ORVIETO – A dare buoni consigli ci prova da almeno una trentina d’anni. Gianni Cardinali in un’intervista datata 2009 che risulta ancora incredibilmente attuale. La riproponiamo dopo che Cardinali stesso l’ha rilanciata sul suo profilo Facebook.
Giugno 2009
In una precedente intervista sull’urbanistica orvietana affermò che il centro storico è ormai vecchio in tutti i sensi e non è più una città.
E’ vero; aggiunsi anche che la città non è soltanto stato fisico ma è fatta di persone che pensano, si confrontano, commerciano, ecc, ecc. Dissi anche che Orvieto era città quando era quasi tutta concentrata nel centro storico con 8000 – 9000 abitanti, che vivevano, forse un po’ affollati, dentro abitazioni ben diverse dagli appartamenti della nuova edilizia, comunicavano l’uno con l’altro, si aiutavano vicendevolmente, badavano ai figli reciprocamente, i bambini giocavano nelle strade e andavano a scuola a piedi, con gli artigiani e i commercianti che svolgevano servizi vitali e non esistevano ancora i “consumatori”.
Ammesso che sia così ed ammesso che si fermi la nuova edilizia, come ritiene si possa recuperare un bene prezioso come il centro storico?
Intanto riflettendo su quanto è accaduto negli ultimi 35 anni a prescindere dall’eccessiva ed irrazionale espansione edilizia.
E’ incredibile come l’operazione abbandono sia coincisa, dall’inizio del 1970, con il rinunciare alle scuole superiori per portarle in quello che allora si volle contrabbandare con un “campus” a Ciconia, e con i primi provvedimenti relativi al consolidamento della rupe.
Non va dimenticata la ex Smef, inopinatamente ridotta ad una sorta di enclave extraterritoriale e la caserma Piave, che già nel 1999, poteva essere inserita nel piano regolatore.
Per i giovani ed i meno attenti non è tutto così chiaro!
Quella delle scuole è stata una battaglia persa, anche dal sottoscritto, che insieme a non molti altri, fin dai primi anni ’70 si battè perché le scuole rimanessero il più possibile nel centro storico.
In Provincia venne imposto il “campus” e la classe politica orvietana obbedì per la gran parte.
Più tardi, la ex Smef, con amministratori più avveduti e più battaglieri, sarebbe potuta benissimo diventare un interessante polo scolastico, oltre che un luogo aperto alla città.
Non va dimenticato il fatto che, in tutto questo periodo, si stava elaborando un piano per il recupero della funicolare, avvenuto nel 1990, e quello del parcheggio di campo boario con relativi ascensore e scale mobili poco utilizzate per mancanza di utenza.
Può chiarire meglio associando il vario argomentare?
Voglio dire che, se le scuole fossero rimaste nel centro storico, comprese anche nella ex Smef, il sistema per accedere alla rupe sarebbe stato sufficiente a servire tutte le necessità, con vantaggi culturali, per il fatto che gli studenti sarebbero stati sempre in contatto con una realtà storica di grande pregio, ed economici, per il mantenimento di esercizi commerciali in poco tempo definitivamente scomparsi.
Per quanto riguarda la Piave, non dimenticando che ipotesi interessanti furono elaborate fin dal ’99, avremmo guadagnato dieci anni che, per quanto accaduto, non sono sembrati dei migliori.
Sempre per chiarire ancora: un cenno sulla legge per Orvieto e Todi?
Qualcuno spara a zero come se fosse stata una occasione perduta. I soldi sono stati tanti e, almeno per quanto riguarda il consolidamento, i risultati ci sono. La rupe è consolidata, è stato rifatto il sistema fognario e l’acquedotto, sono state rifatte le strade con i sampietrini anche dove era stato messo l’asfalto. Alla fine degli anni ’80, una buona parte di quel denaro venne destinata anche ai beni culturali, con interventi diffusi a partire dal teatro e dal palazzo dei Sette.
