LA SCUOLA DIMENTICATA
Caro Leoni,
anche lei si sarà accorto che nessun assessore fino ad oggi ha avuto la delega all’istruzione. E così un non meglio identificato Scolasticus ha “cinguettato”: “hanno fatto sparire la scuola!”. Ora però pare che il sindaco voglia porre rimedio a questa imbarazzante “dimenticanza”, di cui a dire il vero non si sono accorti nemmeno presidi e professori (forse perché non serve l’assessore o perché non serve la scuola?): attribuirà la delega al vicesindaco Cristina Croce. La quale si è affrettata a dichiarare che si impegnerà a fondo e metterà le cose a posto. Un po’ come Renzi per l’Italia. Caro Leoni, io so che lei preferirebbe la descolarizzazione, perché ognuno possa imparare liberamente ciò che gli serve. Visto lo stato a cui la scuola è stata ridotta (si ha un bel dire, ci si era proprio scordati che un comune si deve occupare anche di scuola!), il risultato che lei desidera sembrava a portata di mano. Ma se Cristina Croce mette a posto le cose il suo sogno sfuma. Perciò non le rimane che fermare l’assessore Croce. Lo farà? O lascerà anche lei che le cose vadano come devono andare? Non se la cavi con qualche facile battuta!
(Il dispettoso)
Se lei fosse veramente curioso di una mia risposta non porrebbe quesiti così complessi che lasciano trasparire che lei ha già la risposta. Quanto al vice-sindaco Croce, mi sembra ovvio che abbia l’ambizione di fare bella figura. Ma la mia lunga esperienza amministrativa nei comuni mi ha insegnato che, se uno ha voglia di fare bella figura e si mette a fare l’amministratore comunale, è quasi sempre destinato alla delusione.
GLI OCCHI PUNTATI SU ORVIETO
Caro Leoni,
quest’estate pare che tutti abbiano puntato gli occhi su Orvieto. Maria Laura Rodotà si è accorta che gli orvietani deturpano la piazza del loro magnifico Duomo con macchine che passano e che sostano e con oggettistica di cattivo gusto esposta fuori dai negozi. La Repubblica ha riportato in bella vista il risultato dell’indagine del commissario straordinario alla spending review Carlo Cottarelli sulle partecipate dei comuni italiani da cui emerge che il Consorzio Crescendo si è trasformato in Consorzio Perdendo. E poi il web impazza per la storia dei poveri cani che non possono fare i loro bisogni sulle aiuole. Allora, secondo lei che succede? È un’attenzione giustificata? O non è che già sono iniziate le manovre per far fuori la nuova amministrazione!
(Il periscopio)
Le manovre per far fuori la nuova amministrazione sono scattate appena si è profilato il risultato del ballottaggio. Così funziona la democrazia. L’attenzione della stampa a certi problemi come il traffico in piazza del Duomo e i cani nei giardini pubblici di Orvieto, mi sembra dovuta, più che all’interesse per la nostra città, alla povertà estiva di notizie. Più serio il problema del consorzio Crescendo, che è finito nel mirino di Cottarelli per il disavanzo che non è riuscito a nascondere fra le pieghe del bilancio. La serietà dipende dal fatto che la pezza principale ce la dovrà mettere il Comune di Orvieto.
VIGILI SUBURBANI
Caro Barbabella,
dicono i maligni che, con la nuova amministrazione, i vigili urbani sembrano divenuti suburbani. Naturalmente si riferiscono al fatto che l’amministrazione comunale ha vinto coi voti del suburbio e conseguentemente se ne preoccupa. Io non ho tempo libero per controllare dove vanno i vigili; ma lei, essendo in pensione, ha più tempo di circolare. Che le risulta?
