di Vittorio Fagioli, referente pro-tempore Rete Nazionale NO Geotermia Elettrica Speculativa e Inquinante
Dopo l’opposizione dei cittadini e delle amministrazioni comunali dell’Alfina al progetto di impianto geotermico di Castel Giorgio, anche in Val d’Orcia, dove si vorrebbe installare il secondo dei dieci impianti geotermici pilota del piano Berlusconi-Scajola, è rivolta.
Centinaia le osservazioni al progetto inviate al Ministero dell’Ambiente da parte di cittadini ed anche dei comuni (che pure in passato avevano accettato la invasiva geotermia dell’Amiata) in difesa di uno dei distretti agroalimentari più importante del Paese e in una area tutelata dall’Unesco. Anche la Regione Toscana, da anni in difesa strenua della geotermia, sembra gettare la spugna e così dopo aver inviato preoccupate osservazioni al Ministero dichiara per bocca del suo assessore all’Ambiente Anna Rita Bramerini che la Regione di fronte alle numerose richieste (non dimentichiamo foraggiate da elevatissimi incentivi pagati sulle bollette elettriche dei cittadini e delle imprese italiane) “sta elaborando una proposta di aree non idonee per la geotermia…distinguendo le zone della Toscana dove sarà possibile presentare progetti, da quelle in cui sarà sconsigliato farlo”.
E saranno gli stessi motivi per cui chiediamo da anni all’assessore Rometti di inserire l’Alfina nelle “aree non idonee” alla geotermia (sull’Alfina oltre al progetto della società capitanata da Barberi ci sono i due impianti richiesti da Toscogeo nei comuni di Orvieto, Castel Giorgio e Castel Viscardo) data almeno la sua fragilità sismotettonica -che ha portato l’ENEL ad abbandonare i propri progetti nel passato-la vulnerabilità del suo importante acquifero, la sua economia legata al turismo e agricoltura. La legislazione umbra infatti non prevede ad oggi effettive “aree non idonee” alla geotermia. Ora che anche la “patria della geotermia” ci è arrivata, il nostro assessore regionale –di fronte alla dura posizione dei cittadini e dei sindaci dei centri dell’Alfina e del vicino lago di Bolsena che verrebbe coinvolto dall’impianto umbro- dovrebbe senza por tempo in mezzo riaprire il Regolamento n. 7 che disciplina le “aree non idonee” –anche su sollecitazione delle amministrazioni comunali che invitiamo ad intervenire in tal senso- e copiare almeno quanto sta facendo la Toscana.
Prima lo farà e meglio sarà (c’è anche la annosa vicenda “eolico sul Peglia” da chiudere), a meno che il nostro assessore non vorrà condurre la campagna elettorale delle prossime amministrative contro i sindaci e le popolazioni dell’Orvietano.
Lo stesso Governo sta valutando il fallimento del piano di Scajola e sono previsti grossi sviluppi nella vertenza come discuterà la Rete Nazionale No Geotermia Elettrica Speculativa e Inquinante il prossimo 5 ottobre ad Orvieto nella Sala del Governatore a partire dalle ore 10,30. Non si può infatti –come abbiamo più volte sostenuto con il Governo-portare avanti un piano di espansione della geotermia che appare procedere in modo frettoloso, improvvisato e per giunta a dispetto delle popolazioni locali. Laddove la geotermia è praticabile e sostenibile, occorre fornire ai cittadini proposte valide, mostrare con sincerità ed onestà i problemi e convincerle nei vantaggi di queste tecnologie. Per averne il consenso. Non ci si può basare solo sul consenso di strutture politiche spesso troppo sensibili al lavoro lobbistico delle imprese. Serve una nuova normativa, sia a livello nazionale che regionale, che pianifichi le aree di sfruttamento geotermico e definisca le zone a rischio e quelle non adatte a tali insediamenti industriali a salvaguardia delle economie già esistenti, nelle quali questo sfruttamento non può avvenire.
Basta con la geotermia elettrica speculativa, limitiamo l’uso della geotermia alla bassa entalpia (pompe di calore) ed ai fini termali, non c’è alcun bisogno di produrre ancora energia elettrica da tale fonte né da altra, essendo una delle cose che oggi in questo Paese, in calo di consumi, non manca.
Non possiamo permetterci di affossare le economie già realizzate e l’ambiente dei nostri territori per ingrossare –dentro la crisi che attanaglia il Paese- i conti in banca di aziende interessate solo ai lauti guadagni garantiti dal piano Berlusconi-Scajola.