di Mario Tiberi
Avviamoci ad affrontare la terza porzione dell’argomento in termini.
La strutturazione cerebrale tripartita la quale, in unica sintesi, spiega come gli esseri umani riescano a parlare dei colori vale, anche, per altri concetti. Dobbiamo, però, preliminarmente domandarci: come sono rappresentati codesti concetti nel cervello umano?
A differenza di quel che si pensava tradizionalmente, oggi si ritiene che non esistano rappresentazioni “pittoriche” permanenti di oggetti o persone mentre, invece, l’encefalo è in grado di elaborare delle registrazioni sensoriali e/o motorie di un determinato contesto ambientale o storico. Dette registrazioni non sono altro che delle configurazioni di connessioni sinaptiche capaci di ricreare diversificati insiemi di perpetui dinamismi come, del resto, una singola registrazione può stimolarne altre che le sono correlate.
Ad esempio, quando una persona prende in mano una tazza di caffè, la corteccia cerebrale presiedente alle facoltà sensitive risponde immediatamente ai colori della tazza medesima e a quelli del suo contenuto, nonché alla sua forma e al suo dimensionamento nel tempo e nello spazio. Le cellule somatosensoriali, a milioni e milioni, registreranno in quel preciso istante anche la forma che la mano assume nell’afferrare la tazza, il movimento della mano stessa e del braccio che conducono la tazza alle labbra, il colore e il calore del caffè e, inoltre, quella mutazione di sensazioni corporee chiamata “piacere” nel mentre si sorseggia la bevanda. Il cervello, quindi, non si limita a rappresentare aspetti della sola realtà esterna ma, pure, è deputato a registrare il modo attraverso il quale si esplora il mondo a noi circostante e come ad esso reagire.
I processi neurali che descrivono, tramite il linguaggio, l’interazione fra individuo ed oggetti, procedono in rapidissima successione formando micro-percezioni e micro-azioni simultanee tante, quante, sono le parole atte a rappresentarle. Un’ulteriore domanda, a tal punto, è d’obbligo porsi: dove sono ubicate e conservate le registrazioni cerebrali che legano tutte queste attività all’apparenza frammentate?
Recenti studi analitici hanno fornito la prova che il cervello umano è in grado di operare in “convergenza” tra plessi neuronici asimmetrici i quali, da un lato, inviano proiezioni sensoriali al loro esterno e, dall’altro, ricevono dall’esterno convergenti percezioni di ritorno unendole anche a quelle potenzialmente divergenti. Quando ciò accade, e cioè quando i sistemi di “convergenza” stimolano le percezioni di ritorno, molti ammassi di neuroni, anatomicamente distinti e separati, si attivano simultaneamente e ricostruiscono di volta in volta immagini di memoria visiva precedenti e le trasformano in parole e frasi compiute.
Oltre ad archiviare informazioni e sensazioni, il cervello classifica in categorie eventi, oggetti e concetti fra loro connessi (forme, colori, traiettorie nello spazio e nel tempo, movimenti e reazioni del corpo fisico) in modo tale che dette categorie possano essere attivate insieme andando a formare il patrimonio conoscitivo di ognuno di noi. Tra le conoscenze che possono essere rappresentate vi è, per tornare all’esempio sopramenzionato, il fatto che una tazza di caffè ha determinate dimensioni e limiti di materia, che è forgiata di materiali di varia provenienza, che è composta di più parti e che, se venisse sezionata a metà, perderebbe la sua caratteristica di essere una tazza di caffè a differenza, evidentemente, di una massa d’acqua che mantiene la sua identità indipendentemente da come la si divida.
Nella nostra mente, dunque, la tazza di caffè e l’acqua assumono, attraverso la classificazione in categorie, la forma di concetti distinti i quali, nel terreno prettamente linguistico, sfociano poi in schemi semantici cognitivi interagenti tra di loro. In una simile rete di interazioni, l’attività cerebrale è funzionale sia alla comprensione che all’espressione verbale. Essa, infatti, può costruire o ricostruire la conoscenza, “lato sensu”, in modo che una persona ne abbia esperienza cosciente, oppure può attivare un sistema che funga da mediatore tra concetti e linguaggio generando, così, forme di parole e strutture sintattiche opportunamente correlate. Poiché, estremizzando, l’umano cervello categorizza simultaneamente percezioni ed azioni in variegate diverse dimensioni, da tale complessa architettura ne può però discendere una agevole emersione e di rappresentazioni reali, come la descrizione di oggetti concreti, e, pur anche, di rappresentazioni simboliche quali sono le figure retoriche.
Riepilogando, con riferimento sempre all’esempio della tazza di caffè: i concetti vengono archiviati nell’encefalo sotto forma di registrazioni quiescenti e, qualora siano attivate, dette registrazioni posseggono in sé il potere di ricreare azioni e sensazioni associate ad entità sia concrete che astratte; la tazza che ci occupa può difatti evocare le rappresentazioni visive e tattili riguardanti forma, colore, materiale utilizzato per fabbricarla, nonché profumo e gusto della bevanda o traiettoria che mano e braccio debbono compiere per spostare la tazza stessa dal tavolo fino a dirigerla verso le labbra.
Tutto ciò si plasma in regioni frazionate del cervello, ma la sua ricostruzione avviene in maniera sostanzialmente simultanea.
Per ora Vi saluto, dando appuntamento alla prossima quarta particella.
P.S. : non se ne abbia a male il mio affabile Amico Pier Luigi Leoni se ho scritto della sola tazzina di caffè e, non anche, del bicchierino di sambuca……” a latere”.