Protagonista dell’evento previsto per oggi lunedì 16 giugno alle 18.00 nella suggestiva location della Cappella di San Brizio in Duomo è Don Maurizio Patriciello parroco di San Paolo Apostolo in Caivanoe autore del libro “Non aspettiamo l’Apocalisse – La mia battaglia nella terra dei fuochi”.
Sarà intervistato dal giornalista de L’Avvenire Pino Ciociola che ripercorrerà le pagine del libro in cui Padre Maurizio Patriciello, non un politico, ma un semplice sacerdote divenuto nel giro di pochi mesi il leader del movimento civile che chiede con urgenza la bonifica della Terra dei fuochi, spiega la sua battaglia alla mafie.
“Avere ospite nel nostro Festival don Maurizio Patriciello – spiega il direttore artistico Alessandro Lardani – per noi non è solo un onore, ma anche motivo di grande attenzione e responsabilità perché, attraverso la testimonianza di Don Maurizio, abbiamo la possibilità di conoscere personalmente quello che succede in quei luoghi, in quella comunità, nella cosiddetta Terra dei fuochi.
Ma non è un problema soltanto di quelle terre e di quella gente, ma di tutte le terre, della nostra terra, della nostra comunità, dei nostri fratelli che abbiamo il dovere di custodire. Don Patriciello è diventato per questo il sacerdote simbolo della battaglia alle eco-mafie, difendendo con il Vangelo la sua terra, quella con il più alto tasso di morti per cancro in Italia ed il suo è tuttora un grido di rabbia e di amore per chiedere a tutti solidarietà e per svegliare le nostre coscienze”.
La mia battaglia nella terra dei fuochi
“Tutto questo succede nella Terra dei fuochi, che è la mia terra. Al tempo dei papiri e delle tavolette cerate era la Campania felix, in quello di Twitter e Facebook è la pattumiera d’Italia. Una discarica dove ogni anno vengono avvistati seimila roghi di rifiuti, che inceneriscono scorie industriali, sprigionano veleni, ammorbano l’aria e uccidono la vita nei campi”.
A scrivere queste parole è Padre Maurizio Patriciello che, oltre ad aver conquistato l’attenzione mediatica e delle istituzioni, qualcosa di concreto sta anche finalmente ottenendo, come dimostra il decreto del governo Letta del dicembre 2013.
Tutto ha inizio nella notte dell’8 giugno 2012, quando Padre Maurizio si sveglia assalito da una puzza insopportabile a cui è impossibile sfuggire. Per lui è come una chiamata del Signore: accende il computer e su Facebook comincia a raccogliere la protesta della gente che, impotente, si è vista man mano avvelenare la propria campagna. Non che prima di quella notte non se ne sapesse nulla – c’erano state inequivocabili denunce come Gomorra di Saviano nel 2006 e Biùtiful cauntri nel 2007, film pluripremiato e presto dimenticato –, ma l’immane devastazione dell’Agro aversano, lo scampolo di terra dove in due decenni sono stati scaricati dieci milioni di tonnellate di rifiuti, era stata oggetto di una “rimozione collettiva” o di interventi non sostenuti da una reale volontà politica: un’ottantina di inchieste giudiziarie che non hanno portato a nulla, la nomina di diversi commissari straordinari, misure di facciata attuate solo per tener buona l’Europa …
Davanti all’inesorabile avanzare del percolato che gocciola dall’immondizia in putrefazione minacciando le falde acquifere, davanti alla devastazione che ha invaso campi un tempo fertilissimi, davanti all’impennata delle morti per tumore anche fra i bambini, Padre Maurizio ha capito che non poteva fermarsi. E, per scongiurare l’Apocalisse, ha intrapreso la battaglia che racconta in questo libro, e che è solo all’inizio. Dalle sue parole, forti e chiare su una realtà agghiacciante quanto complessa, nasce un messaggio importantissimo per la coscienza civile di noi italiani.
Per la sezione “Periferie cinematografiche” stasera – 16 giugno – alle 21.15 presso la Basilica di Santa Cristina a Bolsena (Vt) verrà proiettato il film “La ultima Cima” del regista spagnolo Juan Manuel Cotelo. Scheda film:
Amabile e sorridente, partendo da un rifugio la mattina presto, don Pablo Domínguez percorre con passo cadenzato un sentiero di montagna che tanto ama, da definirla “un’anticamera del Cielo”. Il regista Juan Manuel Cotelo ha raccolto testimonianze di quanti hanno avuto a che fare con lui e ne sono stati colpiti e amati. Non ne emerge un santino, un’oleografia, né tantomeno un ritratto etereo o spiritualista. “Per credere in Dio – diceva sempre il prete spagnolo – bisogna usare la testa”. Tutto, nel film, parla della semplicità di un incontro, della convenienza della fede, della gioiosa familiarità con Cristo, fino all’abbraccio della croce. Soprattutto, si parla della disarmante semplicità con cui ognuno di noi può incontrare Cristo nelle circostanze della propria vita.
L’INGRESSO E’ LIBERO
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