Grande attesa per “Il Trovatore”, opera lirica in 4 parti di Giuseppe Verdi, che andrà in scena domenica 10, lunedì 11 e martedì 12 agosto alle ore 21.15 nella bellissima cornice del Teatro Mancinelli con il patrocinio del Comune e della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto. Lo spettacolo, prodotto dall’Associazione Spazio Musica sarà interpretato da giovani cantanti e direttori già in carriera, provenienti da tutto il mondo, che, giunti ad Orvieto, si sono perfezionati nell’esecuzione dell’opera verdiana sotto la guida di illustri maestri come il direttore Maurizio Arena, la cantante e regista Gabriella Ravazzi e il pianista Giulio Laguzzi.
Tra gli esecutori i vincitori del 19° Concorso Internazionale per Cantanti Lirici “Spazio Musica”, il mezzosoprano polacco Gosha Kowalinska, e il basso francese Guillaume Dussau e il vincitore del 6° Concorso Internazionale per Direttori d’Opera “Luigi Mancinelli”, il francese Franck Chastrusse Colombier.
Lo spettacolo che va in scena è frutto di una lunga preparazione durata quasi un mese che ha visto gli interpreti lavorare nell’ambito del “Laboratorio Lirico Spazio Musica”, prestigiosa realtà che da anni porta al debutto giovani artisti. Sul podio, a dirigere l’Orchestra Spazio Musica, i giovani migliori direttori che hanno partecipato al corso tenuto da Maurizio Arena, uno dei più importanti esponenti mondiali nel campo della musica operistica: dopo le fondamentali esperienze maturate lavorando per molti anni accanto ai Maestri Serafin, Votto, Gavazzeni, ha iniziato l’attività al Teatro Massimo di Palermo nel 1963, con La Bohème. E’ stato ospite dei principali Teatri ed Istituzioni sinfoniche in Italia (Arena di Verona, Santa Cecilia, Maggio Musicale Fiorentino, Regio di Torino, Opera di Roma, Verdi di Trieste, Comunale di Bologna), in Europa (Bruxelles, Parigi, Lione, Monaco, Berlino, Vienna, Barcellona, Aix-en-Provence, Festival d’Orange, Orchèstre Nationale de France), in America (Lyric Opera di Chicago, San Francisco Opera, Verdi Festival in California, Teatro Colon di Buenos Aires) e in Giappone (Tokyo e Osaka). Ha inciso diversi dischi e DVD.
Giulio Laguzzi si diploma in Pianoforte e successivamente in Composizione al Conservatorio “A. Vivaldi” di Alessandria. Si avvicina all’opera lirica, collaborando con l’Azienda Teatrale Alessandrina nell’allestimento di un’opera in prima esecuzione mondiale; da allora ad oggi ha collaborato con l’Opera Giocosa di Savona, il Teatro Carlo Felice di Genova, il Teatro San Carlo di Napoli e per tre stagioni consecutive, l’Arena di Verona (con l’orchestra dell’Arena ha eseguito, in veste di solista al pianoforte, “Rhapsody in blue” di G. Gershwin). Dal 1997 collabora stabilmente con il Teatro Regio di Torino, in veste di Maestro di sala, Suggeritore e Direttore Musicale di palcoscenico.
Regia di Gabriella Ravazzi, fondatrice e Direttore artistico di Spazio Musica. Da quindici anni molto attiva come regista d’opera, ha messo in scena più di venti titoli del grande repertorio operistico. In oltre trent’anni di carriera ha cantato in ruoli principali circa 120 opere ospite dei più importanti teatri europei (Scala di Milano, Opera di Parigi, Gran Liceo di Barcellona, Regio di Torino E Parma, Teatri Dell’opera di Roma, La Fenice di Venezia, S. Carlo di Napoli, Massimo di Palermo, Real di Madrid, Ente Arena di Verona), e tenuto concerti nelle più prestigiose stagioni in Italia e all’estero. Ha inciso dischi e CD. Le sono stati assegnati i premi: NOCI D’ORO e STHENDAL e nel ‘94 il 1° premio delle Scuole di Canto Italiane. Già docente di Conservatori di Stato, tiene corsi e Master Classes in Italia e all’estero.
I costumi provengono dal Teatro San Carlo di Napoli, le luci sono di Graziano Albertella, light stilist designer del Festival dei due Mondi di Spoleto. I biglietti, del costo di € 25,00 intero e € 20,00 ridotto, possono essere acquistati in loco oppure prenotati al numero telefonico 338 9572665 e ritirati presso la biglietteria aperta un’ora prima dell’inizio dello spettacolo.
