazione del personale. Non è un caso che in uno dei migliori sistemi scolastici al mondo come quello finlandese la valutazione e la selezione (per altro severa) dei docenti avvenga prima dell’ingresso a scuola.
Ben venga la proposta del governo di stabilizzare i precari e di creare un organico funzionale– anche se, come sappiamo- l’assunzione è subordinata al turn over e non può superare l’organico stabilito per il 2011-12. Ma, affinché l’assunzione dei precari sia funzionale ad un modello di scuola con un progetto educativo, bisognerà superare il ruolo di supplenti e tappabuchi ventilato dalla Buona scuola, che non solo è mortificante per gli stessi docenti ma presenta difficoltà organizzative oggettive, non tanto alla primaria, quanto alla scuola secondaria nel caso il precario “stabilizzato” debba supplire un collega di un’altra disciplina: dove andrebbe a finire il progetto didattico degli alunni?
Pretendiamo una scuola sicura, dove non si continua a dare l’agibilità in deroga, dove non si rimandano all’infinito i lavori di ristrutturazione, dove il numero degli alunni per classe non supera quello stabilito per legge. Perché non ci può essere una scuola giusta senza sicurezza.
Ci piace immaginare una scuola bella, accogliente, colorata, con arredi e strumentazioni funzionali, tavoli e sedie comodi e delle giuste dimensioni, con spazi articolati, ampi dove svolgere le varie attività, edifici sani, luminosi, ben aerati e ben riscaldati, edifici senza le barriere architettoniche che sono un’offesa per chi non le può superare. Una scuola dove ognuno sta volentieri e si sente come a casa.
Solo così la scuola potrebbe aprirsi al territorio e diventare un centro di aggregazione e di promozione culturale.
Tutti noi vorremmo essere felici ed orgogliosi di lavorare nella scuola e vorremmo che lo fossero anche gli studenti e le loro famiglie. Solo riacquistando valore e senso la scuola potrebbe diventare la forza propulsiva per un cambiamento di rotta della società e ridare la speranza ai nostri ragazzi che non solo un futuro c’è ma che sarà anche bello.
Sogniamo troppo? Ci ha sfidato Lei, Signor Primo Ministro e, si sa, dalla tempesta di cervelli nascono sempre le idee migliori.