I Rupestri, intesi come tutte le popolazioni che vivono su alture naturali e rupi, sono antropologicamente quelle che, dalla notte dei tempi, hanno deciso di ergersi su un cucuzzolo con scopo di iniziale protezione e difesa, nella convinzione, forse presunzione, di avere così tutto sotto controllo grazie ad una posizione alta e privilegiata.
Da tale punto di vista, forse troppo in alto e privilegiato da divenire anche troppo lontano dal resto del mondo civile, non si accorsero che esso si evolveva attraverso il confronto e lo scambio, la visione e la condivisione, anziché arroccandosi in posizioni di chiusura, diniego o antagonismo, talvolta anche cittadino.
La scelta di sfruttare un’altura naturale conferma anche una certa avversione nel “rimboccarsi le maniche e darsi da fare” accontentandosi di ciò che è stato già fatto, (piuttosto che impegnarsi, costruire e sviluppare qualcosa di nuovo) ed usandolo per un tempo il più lungo possibile.
Quasi da subito, anche i Rupestri, come tutte le altre popolazioni evolute, hanno eletto come propri rappresentanti alcuni individui della propria Polis (città, comunità), dando così vita alle prime forme di homo politicus, nel nostro caso, orvietanus.
Ancora ai giorni nostri si individua nella nostra comunità, poco rassicurata e mal rappresentata dal moderno uomo politico orvietano, un certo approccio guardingo e chiuso, che ha forse dato vita (ma qui le fonti storiche sono incerte) anche al detto popolare del “finché dura fa verdura”.
Difatti la specie del politico orvietano sembra da sempre, come ora, possedere una Vision (capacità di visione politica, intellettuale o sociale) che non valichi le impervie catene montuose del Peglia e di Buonviaggio, che non attraversi le perigliose acque del Paglia e dell’oasi di Alviano, che non si addentri nella piana desertica che porta fino agli ignoti territori di Fabro.
Insomma, noi Orvietani siamo fatti come siamo fatti, perché siamo Rupestri.
Perciò la “colpa” di tutto e solo della Rupe, e nient’altro!
Anche i nostri politici, poveretti, non hanno alcuna colpa, prima di tutto perché sono esseri umani, debolezze comprese, ma anche perché, loro malgrado, sono Rupestri!
Conclusioni:
Reprimere e non educare, condannare e non proporre, criticare e non risolvere, abusare e non realizzare, queste sono le speciali abilità della politica orvietana, da sempre avvezza alla retorica, ma per nulla incline al pragmatismo sociale e collettivo.
Per invertire questa diffusa ed incessante involuzione antropologica della società e della politica orvietana, ci vorrebbe un po’ di capacità comunicativa, gestionale e di condivisione nell’interesse di tutti, agendo sui macro-problemi della città e della cittadinanza come su piani moralmente e civilmente più elevati, con dedizione vera, disinteressata, ed abbandonando, una volta per tutte, le logiche di “curare ognuno sempre e solamente il proprio orticello”.
Ah, dimenticavo, ci vorrebbe anche un po’ di Buonsenso, attitudine quasi sempre sconosciuta alle “reggenze” orvietane.