CAPIRE IL PASSATO È UTILE PER GUARDARE AL FUTURO?
Caro Leoni,
qualche settimana fa ha iniziato i lavori la quarta commissione sul caso Moro con presidente Giuseppe Fioroni, naturalmente con l’intento di fare finalmente luce sui numerosi aspetti ancora oscuri. Oggi giunge notizia di un’indagine della Procura di Roma a carico dell’americano Steve Pieczenik, ex funzionario del Dipartimento di Stato Usa e “superconsulente” del Ministro dell’Interno Cossiga nei giorni del sequestro. C’è chi dice che un Paese che guarda al passato non vede il futuro. Ma c’è chi sostiene il contrario, cioè che senza fare i conti col passato non c’è nessun futuro. Lei che ne pensa?
Amedeo G.
Caro Amedeo, se ne dicono tante. E si fanno affermazioni contraddittorie che non fanno altro che evidenziare la contraddittorietà di questo mondo. In ogni modo, se vogliono veramente far luce sugli aspetti oscuri dell’affaire Moro, si affidano proprio a Giuseppe Fioroni? Ma lo conoscono bene Giuseppe Fioroni?
LA PRESA IN GIRO DI COOP
Caro Leoni,
il presidente di Coop Centro Italia Giorgio Raggi ha detto che alla riapertura del punto COOP di Piazza del Commercio non ci pensa proprio. Ma l’altro giorno la COOP ha riaperto per un’ora per ottenere la proroga della licenza e impedire che altri ci mettano su qualcosa. Alcuni dell’opposizione insorgono, secondo me con ragione. Ma non dovrebbe essere una battaglia di tutti almeno per non essere presi in giro?
Giovanna T.
Cara Giovanna, si tratta di un dramma con quattro parti in commedia: i furboni (quelli della COOP), gl’ingannati (i commercianti), gl’indignati (quelli dell’opposizione) e gl’imbambolati (quelli della maggioranza). Gli ultimi sono i più prevedibili.
ROMOLO TIBERI? CHI ERA COSTUI?
Caro Barbabella,
lei è presidente di un club politico che s’ispira alla figura del senatore Romolo Tiberi, cui si riconosce storicamente un ruolo molto attivo nella definizione del tracciato dell’Autosole. Sia il COVIP che la famiglia Tiberi sono stati platealmente snobbati nell’organizzazione della celebrazione del cinquantenario dell’autostrada da parte del Comune. Ma che gli avete fatto a Germani?
Rosa Maria G.
Cara Rosa Maria, mi verrebbe da risponderle semplicemente con l’interiezione ‘boh’, che in questo caso esprime più incredulità che incertezza. Volendo escludere motivi personali e politici, non resta che pensare o ad un rodaggio che è ancora in corso o ad un qualche disguido. O magari ad un modo di fare, ormai largamente invalso, di lasciarsi portare dall’onda delle contingenze, evitando così di andare alla radice delle cose e di riconoscere i meriti. Problema serio, ma per il momento solo un’ipotesi. Altri fatti ci chiariranno presto di che cosa si tratta.
NEBBIE ORVIETANE
Caro Barbabella,
a Orvieto le scale mobili stanno ferme e le tasse salgono. Forse è perché vivo a Castel Giorgio e vedo le cose dall’alto, ma gli Orvietani mi sembrano sempre più annebbiati.
Carlo P.
Scusi, Carlo, ma non era stata scritta solo qualche settimana fa l’“Ode alla scala mobile risanata”? Mi sono distratto un attimo e siamo daccapo? No, sarà un’illusione ottica, o appunto la nebbia. Lei dice anche che sono aumentate le tasse. Guardi, inutile provocarmi, non ci casco. L’amico Gnagnarini ha parlato e tanto basta. Sì, c’è un po’ di nebbia, ma aspetti e vedrà, con l’inverno salirà ancor più e, più fitta, creerà le suggestioni di accorciamento della visione che agli orvietani piacciono tanto. Oppure, per stare ancora alle strane suggestioni di una strana città, se avrà pazienza, qualche mattina, scendendo giù da Buonviaggio e gettando uno sguardo nella vallata, potrà avere la sensazione di una nave che spunta su da un mare di nebbia. Forse le verrà voglia di saltarci sopra per partire senza clamore verso lidi lontani. Abbia coraggio, dia spazio al sogno, non si fermi solo perché magari le viene in mente il verso dantesco “nave sanza nocchiere in gran tempesta”.
