di Mario Tiberi
Potrà sembrare una pura coincidenza od anche un riflesso condizionato ma, quando il governo nazionale è a caccia di denaro liquido e prontamente esigibile, indirizza subito il suo sguardo verso il sistema previdenziale e pensionistico, oltre che verso la sanità pubblica e il lavoro dipendente.
Tutto infatti lascia intendere che, nonostante smentite e rassicurazioni, alla fine si batterà cassa proprio là dove non sono ulteriormente sostenibili aggiuntivi tagli e balzelli, oltre a quelli già in essere.
Il pensionato, tranne rare eccezioni, è sinonimo di persona anziana e, in quanto tale, più bisognosa di cure e attenzioni. Al di là di ogni altra considerazione, il ragionamento ha da vertere sulla circostanza che prelievi forzosi su redditi al limite della sopravvivenza possiedono in sé, prima di tutto il resto, una valenza al negativo di ordine morale e culturale. Non per saccenteria, ma è bene chiarirsi una volta per tutte su cosa deve intendersi per civile cultura.
Il termine cultura deriva dal paradigma latino “colo,colis,colui,cultum,colere”, con il significato di “coltivare, attendere con cura, dedicarsi con scrupolo e coscienza” alla edificazione di una società giusta, armonica ed equilibrata. Atti e provvedimenti, non coerenti con quanto sopra riportato, non possono che ingenerare ingiustizie e disuguaglianze a scapito precipuamente delle categorie sociali più deboli ed indifese. In tale contesto, si inserisce l’acuta questione di come debba intervenire il cosiddetto “Stato Sociale” per la massima possibile salvaguardia degli anziani, particolarmente quelli non o semi-autosufficienti.
Ma di ciò più diffusamente disserteremo in avvenire mentre, per il momento, è opportuno ritornare da dove si era partiti.
Le misure prospettate dal governo, in linea con la sua attuale politica antipopolare, sortirebbero immediatamente due nefasti effetti: da un lato amplierebbero oltre misura la platea dei tartassati in quanto supertassati, fino a comprendere trattamenti pensionistici di valore medio-basso; dall’altro inasprirebbero i prelevamenti fiscali su coloro che già li subiscono.
Basti sapere in estrema sintesi che, secondo un recente rapporto dell’OCSE, il prelievo di tasse e contributi sulle pensioni italiane è pari a circa il 24% e, cioè, quasi il doppio della media riscontrabile nelle nazioni aderenti all’OCSE stessa. Tali pessime condizioni innescano, inevitabilmente, un clima di sfiducia e di incertezza così da rendere impossibile qualunque programmazione di vita per un pensionato-tipo, con negativi effetti sui consumi di beni e servizi sia per la riduzione reale del reddito e, quindi, del suo potere d’acquisto e sia per la conseguente ricaduta di natura psicologica.
Il Presidente del Consiglio Renzi, come per altre vicende, appare ondivago e titubante su un tema di così rilevante portata: mesi fa sembrava orientato verso una rimodulazione tra il sistema retributivo e quello contributivo, con un passaggio intermedio a forma mista prima della sostituzione definitiva del primo a favore del secondo e, comunque, senza alcun effetto retroattivo; più recentemente pare stia spostando l’asse della manovra verso un’accelerazione dei ricalcoli sulla base dei contributi effettivamente versati, realizzando così d’un sol colpo vitalizi ad ammontare decrescente. In barba alle sbandierate tutele crescenti!
Ecco perché mi sono preso la licenza di chiedermi se i pensionati sono una specie in via di estinzione: ma perché, essendo il bersaglio più agevole da colpire, colpisci oggi e colpisci domani prima o poi li si estinguerà!