Dal locale al globale e viceversa
Dal ruolo interregionale dell’ospedale può derivare quello di tutto il territorio?
Caro Pier,
l’opera meritoria della Fondazione Cassa di Risparmio di aiuto concreto alla qualificazione dei servizi del nostro ospedale prosegue e dà risultati, sviluppando quella capacità attrattiva verso i territori confinanti del Lazio che è una delle vocazioni fondamentali del nostro territorio. Dalle dichiarazioni che leggiamo e che riporto qui sotto sembra che anche le autorità regionali se ne siano accorte e ne derivino perfino l’idea di un ruolo rafforzato del nosocomio. Che sia l’inizio di un’inversione di tendenza della politica regionale, meno centralistica e più attenta alle vocazioni delle diverse aree? Che sia anche uno stimolo per la classe dirigente locale, tradizionalmente molto “attenta” alle cose di casa e molto meno alle opportunità connesse alle possibili iniziative interregionali per lo sviluppo, come dimostra, tra le altre cose, la sostanziale indifferenza per le iniziative del COVIP in materia? Tu che ne dici?
Franco
“«Il presidio ospedaliero di Orvieto non solo rientra nella rete degli ospedali dell’emergenza, ma riveste una funzione fondamentale per i servizi sanitari per questo territorio e per le aree delle regioni confinanti, soprattutto della provincia di Viterbo. Una funzione che dobbiamo rafforzare e per questo stiamo lavorando con la Regione Lazio». Lo ha ribadito la presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini intervenendo ad Orvieto alla presentazione delle nuove attrezzature tecnologiche dell’Ospedale di Santa Maria della Stella, acquistate dalla USL 2 grazie al contributo finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto.
Negli ultimi anni l’ospedale ha infatti visto aumentare la sua capacità attrattiva di pazienti laziali che rappresentano ora il 36 per cento dell’utenza complessiva, mentre i nati di provenienza da questa stessa regione sono ormai il 50 per cento del totale. Nel corso di quest’anno, sempre grazie al sostegno economico della Fondazione Cassa di Risparmio, sono state acquistate ulteriori strumentazioni al servizio e per il potenziamento dell’attività operatoria del presidio per un importo complessivo di 300 mila euro. Dalla risonanza magnetica alle ambulanze del 188, le ha elencate nel dettaglio il presidente Vincenzo Fumi….”
Gli abitanti del Lazio preferirei chiamarli Latini, anche per non confonderli con i tifosi di una squadra di calcio romana. Ma, a parte le finezze linguistiche, che non mi rendono certo simpatico ai più, la notizia riportata è positiva. Ma non lascio cadere la tua provocazione, perché tu conosci bene una mia novellina in materia e sai che non posso resistere alla tentazione di ritirarla fuori. Del resto mentre tu ti occupavi di promozione delle cure palliative, io scrivevo novelline.
Un’idea in «serbo»: specializzare l’ospedale
La gentile dottoressa è di nazionalità serba (ma lei tiene a specificare di essere cittadina della Vojvodina), preferisce che non sia faccia il suo nome, dato che riveste in patria un importante incarico istituzionale.
Ha trascorso un paio settimane di vacanze in Orvieto, ospite di un noto medico conosciuto in un congresso internazionale, e si è lasciata coinvolgere nei problemi della sanità orvietana. Per incarico del COVIP (Centro Orvietano di Vita Politica Senatore Romolo Tiberi) ho l’onore di conversare con lei. L’onore e il piacere, poiché la dottoressa non smentisce la celebre avvenenza delle donne serbe. Longilinea, ben proporzionata, con due occhi grigi come l’acciaio inox, il cui fascino le lenti a contatto non riescono a sminuire, dimostra vent’anni vista dietro e trenta vista davanti. Ne dichiara quaranta. Parla la nostra lingua con un’avversione tutta slava agli articoli, dimostrando quanto, tutto sommato, siano poco utili. Dopo i convenevoli, la dottoressa esordisce:
– Mio ospite mi ha fatto vedere piano regionale sanità. Più di 400 pagine per regione così piccola. Poi mi ha spiegato difficoltà di vostro ospedale e non mi sono meravigliata. Troppo pochi abitanti in territorio di Orvieto. Ma confinate con Lazio e Toscana e siete al centro di nazione ricca. Fatevi venire qualche idea.
– Ci aiuti lei.
– Io conosco Italia e suoi problemi sanitari. Io ho idea che mio ospite medico condivide. Posso parlare?
– Sono tutt’orecchi.
– Che significa? Mi prende in giro?
– Significa che l’ascolto con la massima attenzione, tenendo aperti gli orecchi, chiusa la bocca e socchiusi gli occhi, per non distrarla e non essere distratto.