Consigli non richiesti ai Sindaci
di Pier Luigi Leoni
Consapevole del mio carattere, non scelsi di comandare, ma di campare dando consigli a chi comanda. Perciò non ho mai invidiato gli uomini di potere e non li ho mai disprezzati; sovente ho voluto loro bene e sono stato ricambiato. Ho cercato di capire perché aspirassero a conseguire il potere e a conservarlo e ho concluso che hanno una molla che il sottoscritto, come la maggior parte degli esseri umani, non ha. La volontà di comando, come la carenza di tale ambizione, non sono né buone né cattive, anche se entrambe possono essere usate bene o male. Ho conosciuto gente divenuta potente per obbligo, o per ingenuità, o per vanità, o per concreto interesse, o per caso; ma si trattava di gente infelice. Ho conosciuto gente salda anche in situazioni di potere rese amare dalle rivalità o dalla sfortuna e perennemente nostalgica del potere perduto. Poiché conosco le difficoltà che attraversano i Comuni, e poiché non ho perso l’abitudine di dare consigli, anche se non richiesti, voglio fare omaggio ai signori Sindaci di alcune considerazioni, che sono preziose perché non sono mie, ma dell’Abbé Gaston Courtois (1897-1970). Non mi rivolgo agli assessori e ai consiglieri perché gli uni non hanno il compito di comandare, ma di aiutare il vero capo, e gli altri hanno solo il compito di indicare obiettivi di carattere generale e di controllare.
“Decidere è cosa da poco; ciò che importa è che le decisioni vengano eseguite. Per questo l’essere capo non si esaurisce nel comandare, ma consiste nello scegliere coloro che debbono realizzare, nell’educarli, animarli, sostenerli, controllarli…. Il capo è colui che nello stesso tempo sa farsi obbedire e sa farsi amare. Non è colui che viene imposto, è colui che s’impone… Un presidente, a qualunque cosa presieda, è per definizione non un uomo in piedi, ma un signore seduto che accorda le opinioni dei presieduti, e ne determina una preponderante maggioranza. Può essere abile, influente, ma non comanda, non è un capo…. Vuoi sapere chi è il vero capo in una organizzazione? Chiediti a chi verrebbe imputata la responsabilità in caso d’insuccesso… Il capo deve conoscere l’uomo in genere e, particolarmente, i propri uomini e, profondamente, i diretti subordinati. Deve tener sempre presente che i subordinati non sono dei meccanismi, ma delle volontà alle quali vanno spalancate le più larghe possibilità d’iniziativa individuale; solo così si ottiene lo zelo e l’ardore, invece della passività indifferente e meccanica… In ogni società ci sono tanti elementi di discordia quanti ne sono i membri, perché ciascuno vi partecipa con la ristrettezza del proprio egoismo… A qualsiasi gruppo umano occorre un capo che si faccia obbedire raggruppando gli sforzi che, se dispersi, rimarrebbero sterili. Non si deve seguire la pista indicata dal capo perché sia di per sé la migliore (ci sono spesso altre maniere di procedere, altrettanto buone) ma essa è buona perché lui l’indica e perché essa riuscirà ad ottenere l’unione feconda delle volontà e dei cuori… Per essere capi è necessario quell’amore del prossimo e quella preparazione che permette di conoscere l’uomo e di scrutare le intime pieghe delle anime. Bisogna appartenere a quella aristocrazia spirituale che ha per divisa «servire», ma servizio disinteressato, perseverante, coraggioso, che richiede convinzione, entusiasmo e carattere… Il capo è a servizio della comunità, ma questo non significa che esso sia ai suoi ordini. Egli è l’interprete del bene comune e, anche se è stato eletto, l’autorità di cui viene a essere il depositario gli attribuisce il diritto di comandare senza che ogni volta debba ricorrere alla persuasione e ai contatti personali… Ciò che distingue il capo è la volontà, il desiderio, il bisogno di agire sugli uomini per trasformarli, sollevarli, trascinarli verso qualcosa di più e di meglio…”