di Pier Luigi Leoni
Dopo la seconda guerra mondiale, la crescente disponibilità di ricchezza e di tecniche costruttive, l’abbandono delle case coloniche e l’aspirazione alla comodità delle abitazioni, nonché le esigenze delle aziende, hanno comportato una tumultuosa espansione edilizia della città di Orvieto come della gran parte degli insediamenti urbani in Italia. Un confronto tra i centri storici e la nuova urbanizzazione rivela una drammatica decadenza culturale.
Ho reperito su internet la trascrizione di una intervista-documentario nella quale Pier Paolo Pasolini, quarant’anni fa, descriveva tale decadenza con parole che non ho mai dimenticato e che propongo ai concittadini orvietani per una riflessione su ciò che è accaduto anche nel nostro territorio.
«Il fascismo, il regime fascista non è stato altro, in conclusione, che un gruppo di criminali al potere che non ha potuto fare niente, non è riuscito a incidere, nemmeno a scalfire lontanamente la realtà dell’Italia. Sicché Sabaudia, benché ordinata dal regime secondo certi criteri di carattere razionalistico-estetizzante-accademico, non trova le sue radici nel regime che l’ha ordinata, ma in quella realtà che il fascismo ha dominato tirannicamente ma che non è riuscito a scalfire. Cioè è la realtà dell’Italia provinciale, rustica, paleoindustriale, che ha prodotto Sabaudia, e non il fascismo.
Ora, invece, succede il contrario. Il regime è un regime democratico, eccetera, eccetera, però quella acculturazione, quella omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente a ottenere, il potere di oggi, cioè il potere della società dei consumi, invece, riesce a ottenerlo perfettamente. Il vero fascismo è proprio questo potere della civiltà dei consumi che sta distruggendo l’Italia, e questa cosa è avvenuta talmente rapidamente che non ce ne siamo resi conto, è avvenuta in questi ultimi cinque, sei, sette, dieci anni… è stato una specie di incubo in cui abbiamo visto l’Italia intorno a noi distruggersi, sparire. Adesso, risvegliandoci, forse, da questo incubo, e guardandoci intorno, ci accorgiamo che non c’è più niente da fare.»
Guardando Orvieto invece che Sabaudia si può riscontrare la verità descritta da Pasolini confrontando la dignità del Casermone, dell’Accademia e dell’Istituto di riadattamento sociale col marasma di Ciconia, di Sferracavallo e dello Scalo.
Non c’illudiamo che i visitatori italiani e stranieri non avvertano il precipizio culturale, e non solo fisico, che separa la Rupe da quasi tutto ciò che la circonda.
Per farci perdonare, è nostro dovere e interesse curare il centro storico come una reliquia preziosa e ricorrere a veri urbanisti e a veri architetti per mettere qualche pezza allo scempio che, umiliati e frastornati da una guerra disastrosa, ma ancor più drogati da un fragile arricchimento, siamo riusciti a combinare.