(cittadino urbano)
Vecchia storia questa del centro storico trascurato dai vigili a favore delle zone suburbane, compensata dalla storia parallela delle zone suburbane trascurate dai vigili a favore del centro storico. Sappiamo tutti, ma spesso ce ne dimentichiamo, che “non si possono fare le nozze con i fichi secchi”: le esigenze di controllo del territorio aumentano, i servizi di istituto restano pesanti, ma il personale è sempre troppo scarso e l’organizzazione della risposta alle domande dei cittadini è difficile che possa essere soddisfacente. A questo si aggiunga la predisposizione di molti a leggere la realtà dalla propria personale ottica. Quanto poi al fatto che essendo io pensionato posso girare e rendermi conto di come stanno le cose, mi limito a farle notare che: 1. Ci mancherebbe pure che mi mettessi a vigilare i vigilanti! 2. D’altronde per me essere pensionato significa semplicemente aver finito un’esperienza di lavoro per spaziare in altri campi, ciò che mi impegna in ben altro che non andare in giro a bighellonare. 3. E poi, se coltivare impressioni maldicenti fa bene a chi le pratica, perché arrecare disturbo, sapendo peraltro che non cambierebbe nulla?
TURISTI SPAESATI
Caro Barbabella,
quest’anno, l’affluenza estiva di visitatori nel centro storico di Orvieto mi sembra eccezionale, a cominciare dai turisti faidaté. Ma, se aumentano i turisti, aumentano anche i turisti spaesati. La segnaletica rimane scarsa e mal fatta. Mi capita spesso di sentirmi domandare, a Piazza Cahen, dove si trova il pozzo di San Patrizio. Che ne pensa?
(guida faidaté)
Chiunque potrebbe aver avuto la stessa sua impressione: tanti turisti in giro per la città, molti tipo faidaté, molti spaesati in cerca di qualcosa. Non saprei dire se quest’anno si è trattato di un afflusso particolarmente rilevante rispetto ad altri periodi – questo ce lo diranno le statistiche a consuntivo, ammesso che vi siano strumenti credibili di rilevazione dei flussi al di là dei dati forniti dagli alberghi – ma è certo che il disorientamento esiste ed è spesso sconcertante. Rilevo sulla questione due aspetti, uno soggettivo, l’altro oggettivo. L’aspetto soggettivo: molti visitatori sembrano piombati giù da Marte, distratti, fermi in crocchio, dimentichi apparentemente che esistono altri con i loro stessi diritti. Difficile immaginare che appartengano alla specie sempre informata, che sa dove va e perché ci va. C’è però anche e soprattutto l’aspetto oggettivo: non solo mancanza di segnaletica adeguata, ma assenza di un vero e proprio sistema di città turistica che accoglie, informa, invita ad una visita che rispetta le diverse esigenze e crea le condizioni perché da un soggiorno soddisfacente nasca il bisogno di ritornare. Vogliamo anche dire del traffico e della sosta? O vogliamo dire dell’arredo urbano? Possiamo parlare, senza che nessuno si offenda, di anarchia, di caotica confusione, quasi di disorientamento programmato? Sinceramente soffro a vedere la mia città ridotta così. Le città che vogliono dirsi tali sono un’altra cosa, soprattutto se vogliono essere città turistiche.
Scuola. Inizia un nuovo anno. Ma dove sono le novità?
di Franco Raimondo Barbabella
Oggi inizia il nuovo anno scolastico, e come ogni inizio anche questo porta con sé la speranza di futuro. D’altronde scuola significa, o dovrebbe significare, conoscenza che si fa sapere, che è di per sé esplorazione, ricerca, conquista di ciò che prima non c’era o anche rivisitazione e trasformazione di ciò che c’era anche prima in altro modo. Ma è questa la scuola reale? La speranza di futuro ha oggi fondamento? Non bisogna esagerare con i giudizi liquidatori che vanno tanto di moda, perché nella realtà le energie positive e la voglia di rinnovamento sono più diffuse di quanto normalmente si creda. Il fatto però è che da troppo tempo non si vede una politica della scuola degna di questo nome. E si promette senza essere poi coerenti. Con conseguente generale disillusione.
