Dal locale …
La scoperta dell’acqua calda. A proposito di nuovo sviluppo della nostra area territoriale.
Caro Pier,
non so se capita anche a te, ma qualche volta, leggendo dichiarazione di politici, peraltro non sospetti di inesperienza se non altro per la lunga militanza partitica-sindacale-istituzionale, mi sembra di avere le traveggole. Questa volta mi è capitato leggendo la dichiarazione di Fausto Galanello a proposito del “Forum delle aree interne” tenutosi nella nostra città l’8 e il 9 maggio scorsi. Mi sono chiesto: ma come, ci si accorge ora dello stato delle aree interne come la nostra e del ruolo che possono svolgere per un nuovo tipo di sviluppo? E poi: ma davvero qui da noi, in Umbria, ad Orvieto e nell’Orvietano, è tutto ok, è stato fatto tutto il possibile per evitare il degrado e siamo comunque pronti a imboccare una nuova strada, ricca di novità e di soddisfazioni? E ancora: sul serio si sono viste da parte delle amministrazioni comunali “sinergie positive in tema di politiche di programmazione di area vasta”?
Sarà che sono distratto o che la mia capacità analitica si è dissolta, ma io, osservando ciò che è accaduto e ciò che oggi è davanti ai nostri occhi, mi sono convinto che si è proprio persa una visione complessiva della nostra realtà territoriale e che è tutta da riconquistare la capacità di ragionare sul futuro con una cultura progettuale concreta e lungimirante al tempo stesso. Io dico che dobbiamo parlare di ri-costruzione. Tu che ne dici?
Tuo Franco
“Il Forum delle aree interne, in programma l’8 e il 9 maggio a Orvieto presso il Palazzo dei Congressi, segna un punto a favore dell’impegno di Regione ed Enti locali dell’Orvietano sui temi di un nuovo modello di sviluppo per quei territori rimasti ai margini delle grandi concentrazioni metropolitane. La discussione non è solo teorica poiché riguarda la destinazione di una parte consistente delle risorse della nuova programmazione dei fondi europei. Grazie al lavoro del Ministro Fabrizio Barca – che ebbe modo di spiegare tali questioni in occasione della Festa Democratica del luglio 2013 – le aree interne sono diventate oggetto di uno studio approfondito e circostanziato. Da ciò si è consolidato un approccio non convenzionale alle politiche di sviluppo economico e sociale: più attento ai caratteri ambientali e storici del territorio, più attento ai grandi temi della qualità della vita, della salute, dell’istruzione e del lavoro. Si è compreso che le zone interne dell’Italia, rimaste ai margini del grande sviluppo dei servizi e del manifatturiero, svolgono una funzione straordinaria ai fini del mantenimento degli equilibri agroforestali e idrogeologici, del policentrismo e dei fondamentali caratteri di diversità ambientale, culturale, economica, sociale e agroalimentare. L’idea di Barca – congegnare un mix di risorse (fondi europei della nuova programmazione, fondi nazionali e regionali, fondi privati) per riattivare una strategia nazionale di sviluppo sostenibile delle aree interne– sta cominciando a dare i primi risultati. In Umbria il Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione, ha già avviato delle azioni preliminari per dare inizio ad un progetto sperimentale sul tema oggetto del Forum. L’Orvietano è una delle due zone dell’Umbria oggetto di un approfondimento da parte del Dipartimento. Un risultato importante, quest’ultimo, che nasce sia dalla capacità delle amministrazioni comunali di sinergie positive in tema di politiche di programmazione di area vasta (Patto 2000, Gal Trasimeno-Orvietano, PAAO, Piano Sociale di Zona…) sia dalla notevole capacità propositiva di forze politiche, sociali e culturali emersa a seguito dell’alluvione del novembre 2012.”
