Da anni Franco Raimondo Barbabella e Pier Luigi Leoni curano la rubrica che apre Orvietosì del lunedì. Nelle ultime 52 settimane è stata “Tu che ne dici?”, da oggi è “Lettere provinciali”.
I lettori possono scrivere a Leoni e Barbabella proponendo una domanda e loro risponderanno alla lettera (l’indirizzo di posta per ora è redazione@orvietosi.it ). Ho cominciato io e un paio di lettori compiacenti con “lettere provinciali” secche e semplici, su temi non tutti necessariamente importanti.
La rubrica è seguita da un elzeviro di Barbabella e Leoni, o soltanto di uno dei due, su un argomento in cui intendono coinvolgere i lettori.
A presto. E…scrivete. Barbabella e Leoni sono soggetti che appaiono spigolosi, ma discuterci è piacevole, qualche volta perfino utile.
Dante Freddi
IL VECCHIETTO DOVE LO METTO?
“Ormai da anni, da quando è stato liberato, si discute dell’utilizzazione dell’ex ospedale in piazza Duomo. Il nuovo sindaco ha promesso che non consentirà che quell’immobile sia utilizzato dalla Regione per fare un affare. Gianni Pietro Mencarelli ha di nuovo lanciato l’appello per raccogliere adesioni intorno al progetto di insediare lì una residenza per anziani, il palazzo della salute, un luogo destinato al benessere degli orvietani. Io sono con lui, per approfondire il progetto e andare avanti. E voi?”
(Dante Freddi)
La risposta di F.R. Barbabella
È giusto tenere viva l’attenzione sul problema degli anziani, ma il modo in cui si continua a discuterne non mi sembra possa portare a soluzioni né ravvicinate né efficaci. Tanto più se il punto di partenza è “dove mettere il vecchietto”. Non da oggi penso che per una città come la nostra problemi come quello sollevato da Gianni Mencarelli non si possono affrontare isolandoli dal contesto. In altri termini, credo che non si combinerà nulla di serio se non ci si deciderà a stabilire che cosa vogliamo fare di Orvieto nei prossimi anni e se di conseguenza non vedremo i suoi problemi in modo coordinato. L’ex Ospedale sta insieme all’ex Piave, all’Albornoz, al Palazzo del Popolo, al Palazzo dei Sette, ecc. ecc.: vogliamo definire un loro uso appropriato rispetto ad un disegno e ad un ruolo della città? Anche per questo ritengo apprezzabile la promessa di Germani, ma siamo pregiudizialmente sicuri che la migliore destinazione è “una residenza per anziani”? Che cosa si intende poi con questa espressione? A quali servizi si pensa? Quale rapporto dovrà avere questa con le altre strutture, per esempio sanitarie e sociali? E ancora: quanto costa?, chi mette i soldi? Insomma, se non vogliamo solo manifestare aspirazioni, magari giuste, anzi giustissime, forse dovremo sforzarci di mutare punto di vista. Comunque, per me la questione dell’immobile viene dopo e non prima di aver capito che cosa si vuole e si può fare per gli anziani, e ovviamente non solo per gli anziani, tenendo conto che una città per essere tale deve pulsare di attività. Non amiamo gli anziani se li isoliamo, ma non li amiamo nemmeno se li mettiamo in una residenza dorata nel contesto di una città morta.
La risposta di P.L. Leoni
Condivido la proposta di G.P. Mencarelli non da adesso, ma da sempre. Lo dimostra l’archivio di Orvietosì, dove è rintracciabile anche un’idea di Stefano Olimpieri di azionariato popolare per il finanziamento dell’operazione. Ma lo dico sottovoce perché le proposte bipartisan a Orvieto non hanno fortuna. La gente di sinistra è troppo gelosa della propria illusione di essere più buona.
