di Danilo Stefani
La vita può cambiare anche quando capisci che la gente muore ma può rimanere.
Da allora si diventa più riflessivi. Non basta “andarsene” perché si è vecchi e ammalati, e sofferenti.
Quello che conta è il ricordo. Una figura appoggiata ad un bastone. Un fremito di donna che alza la mano libera per salutari. Una vocina sovrastata dal vento più leggero ma che arriva diritta al cuore.
Una donna, una piccola donna col sorriso sempre impresso sulle labbra.
Ti saluta dalla sua casa e non sai che sarà l’ultima volta. Se l’arrivederci inizia, finisce e ritorna, l’addio è una stangata sulle labbra che tronca le parole.
E ora non c’è più tempo. Non si può più salutarla e godere delle sue squisite cortesie che partivano da lontano per arrivare addosso come carezze.
Rimarrà la sua immagine emotiva a riempire quella curva dove avvenivano gli scambi di attenzioni, con le pacche sulle spalle date con leggeri gesta nell’aria, e il rumore dell’auto che si lasciava sedurre da quel vigore gentile. E si udrà sempre quella sua vocina: un inconsapevole e accorato appello alla sensibilità diventata sempre più rara.
Vigilerà per sempre su quel luogo, dalla sua grande casa, e col suo garbo per tutti.
Perché su quella strada che sale e discende la collina, vi è un bivio dove volano tanti ricordi amabili: tutti a sussurrare il nome Ampelia.