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Home LETTERE PROVINCIALI

LETTERE PROVINCIALI 22 settembre 2014 n°6

Redazione by Redazione
23 Settembre 2014
in LETTERE PROVINCIALI, Archivio notizie
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FUNICOLARE E PARCHEGGI: GESTIONE, MEGLIO PUBBLICA O PRIVATA?

Caro Barbabella,

la funicolare è indubbiamente strategica in qualsiasi piano di rimodulazione del traffico e dei trasporti orvietani. Si parla di gestione diretta da parte del Comune come di un toccasana finanziario, come lo è la gestione diretta dei parcheggi. Non le sembra che una cosa sia la gestione dei parcheggi, che consiste nell’incassare soldi e poco più, e altra cosa sia gestire una vera e propria azienda con pesanti problemi di personale e di manutenzioni?

Alberto

Io sono stato sempre convinto che il pubblico può funzionare quanto e meglio del privato, e mi sono impegnato a dimostrarlo anche in pratica. Sistema della mobilità urbana e della sosta non fanno eccezione. Certo, c’è differenza tra parcheggi e funicolare o scale mobili, ma quello che conta è il sistema nella sua interezza ed è a questo che bisogna fare riferimento quando se ne pianificano i costi di gestione. Considero dunque non da oggi la gestione diretta da parte del comune di funicolare, scale mobili e parcheggi, una scelta saggia e doverosa, sia dal punto di vista economico che da quello funzionale. Si tratta di un servizio, e i servizi debbono funzionare. Perché ciò avvenga è necessario che ognuno sappia fare il suo mestiere e voglia fare il suo dovere. Naturalmente gli addetti e gli amministratori, ma anche i cittadini, ai quali spetta sia l’uso corretto che la denuncia delle eventuali disfunzioni.

Caro Barbabella,

lei ha garbatamente rispolverato la sua proposta di ricorso alla falconeria per ridurre i piccioni in Orvieto. I falchi hanno la vista acuta e l’azione rapida; servirebbero amministratori con le doti dei falchi per risolvere i problemi. Ovviamente occorre un periodo di addestramento; quanto prevede che durerà l’addestramento per i nuovi amministratori di Orvieto? Non parlo certo di Gnagnarini, che da un bel po’ volteggiava minaccioso sui problemi orvietani.

Attilio

 

In un’epoca come la nostra, caratterizzata da tentativi sempre più spinti di umanizzazione degli animali, l’idea che si possa anche immaginare l’“animalizzazione” dell’uomo (addirittura al di là della sua naturale animalità) mi sembra piuttosto interessante. Temo tuttavia che si tratti di pura esercitazione teorica. Infatti, non solo è ovvio che, mentre l’uomo può addestrare il falco, il falco non può addestrare l’uomo, ma è anche vero che, mentre nei rapaci vista acuta e azione rapida sono caratteri naturali, non lo sono negli uomini, che appunto possono averli o non averli, e quando non li hanno non è detto che possano acquisirli con l’addestramento, per quanto siano bravi i maestri (qualora ci siano e siano utilizzati), e disponibili ad apprendere gli allievi. Vede, caro sig. Attilio, come sono complicate anche le cose che ad un primo sguardo appaiono del tutto semplici? Capisco tuttavia che fin qui la mia risposta potrebbe sembrarle parziale e sibillina, e dunque, per non darle l’impressione di voler sfuggire al punto, le dirò francamente che quello che conta è sempre la prova dei fatti. Perciò non azzarderò previsioni di nessun tipo, né di necessità, né di tempi, né tanto meno di tipologie di insegnamento/ apprendimento. D’altronde sia chi ha scelto che chi è stato scelto sapeva ciò che faceva. In particolare sapeva che il popolo vuole che si governi, e si governi bene. Addestramento o no, lungo o corto, conteranno perciò le risposte. Comprese quelle di Gnagnarini, del quale non posso non rilevare con piacere l’apprezzamento, seppure a distanza di trent’anni, del “Progetto Orvieto” e il tentativo di riproporne la logica mediante la valorizzazione pianificata dei beni culturali, che spero tuttavia non sia schiacciata su pure esigenze di bilancio ma, appunto come era nel “Progetto Orvieto”, abbia il respiro di una politica generale di rilancio del ruolo della città e del suo territorio.

 

RENZI GIÀ IN DECLINO?

Caro Leoni,

Renzi si era presentato come quello che in quattro e quattr’otto risolve problemi che stavano lì fermi da decenni per interessi di casta e incapacità di governo. Ma le cose non vanno: l’annuncite stanca, gli ottanta sono un flop, il 67% degli italiani dice che non manterrà le promesse; e poi l’economia va indietro, l’Europa non gli da retta, i sindacati ce l’ha contro, il padre è sotto inchiesta. Lei che dice, il ragazzo di Firenze è già sulla via del tramonto? Per noi della sinistra sarebbe una bella notizia, ma per lei che si dichiara di destra?