Si può dire che l’ultima volta che si è avuta la percezione di un ministro che aveva un’idea di scuola da adeguare ai sistemi dei più importanti paesi europei è stato con Luigi Berlinguer. Da allora interventi improvvisati, un andirivieni di riformette contraddittorie, fino alla poltiglia degli ultimi governi. Come meravigliarsi dunque del clima di scoraggiamento e di rassegnazione che si respira quando si parla con gli operatori scolastici, anche i più preparati ed avveduti? Anzi, si respira in modo evidente proprio quando si parla con questi, perché coloro che non amano le novità e vanno avanti alla stracca in questo clima ci sguazzano alla grande.
C’è la speranza che qualcosa cambi con il governo Renzi e il ministro Giannini? Dopo la partenza con promesse di grandi novità tradottesi poi in modesti interventi di edilizia scolastica e dopo i più recenti annunci di mirabolanti riforme tradottisi per ora in qualche affermazione di principio e nel rinvio delle decisioni, lo scetticismo è d’obbligo. Tanto più che, anche qualora dovessero prendere corpo le promesse annunciate, si resterebbe non so quanto lontani da necessità di cambiamento che definire mature è dire banalità.
Ho partecipato nei giorni scorsi ad un seminario internazionale organizzato da ADi (l’Associazione dei Docenti e dei Dirigenti scolastici italiani di cui sono presidente per l’Umbria e membro del Consiglio Nazionale) dal titolo emblematico: “Il segreto è l’equilibrio”. Titolo emblematico perché nella situazione stagnante di oggi gli squilibri sono enormi e in crescita su ogni piano: la condizione dei docenti, la funzione di direzione, la didattica, le strutture, l’organizzazione, le competenze, il rapporto con la società e con il lavoro. Perciò cercare un equilibrio che dia di nuovo alla scuola quella funzione essenziale di creazione di futuro che è nella sua stessa natura istituzionale rappresenta una vera sfida. E ADi, come fa sempre con i suoi seminari, ha ancora una volta lanciato una sfida di vero rinnovamento.
Peraltro rinnovamento possibile, se affrontato con lucidità e coraggio. Con scelte chiare: autonomia come idea dominante (autonomia degli istituti scolastici, conseguente legame con le autonomie locali, valutazione dei risultati rispetto ai dati di partenza e agli obiettivi); equità/ personalizzazione/ opzionalità, contrapposte a uguaglianza e uniformità; valorizzazione della cultura del lavoro; stato giuridico dei docenti (niente sanatorie, reclutamento decentrato e tirocinio, valutazione del merito e differenziazione di carriera); politica del personale funzionale all’educazione e non all’assunzione; decentralizzazione contro centralismo burocratico. E con quattro priorità (contrapposte alla logica della chincaglieria scolastica che da alcuni anni sembra appassionare ministri e governi privi di idee innovative): 1. Stato giuridico, che dia la possibilità di realizzare progetti avanzati; 2. Istruzione professionale (regionalizzazione, alternanza, ecc.); 3. Quadriennalità dei percorsi secondari di 2° grado (per uscita dalla scuola a 18 anni); 4. Istituti a statuto speciale (sperimentazione subito), contrapposti a nuove riforme globali che non decollano mai.
Come si vede, impianto chiaro e coerente, frutto di un lungo lavoro (16 anni di convegni, riflessioni, confronti tra esperti internazionali di sistemi scolastici funzionanti). Riforme possibili, oltre che necessarie, per dare nuovo fiato ad una scuola in depressione come è in depressione il Paese. L’ADi è una piccola associazione professionale, ma è davvero autonoma e tutt’altro che corporativa, libera da lacci e condizionamenti, e quindi può parlare il linguaggio delle vere riforme. Non si può certo pretendere che le cose vadano come indica ADi. Ci accontenteremmo tuttavia che il governo desse finalmente prova di autentica, coraggiosa, determinata, volontà riformatrice. Una scuola lasciata al suo destino rischia di diventare presto del tutto inutile.
Per porre domande a Leoni e Barbabella invire una e-mail all’indirizzo redazione@orvietosi.it con oggetto: Lettere provinciali.