SENZA LE STRATEGIE DI SETTORE SI PERDONO ANCHE I FONDI EUROPEI
Caro Leoni,
sono un professionista che si occupa di finanziamenti europei con mentalità berlinese. Sono stato colpito dalla lettera resa nota in questi giorni con cui la Commissione europea bacchetta il Governo Renzi per non avere una strategia in nessuno dei settori che contano per il rilancio dell’Italia mediante un uso corretto ed efficace anche dei fondi europei (41,5 mld di euro, che raddoppiano con il cofinanziamento nazionale). I giudizi sono impietosi. Agenda digitale: “Manca una vera strategia”. Innovazione: “Calo significativo dei fondi”. Cultura: “Assenza di un progetto strategico e di cenni alle lezioni apprese dal periodo di programmazione 2007-2013”. Idem per le aziende e idem per l’istruzione. Conseguenza: per ora i fondi sono bloccati e se le carenze denunciate non verranno eliminate saranno perduti. So che lei ama occuparsi anche di questo tipo di problemi. Che ne pensa? Soprattutto, perché secondo lei qui in Italia non si riesce ad avere quasi mai una governance adeguata ai problemi e capace di garantire sulla capacità di spendere bene i fondi assegnati? Grazie per la cortese risposta e un cordiale saluto.
(Il Berlinese)
La risposta di P.L. Leoni
Le consiglio di cambiare mentalità o di cambiare mestiere. Un Paese che ha i processi più lunghi del mondo, le mafie più potenti dell’Occidente e la corruzione al livello dei Stati tribali dell’Africa non ha tempo da perdere coi finanziamenti europei. Troppi controlli.
ASSESSORI PERCHÉ?
Caro Barbabella,
si dice che un assessore orvietano sia stato piazzato da Evasio Gialletti e un’assessora da Massimo Bracaccia; mentre Massimo Gnagnarini si è piazzato da solo. Fino a qui niente di strano, ma si può sapere chi ha piazzato gli altri due? Abbiamo o no diritto di sapere con chi ce la dobbiamo prendere?
(Orvietano curioso)
La risposta di F.R. Barbabella
Lei ha curiosità del tutto legittime, ci mancherebbe altro. Io però non sono la persona più adatta per soddisfarle, sia perché sono tenuto e mi tengo fuori da questi giochi, sia perché a me risulta, e credo anche a lei, che gli assessori sono nominati a suo insindacabile giudizio dal sindaco, che per questo se ne porta la totale ed esclusiva responsabilità. Poiché Germani non è un ingenuo, non credo che sottovaluterà l’importanza di avere una squadra affiatata e capace di tradurre in atti le decisioni sue e degli organi istituzionali. Immagino che nella scelta avrà tenuto conto anche degli equilibri politici dei soggetti che lo hanno sostenuto, ma la cosa importante, come lui sa sicuramente benissimo, è che non conceda spazi a improprie pressioni esterne, ciò di cui ci si accorgerebbe ben presto. Mi permetto un’unica osservazione. Vista l’attenzione con cui si seguono questi aspetti della vita politica, forse sarebbe stato utile che Germani avesse dato qualche spiegazione probante delle competenze che lo hanno convinto delle scelte che poi ha fatto. Anche perché ad occhio ci sono settori amministrativi che non trovano copertura in esplicite competenze né di giunta né di consiglio. Ma, ripeto, se il sindaco così ha deciso avrà di sicuro le sue ragioni. D’altronde, per dirla con Virgilio, Ab Jove principium. Un caro saluto.
L’elzeviro della settimana
UMBRIA 2015: QUALE REGIONE CI ATTENDE?
di Franco Raimondo Barbabella
Tra nove mesi andremo al voto per eleggere il nuovo presidente e il nuovo consiglio della nostra regione. È perciò lecito domandarsi che regione potrà uscire dalle urne. Partiamo da due aspetti: le indennità dei consiglieri e degli assessori e la nuova legge elettorale. Per il primo abbiamo delle certezze, per il secondo solo alcune indicazioni. Ma le due cose si intersecano.
Vediamo il primo. Domenica 10 agosto si poteva leggere in bella evidenza sulla prima pagina del “Giornale dell’Umbria” questo titolo: “Consiglieri regionali, ecco i nuovi stipendi” e Marco Checchi in terza pagina spiegava come, una volta che il decreto legge che modifica il Titolo I° della Costituzione sarà approvato in via definitiva, le indennità di carica dei consiglieri regionali saranno equiparate a quella del sindaco della città capoluogo di regione. In pratica, a partire dalla prossima legislatura regionale, si passerà dagli attuali 11 mila euro lordi al mese (6 mila 700 netti) ai futuri 5 mila 400 euro lordi. Non c’è che dire, una bella sforbiciata. Poiché è del tutto evidente che il decreto non verrà fermato, che il taglio ci sarà possiamo considerarla fin d’ora una certezza. Con qualche conseguenza che vedremo tra poco.
