di Mario Tiberi
Qualche giorno fa, in piazza Cahen, mi si è avvicinato un distinto signore per chiedere ed ottenere delle informazioni sugli orari dei collegamenti con Orvieto Scalo. Erano circa le ore ventidue e il primo bus non sarebbe passato di lì prima di una quarantina di minuti. Per ingannare l’attesa io e Robert, questo il nome di quel signore di origini americane, ci siamo messi a discutere del più e del meno e il dialogare, alla fine, è sfociato sulla attuale condizione politica italiana.
Negli States, ha esordito il mio interlocutore in perfetta lingua nostrana, essere ricchi non è per forza un reato, avere la proprietà di due case non qualifica un cittadino quale prioritario obiettivo del fisco, possedere qualche risparmio non significa necessariamente essere degli evasori tributari.
Mi meraviglio che in Italia, ha proseguito, il governo abbia dovuto rinviare le previsioni di bilancio per ricalcolare il Prodotto Interno Lordo al fine di mascherare lo stato depressivo dovuto alla recessione e alla deflazione e, per poterlo ridisegnare, è ricorso a strumenti tipici di “Cosa Nostra”: andamento del mercato della droga, della prostituzione e del contrabbando.
“Siamo arrivati a questo, cioè a legalizzare gli illeciti e ad inquadrare il malaffare a norma di legge”, ho candidamente ammesso, guardandolo in viso, nel mentre lui ciondolava la testa e farfugliava qualcosa di intraducibile poiché irripetibile.
E sì, caro Robert, la fantasia di Benigni nell’inventarsi il personaggio di Johnny Stecchino sfigura decisamente a fronte delle invenzioni truffaldine dell’esecutivo in carica!
Trascorsi alcuni secondi di pausa, l’americano riprende a parlare e mi confida che era intenzionato, per lasciarsi alle spalle così tanta mestizia e rigenerarsi nello spirito, di andare a visitare la “Domus” imperiale di Ottaviano Augusto in occasione del bimillenario dalla morte dell’imperatore romano.
La visita è saltata e sapete perché? Ma perché, essendo obbligatoria la prenotazione anche telefonica, dopo circa una decina di minuti di attesa gli è stato risposto di richiamare “…tra qualche giorno…” in quanto la Soprintendenza alle Belle Arti doveva ancora fissare le regole per gli accessi. Beh, che volete farci, hanno avuto d’altronde solo duemila anni per stabilire tali benedette regole!
Ho così lasciato Robert al suo disgusto e mi sono voluto concentrare per alcuni attimi sull’appena accaduto. Gli episodi di cui sopra provano lampantemente che la realtà dell’Italia odierna è esattamente quella che avete or ora letto, se non peggio.
E allora, considerato che non cessa mai di rombare la ridda degli annunci, sarà doveroso una volta per tutte che il governo affronti seriamente, come ad oggi non espletato, almeno due delle questioni irrisolte: il lavoro e la giustizia. Si lasci perdere il turbinio delle vuote promesse, si eviti l’effetto “grigliata mista” mettendo da parte le ciarle su provvedimenti dall’indiscusso valore mediatico e propagandistico, ma dalla scarsissima possibilità che detti provvedimenti possano davvero vedere la luce.
Lavoro e Giustizia rappresentano le assolute priorità con le quali confrontarsi: da lì transitano auspicabile ripresa economica, ritrovata competitività e ricostruita credibilità, soprattutto nei confronti dei potenziali investitori esteri.
Reggere le sorti di un popolo non è come giocare alla “ruota della fortuna”, dr. Renzi!
Tutto il resto, vaghi impegni come illusorie chimere, sono pura “fuffa”, per dirla con sintetica efficacia alla maniera del mio fraterno Amico Franco Barbabella.