A mio parere, se si esclude il teatro, ben restaurato e funzionale fin dall’inizio, per il resto, si ha la netta sensazione che abbiamo avuto a che fare più con spese piuttosto che investimenti.
Si rifletta, ad esempio, sull’uso che si fa del palazzo dei Sette e si comprende cosa voglio dire.
L’analisi è chiara ma le prospettive?
Intanto diciamo che il centro storico di Orvieto, a differenza dei tanti altri simili, è sostanzialmente in pianura piuttosto che un saliscendi, come Spoleto, Gubbio, Assisi. Ci si rifletta: non è cosa da poco. Si può andare a piedi ed anche in bicicletta. Se poi venisse incentivato l’uso della bicicletta con la pedalata assistita, assisteremmo ad una rivoluzione della mobilità. Se la città venisse chiusa definitivamente al traffico, un piccolo mezzo che, in continuo, servisse piazza Cahen e piazza della Repubblica passando per Corso Cavour, risolverebbe una infinità di problemi.
Per il resto occorrerebbe la bacchetta magica perché non si può pensare chi se ne è andato a Sferracavallo o a Ciconia possa ritornare.
Occorre dire che stanno tornando dei pensionati che hanno lavorato fuori Orvieto.
Il fenomeno è interessante ma contribuisce all’invecchiamento, compreso il mio, che non dà certo vigoria per il futuro.
A questo punto rimane la caserma che caratterizza un dubbio amletico: e’ una risorsa o un peso?
Sembra ovvio che debba essere una risorsa!
Sembrerebbe ovvio! Se dieci anni fa, fossero iniziate le procedure aperte per concederla gratuitamente, in parte o in toto, a chi volesse insediare attività che procurassero lavoro, tenendo conto della vicinanza con Roma e dei vantaggi della comunicazione ferroviaria e stradale, oggi, con molta probabilità avremmo già visto dei cambiamenti. In dieci anni si possono fare cambiamenti epocali. La storia recente la conosciamo ed è piuttosto deprimente. Siamo vicini ad un nuovo periodo amministrativo non invidiabile per nessuno. Perché la Piave possa essere una risorsa occorrono investimenti intelligenti, per questo duraturi, che richiedano lavoro di qualità, che possa trattenere le risorse migliori che produce la nostra scuola. Se riuscisse a richiamare giovani da fuori occorre essere aperti perché è il solo modo per ipotizzare una nuova popolazione per il centro storico. Mi batterei come un leone per impedire che al suo posto si possano realizzare nuove unità abitative. Quello che c’è è anche troppo. E’ sufficiente passeggiare per il centro con gli occhi rivolti alle finestre per rendersene conto.
Sulla risorsa turismo cosa ipotizza?
Intanto lavorare sui particolari, comportarsi come se fosse il nostro più prezioso gioiello. Per questo non basta la buona amministrazione! Poi lavorare per le opzioni senza gelosie. A questo proposito mi vengono in mente tre esempi: il vicolo degli artigiani, il vicolo dei Michelangeli e il pozzo della Cava. Ricordo che in passato, molte persone storcevano il naso perché Michelangeli usava il vicolo pubblico come se fosse proprietà privata: magari tutti partecipassero a gestire i vicoli per i propri interessi che poi sono gli interessi di tutti. Sul pozzo della Cava, posso dire che, in tempi non sospetti, ho fatto i complimenti a Marco Sciarra, uno dei miei tanti studenti in gamba, per avere scelto di rimanere ad Orvieto valorizzando un luogo che è divenuta una delle attrattive per i visitatori del centro storico. Se non ci sarà una nuova “fraternità”, nel senso di capire che il bene del nostro vicino è anche il bene nostro, non andremo da nessuna parte. Aggiungo che, un pur splendido centro storico, circondato da un disordine inaudito, come quello visibile dall’ingresso dell’autostrada, non produrrà speranze. Per questo occorre lavorare su molti fronti che riguardano la cultura di tutti e l’educazione.
Gianni Cardinali