Notizie sull’opera
Il trovatore è un’opera di Giuseppe Verdi rappresentata in prima assoluta il 19 gennaio 1853 al Teatro Apollo di Roma. Assieme a Rigoletto e La traviata fa parte della cosiddetta trilogia popolare. Il libretto, in quattro parti e otto quadri, fu tratto dal dramma El Trovador di Antonio García Gutiérrez. Fu Verdi stesso ad avere l’idea di ricavare un’opera dal dramma di Gutiérrez, commissionando a Salvadore Cammarano la riduzione librettistica. Il poeta napoletano morì improvvisamente nel 1852, appena terminato il libretto, e Verdi, che desiderava alcune aggiunte e piccole modifiche, si trovò costretto a chiedere l’intervento di un collaboratore del compianto Cammarano, Leone Emanuele Bardare. Questi, che operò su precise direttive dell’operista, mutò il metro della canzone di Azucena e aggiunse il cantabile del Conte di Luna (Il balen del suo sorriso) e quello di Leonora (D’amor sull’ali rosee). Lo stesso Verdi, inoltre, intervenne personalmente sui versi finali dell’opera, abbreviandoli. La prima rappresentazione fu un grande successo: come scrive Julian Budden, «Con nessun’altra delle sue opere, neppure con il Nabucco, Verdi toccò così rapidamente il cuore del suo pubblico».
La Trama
Parte I – Il duello
La scena si apre nel palazzo dell’Aliaferia di Saragozza dove Ferrando, capitano delle guardie, racconta agli armigeri la vicenda del figlio minore dell’allora Conte, fratello dell’attuale Conte di Luna, rapito anni prima dalla figlia di una zingara per vendicare la madre giustiziata dal Conte con l’accusa di maleficio; la zingara aveva poi bruciato il bambino e per questo omicidio i soldati ora chiedono la sua morte. Nel frattempo Leonora, giovane nobile amata dal Conte di Luna, confida a Ines, sua ancella, di essere innamorata di Manrico, il Trovatore appunto. Il conte, intento a vegliare sul castello, ode la voce di Manrico che intona un canto. Leonora esce, e confusa dall’oscurità, scambia il conte per Manrico e l’abbraccia. Ciò scatena l’ira del conte, che sfida a duello il rivale.
Parte II – La gitana
Ai piedi di un monte, in un accampamento di zingari, Azucena, madre di Manrico, racconta che molti anni prima vide morire sul rogo la madre accusata di stregoneria dal vecchio Conte di Luna. Per vendicarsi, rapì il figlio del Conte ancora in fasce e, accecata dalla disperazione, decise di gettarlo nel fuoco; per una tragica fatalità, tuttavia, confuse il proprio figlio col bambino che aveva rapito. Manrico capisce così di non essere il vero figlio di Azucena e le chiede di conoscere la propria identità, ma per Azucena l’unica cosa importante è che lei l’abbia sempre amato come un figlio, protetto e curato proprio come quando tornò all’accampamento ferito dopo il duello col Conte. Manrico confida alla madre di esser stato sul punto di uccidere il Conte, durante quel duello, ma di esser stato frenato da una voce proveniente dal cielo. Nella scena successiva Leonora viene informata della morte di Manrico e decide di prendere i voti ma il Conte la rapisce evitandone la cerimonia Manrico poi sventa il rapimento e porta in salvo l’amata.
Parte III – Il figlio della zingara
Azucena è catturata da Ferrando e condotta dal Conte di Luna. Costretta dalla tortura e dalle minacce, confessa di essere la madre di Manrico. Il Conte di Luna esulta doppiamente per la cattura. Uccidendo la zingara otterrà doppia vendetta: per il fratello ucciso e su Manrico che gli ha rubato l’amore di Leonora. Manrico e Leonora intanto stanno per sposarsi in segreto e si giurano eterno amore. Ruiz sopraggiunge ad annunciare che Azucena è stata catturata e di lì a poco sarà arsa viva come strega. Manrico si precipita in soccorso della madre cantando la celebre cabaletta Di quella pira.
Parte IV – Il supplizio
Il tentativo di liberare Azucena fallisce e Manrico viene imprigionato nel palazzo dell’Aliaferia: madre e figlio saranno giustiziati all’alba. Nell’oscurità, Ruiz conduce Leonora alla torre dove Manrico è prigioniero. Leonora implora il Conte di lasciare libero Manrico: in cambio è disposta a diventare sua sposa. In realtà non ha alcuna intenzione di farlo: ha già deciso che si avvelenerà prima di concedersi. Il Conte accetta e Leonora chiede di poter dare lei stessa a Manrico la notizia della liberazione. Ma prima di entrare nella torre, beve, di nascosto, il veleno da un anello. Intanto, Manrico e Azucena sono in attesa della loro esecuzione. Manrico cerca di calmare la madre, terrorizzata. Alla fine, la donna si addormenta sfinita. Giunge Leonora ad annunciare la libertà a Manrico e ad implorarlo di scappare. Ma quando egli scopre che lei, la donna che ama, non lo seguirà, si rifiuta di fuggire. È convinto che per ottenere la sua libertà Leonora l’abbia tradito, ma lei, nell’agonia della morte, gli confessa di essersi avvelenata per restargli fedele. Il Conte, entrato a sua volta nella prigione, ascolta di nascosto la conversazione e capisce d’esser stato ingannato da Leonora, che muore fra le braccia di Manrico. Il Conte ordina di giustiziare il trovatore. Quando Azucena rinviene, egli le indica Manrico morente, ma pur nella disperazione la donna trova la forza di rivelare al Conte la tragica verità: «Egli era tuo fratello» e mentre viene tratta a morte può finalmente gridare: «Sei vendicata, o madre!».