Vediamo ora il secondo aspetto. Le indicazioni di come sarà la futura legge elettorale regionale vengono da interventi e comunicati che si sono susseguiti sui giornali lungo tutto lo scorso mese di luglio. Sembra di capire che sta prendendo corpo un’ipotesi di elezione diretta dei 20 consiglieri (oggi sono 30) in un collegio unico regionale (oggi ce ne sono due provinciali) con premio di maggioranza (60% dei consiglieri) alla lista o coalizione di liste che abbia raggiunto almeno il 40% dei voti validi. E sembra che due siano gli “argomenti forti” con cui l’ipotesi viene supportata: assicurare la governabilità (di qui il premio di maggioranza elevato) e assicurare l’elezione di persone che rappresentino l’intera regione (di qui il collegio unico regionale). Nessuna seria garanzia per il pluralismo delle opzioni politiche, nessun ancoraggio alle differenze territoriali da ricondurre a disegno unitario, e nessun disegno di regione a cui ancorare i compiti di governo del nuovo consiglio. Non mi pare poco, pur trattandosi ancora solo di ipotesi.
Come ho accennato all’inizio, i due aspetti che ho trattato separatamente in realtà si legano e nemmeno troppo paradossalmente possono spingere verso un unico ragionamento. Intanto, se ci si pensa bene, il dimezzamento delle indennità di carica è importante non tanto perché fa risparmiare soldi alla collettività, quanto perché porta finalmente gli eletti a stare con i piedi per terra, nel senso che rompe le logiche elitarie che in troppi casi hanno condotto le forze politiche a dimenticare le provenienze e i problemi della vita reale, e di conseguenza (certo non automatica) può consentire l’emergere di una nuova classe dirigente che non ha l’assillo della carriera e che dunque può fare anche un solo mandato e smettere. Sarebbe di per sé già questa una bella rivoluzione.
A questo rinnovamento se ne potrebbe aggiungere uno ancor più importante, solo che si riuscisse a rovesciare l’impostazione che l’attuale classe dirigente in modo abbastanza omogeneo dà alla questione della nuova legge elettorale. Si tratta di rovesciare l’impostazione che subordina al mito della governabilità ogni e qualsiasi altra pur rilevante esigenza, come lo è il pluralismo della rappresentanza politica e come lo è dal mio punto di vista soprattutto il pluralismo della rappresentanza territoriale. Non si tratta certo di campanilismo, ma del contrario: io sono convinto non da oggi che una piccola regione come l’Umbria ha il suo futuro nel giocare con lucidità e coraggio il ruolo di regione cerniera tra diverse regioni e dunque se sa prospettare una credibile strategia di sviluppo fondata sul dinamismo progettuale delle diverse aree, che confinando con le altre regioni possono svolgere un ruolo di ponti per l’uso coordinato delle risorse. Questo può essere un progetto che non solo non divide, ma al contrario unisce fortemente i diversi territori in un disegno praticabile e condiviso.
Ad una prospettiva di tal genere, ambiziosa ma nient’affatto irrealistica, dovrebbe essere ancorata la nuova legge elettorale, pena la ripetizione di stanche, anzi esaurite liturgie, che nei fatti irretiscono ogni reale spinta al rinnovamento. Per questo da 7 a 10 collegi territoriali ritengo siano una scelta migliore, più lungimirante e più saggia, del collegio unico, a sua volta migliore dei due collegi provinciali ma comunque inadeguato a schiodare le ali dell’Umbria.
Dunque, ridotta all’osso, la questione è questa: avremo una regione tesa a difendere la realtà esistente, organizzata in un sistema policentrico a parole e centralistico nei fatti, oppure saremo capaci di immaginare una regione diversa, attrattiva e dinamica, aperta e progettuale? Una regione capace di dialogare con le regioni contermini tramite le sue zone cerniera, che “inventano” nuovi modelli di valorizzazione delle risorse territoriali e così producono quel passaggio di fase che da tempo si attende rispetto al suo porsi come “cuore verde d’Italia”. Un sogno? Forse. Ma varrebbe la pena sognare.