Vladimiro

 Il giovane premier sta facendo un gioco molto pericoloso, ma temo che sia l’unico gioco possibile: sta provocando la magistratura più lenta e politicante del continente e i sindacati più beceri e conservatori del mondo. La sua arma è lo spauracchio delle elezioni anticipate a una nazione atterrita dalla recessione e a un parlamento fatto di gente che sa di non meritare i posti che occupa. Forse lo faranno fuori o forse lui, con l’aiuto dell’elettorato, farà fuori loro. Ma sinceramente, se fossi al posto suo, farei pressappoco le stesse cose. Quanto al babbo di Renzi, parafrasando Re Vittorio Emanuele II, le faccio notare che un sigaro toscano e un avviso di garanzia non si negano a nessuno.

 

LE DROGHE: UN TRISTE PRIMATO PER L’UMBRIA

Caro Leoni,

la relazione annuale del Dipartimento delle politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri evidenzia che anche nel 2013 l’Umbria risulta essere la regione con il più alto tasso di mortalità correlata alla droga, ciò che non stupisce se si pensa a quello che dice il rapporto sulla situazione della regione per quanto riguarda il consumo di sostanze. Eccone un passo: “Le indagini sulle acque reflue confermano il livello abnorme di consumo di stupefacenti a Perugia e in tutta la regione. In questo caso gli acquirenti che giungono da altre città incidono ben poco, segno che c’è moltissimo da fare nel campo del contrasto e che non ci si può accontentare dei numerosi arresti messi a segno dalle forze dell’ordine, né delle lodevoli cene antispaccio dei cittadini. Bisogna fare di più e in fretta”. Io penso che dovremmo preoccuparci anche dalle nostre parti, ma non vedo in atto niente che ci può rendere tranquilli. Secondo lei che vuol dire “fare di più e in fretta? Non si dovrebbe dire anche fare meglio?

Caterina, una madre

 Fa bene ad essere preoccupata, perché il problema delle tossicodipendenze è molto intricato e coinvolge anche soggetti che sembrano insospettabili. Girano troppi soldi e i tossicodipendenti non sono solo giovani e non sono solo degli sbandati. È un male insidioso che non può essere radicalmente estirpato. Si può solo arginarlo con la minaccia e l’applicazione delle sanzioni e con l’incoraggiamento delle cure mediche e psicologiche. In una regione come l’Umbria, dove la criminalità comune, organizzata o meno, dà poco lavoro alla polizia e alla magistratura, perché la droga è così diffusa? È sufficiente la spiegazione dell’infezione da parte di Roma e degli universitari stranieri? Credo che la mitezza e la malinconia degli Umbri li renda particolarmente fragili.

 

leoni20000909L’elzeviro della settimana

 Accattonaggio e razzismo

di Pier Luigi Leoni

 

Il triste fenomeno dell’accattonaggio organizzato, che affligge da troppo tempo il centro di Orvieto, non depone a favore delle istituzioni preposte alla tutela dell’ordine pubblico. Si sa che il loro compito non è facile, ma si sa pure che il fenomeno è arginabile, come avviene in altre realtà cittadine.

Ciò detto, non si può fare a meno di constatare che gli accattoni sono, quasi sempre, o negri o zingari. Avete mai visto un filippino o un cinese o un russo che chiede l’elemosina, con o senza la manfrina del piccolo commercio? Il Caffè Montanucci è pieno di dipendenti stranieri che lavorano regolarmente. Là fuori imperversano stranieri di altre etnie che accattano. La spiegazione razziale, anche se tristemente diffusa più di quanto dicano i mass media, è semplicemente stupida. Per esempio, gli Zingari sono razzialmente molto più affini agli indoeuropei, cioè a noi, che agli africani. Eppure sono molto più tenaci nella loro cultura e molto meno assimilabili degli africani.

Purtroppo l’antropologia culturale non è penetrata nella cultura di massa e le complesse cause di certi comportamenti possono apparire misteriose. Si sa che i pregiudizi e le nefandezze umane hanno sempre trovato il terreno di coltura nell’ignoranza.

In questa generale insipienza e nell’inefficienza dei pubblici poteri, invece del principio dell’integrazione delle culture alla luce del nucleo di valori umani comuni, si stanno rafforzando, come è successo spesso nella storia, il mito della razza e quello, altrettanto fasullo, del buon selvaggio.

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