– Vostri grandi nemici sono pane, pasta e carne grassa. Obesità diffusissima in tutta Italia. Quindi sono diffuse anche malattie connesse a obesità, che riguardano: sistema endocrino, metabolismo, apparato respiratorio, apparato cardiovascolare, apparato digerente, apparato locomotore e cute. Obesità comporta anche complicanze chirurgiche e psicologiche.
– Mamma mia!
– Aveva promesso di tacere. Ebbene, questa può essere manna per vostro ospedale. Se esso si specializza in chirurgia per obesi sia specifica che aspecifica. Ovviamente ospedale dovrebbe attrezzarsi anche per prevenzione e cura di obesità e malattie connesse. Servono pochi investimenti in arredi, attrezzature e formazione di personale.
– E gli altri utenti?
– Cura obesità e malattie connesse è perfettamente compatibile con altre prestazioni. Anzi, tutti reparti sono stimolati, potenziati e valorizzati da partecipazione a sistema virtuoso.
– Ma lei conosce i chiari di luna del bilancio regionale della sanità?
– Non so che significa «chiari di luna». Ma se intende problemi finanziari, consideri che ospedale specializzato attira utenti da mezza Italia e quindi soldi per bilancio distrettuale e regionale.
– La ringrazio e non mancherò di riferire agli addetti ai lavori e all’opinione pubblica. Ma avremmo bisogno di una persona come lei.
– Serbia ha bisogno di me.
Poi la dottoressa scavalla accortamente le gambe e si alza in piedi per congedarmi. Superata una breve emozione, comincio a riflettere.
Conosco bene la tua propensione a filtrare la realtà attraverso le novelle. Conosco anche questa novella, scritta per fare una proposta sensata sul ruolo del nostro ospedale. Se tu non ti senti espropriato possiamo considerarlo anche un esempio tra i tanti dello sforzo creativo che come COVIP abbiamo messo al servizio della città, regolarmente inascoltati. Ma il tema che ti ho proposto non è certo riducibile a questo. Ed è difficilmente eludibile.
Tu vuoi dire che mentre tu, novellando novellando, proponevi soluzioni concrete, io che mi occupavo delle possibilità di sviluppo territoriale in chiave interregionale mi sono posto sul piano delle cure palliative? Se è così, devo dirti “errore grande, amico mio!”. Lo so che anche nel COVIP ci sono queste posizioni, ad esempio quella di Massimo, che non crede all’importanza delle riforme istituzionali per rompere il centralismo asfissiante e valorizzare il ruolo dei diversi territori. Ma è un errore: le prospettive di futuro passano invece proprio da qui e qui sta il cuore della battaglia politica. Il resto sono battaglie da pollaio, che certo piace tanto, ma sempre pollaio resta.
Ti chiedevo di fatto non solo il riconoscimento di un serio limite di visione su questo tema della vecchia maggioranza di cui anche tu hai fatto parte, ma anche, se non un giudizio, almeno un’impressione sulla capacità di movimento in tale direzione della nuova amministrazione, visto che, come me, ne conosci i protagonisti. Prendo atto che non cogli l’occasione o, meglio, non vuoi. Io dico per parte mia che ad oggi non vedo segnali convincenti che qualcosa di serio stia accadendo. Dico in direzione di una politica di territorio, stretto (nel senso di territorio orvietano tradizionale) e largo (nel senso di superamento dei confini amministrativi per progetti interregionali di sviluppo).
Avete paura che qualcuno se ne è fatto carico prima di voi? Non vi preoccupate, fate finta che siete voi i primi, prendetevene pure i meriti, ma fatelo, perché è da qui che passa oggi ogni possibilità di futuro per zone come la nostra! Ovviamente è presto per pronunciare giudizi definitivi. Dunque il mio è soprattutto uno stimolo a uscire da una politica casalinga dell’autosufficienza, presunta e presuntuosa, ma esistente ed insistente. Perciò aspetto. Tuttavia il tema è posto, e come ho detto non è eludibile.
Controreplica di P.L. Leoni
Caro Franco,
intendevo semplicemente dire che chi fa da sé far per tre. Anzi, le strategie istituzionali non possono che essere incalzate da iniziative concrete. L’aumento dei pazienti del Lazio nel nostro ospedale non è certo dovuto alla Regione… anzi. È la Regione che deve adeguare la sua strategia tenendo conto di ciò che, nonostante la sua politica, avviene. Avrei dovuto essere più esplicito. Ma ero troppo preso dal gusto di ripiazzare la mia novellina, che non ha avuto buon esito non perché contenesse fesserie (la parte tecnica non era certo farina del mio sacco), ma perché non ha trovato “in Orvieto” chi avesse voglia di parlarne.
Quanto all’accenno alle cure palliative, volevo semplicemente darti lo spunto per dire che le idee del COVIP non si limitavano e non si limitano alle mie novelline. La specializzazione nelle cure palliative era più a portata di mano della cura dell’obesità.