di Fausto Galanello
Per la prima volta l’Orvietano diventa, assieme ad altri territori “di confine”, protagonista di una specifica programmazione regionale di medio periodo. È questa la novità contenuta nello “Schema degli orientamenti per i programmi comunitari 2014 – 2020” approvato ieri in Consiglio Regionale. Due i vettori dello sviluppo individuati dalla Giunta Regionale: cinque aree urbane e tre aree interne (Orvietano, Umbria Nord-est e Valnerina). Il territorio Orvietano – ampliato a Nord dal Pievese e a Sud dal Basso Tevere – potrà contare su un’importante riserva di risorse per politiche di sviluppo da concepire secondo logiche di integrazione e di rete, con azioni realizzate secondo la metodologia proposta da Fabrizio Barca per le aree interne. Un approccio che mette insieme la riqualificazione dei servizi di cittadinanza (istruzione, sanità e mobilità), la cura del territorio (contrasto del rischio idraulico e idrogeologico) e iniziative di sviluppo locale.
“Per questa parte di Umbria del Sud-Ovest (Orvietano, Pievese e Basso Tevere) – afferma Fausto Galanello – i contenuti della nuova programmazione rappresentano la risposta più avanzata alla crisi dei sistemi locali e produttivi. Più avanzata perché obbliga tutti a pensare in maniera differente, in una logica di rete e di filiera”.
“L’individuazione da parte del Dps (il Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Territoriale) del nostro territorio come ‘area interna’ – continua Galanello – è una sfida e un’opportunità. Una sfida perché ci obbliga a prendere coscienza di difficoltà oggettive rappresentate dal declino produttivo e demografico. Un’opportunità perché le risorse per cambiare le cose questa volta ci sono e pure consistenti”.
“Sono quasi dieci anni – riflette il consigliere regionale – che l’Orvietano subisce i colpi di una crisi, prima strisciante poi conclamata. Abbiamo perso, tra manifatturiero ed edilizia, complessivamente un migliaio di posti di lavoro: un dato drammatico. Da qualche anno a questa parte al flusso dei pendolari si è aggiunto quello, purtroppo crescente, di una nuova emigrazione di giovani in cerca di buona occupazione. I comparti tradizionali arrancano e resistono solo quelle attività, come dice Barca, legate all’estrazione di valore e che non lasciano nulla al territorio. E forse l’ex Ministro era ben informato su alcune nostre vicende: i 140 ettari di fotovoltaico e la centrale geotermiche a Castel Giorgio, le 18 pale eoliche alte 150 metri sul Monte Peglia, qualche idea strana di megacentrale a biomasse, l’impatto di cave e attività estrattive…”.
“Ad uno scenario già di per sé piuttosto critico – prosegue – si è aggiunta la vicenda dell’alluvione del 2012 che ha fatto emergere la fondamentale fragilità del territorio sotto il profilo del rischio idraulico e idrogeologico. Abbiamo compreso che per ripartire bisognava cambiare marcia e modo di programmare infrastrutture e sviluppo. Parlo di infrastrutture perché nell’Orvietano le infrastrutture restano per noi un desiderio non consumato, un miraggio. Ci sono eppure sono irraggiungibili: niente accesso all’alta velocità, niente scalo merci sulla tratta ferroviaria, problemi a non finire per quel che concerne i collegamenti tra A1 e zona industriale, tra Orvieto e Perugia, tra Orvieto e l’Alto Lazio…”
“Bisogna cambiare marcia: non più interventi per far piacere a questo o a quello, non più ‘spot’ ma progetti integrati legati da logiche di rete per creare occupazione, dare certezze a chi investe e sicurezza agli abitanti e alle imprese di queste zone. Ci siamo mossi in due direzioni: quella del Contratto di Fiume – per affrontare in maniera organica le azioni finalizzate alla mitigazione dei rischi idraulici, al contrasto del dissesto idrogeologico e allo sviluppo di attività sostenibili – e quella rappresentata dal progetto sulle Aree interne. Entrambi le direzioni stanno ora diventando misure concrete”.
“Nell’Orvietano e nei territori limitrofi ci sono potenzialità ampiamente sottoutilizzate che, messe a valore, possono rovesciare il segno a questa fase difficile. Spetta a tutti noi – amministrazioni pubbliche, organizzazioni sociali, eccellenze e intelligenze delle professioni – lavorare sin da subito per avviare questo cambiamento”.
“Dentro il documento approvato ieri in Consiglio Regionale – conclude Fausto Galanello – c’è un’idea nuova Umbria, più inclusiva, più integrata e, se vogliamo, più giusta. C’è, in embrione, l’idea di una Regione in cui il peso dei numeri è in qualche maniera bilanciato dalle qualità e dalle vocazioni. E non per fare ciascuno per sé, ma per costruire un’Umbria di tutti”.