Dopo le sparate volpine del ministro Barca, apprendiamo che “il Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione, ha già avviato delle azioni preliminari per dare inizio ad un progetto sperimentale sul tema oggetto del Forum. L’Orvietano è una delle due zone dell’Umbria oggetto di un approfondimento da parte del Dipartimento. Un risultato importante, quest’ultimo…”. Porca miseria! Siamo alle azioni preliminari e già lo chiamiamo risultato. Risultato de che? Barca, dipartimento regionale e forum sommano un bel po’ di chiacchiere. Chiacchiere che nascono dalla frustrazione. Ora le zone d’Europa e d’Italia che producono (sempre meno) ricchezza dovrebbero finanziare le aree italiane che sono rimaste indietro nel produrre ricchezza. Vale a dire che il mancato sviluppo di Orvieto nelle industrie manifatturiere e nei servizi, su cui tante lacrime sono state versate, adesso ce lo rigiriamo a nostro vantaggio con la scusa che avremmo salvato l’ambiente e il paesaggio; e pretendiamo di camparci coi soldi degli altri. Lo vogliamo capire o no che di ricchezza se ne produce sempre meno in questa parte del mondo e che, se siamo rimasti indietro al tempo della modernizzazione non è perché eravamo furbi e lungimiranti, ma solo perché eravamo pigri e miopi? E pigri e miopi siamo rimasti, se ce la spassiamo con le idee volpine, i dipartimenti regionali e i forum preelettorali. Dovremmo invece riflettere sugli errori del passato, che tu giustamente stigmatizzi, e cercare di respirare a pieni polmoni il residuo ossigeno dell’economia italiana ed europea con visioni ampie e relazioni istituzionali e non istituzionali il più vaste possibile. Invece ci stiamo baloccando col nostro presunto presepe, dove ci sono i pastori, le pecorelle e i bei paesetti, ma anche i lupi, i quartieri alluvionati e una bella discarica.
… al globale
Decrescere per progredire o crescere usando la testa?
Caro Franco,
i poderosi volumi di scienze economiche e finanziarie che mi hanno fatto ingurgitare all’università sono ormai lontani anni luce. Ma comprendo ancora il linguaggio degli economisti e sono allarmato da certe affermazioni. Per esempio, non riesco a capire come si possa sperare nella ripresa economica dell’Italia in un mondo in cui miliardi di esseri umani producono le nostre stesse merci a prezzi inferiori. Certo, siamo ancora eccellenti in alcuni settori, ma queste eccellenze sono imitabili copiando le nostre macchine o prendendo in affitto i nostri cervelli. Non riesco nemmeno a capire se i nostri politici ci sono o ci fanno, cioè se sono ottusi oppure ci prendono per i fondelli. Per esempio Matteo Renzi, che mi è simpatico perché ha l’età di mio figlio e perché ha una grande faccia tosta, mi convince quando snobba i sindacati con l’evidente scopo di non offendere i disoccupati, che nessuno ha mai chiamato a concertare alcunché, però mi spaventa quando mostra di credere che i famosi 80 euro vadano in consumi di roba italiana e non tedesca o cinese. A proposito di disoccupati, me lo commenti il seguente pezzo di Maurizio Pallante (Meno e meglio – decrescere per progredire)?
Tuo Pier
“È stato detto più volte da ministri economici, da autorevoli rappresentanti degli industriali e da economisti embedded (inseriti) che la fase peggiore della crisi era stata superata e la ripresa era iniziata (in realtà questo mantra viene ripetuto ogni volta che le misure di politica economica non hanno conseguito i risultati sperati), ma che in ogni caso non avrebbe creato occupazione. Su questo tutti concordano, ma nessuno che si domandi se possa avere prospettive di futuro una società che ce la mette tutta per riavviare la crescita della produzione di merci, senza peraltro riuscirci, ma accetta passivamente come un dato di fatto che la crescita non offra prospettive occupazionali alle giovani generazioni. I giovani che oggi non trovano possibilità di impiego, sanno benissimo che quando saranno anziani non avranno nemmeno una pensione. C’è da stupirsi che si sentano estranei a questa società che li emargina e tendano ad agire come corpo separato?”
In un sito che reclamizza il libro di Pallante si può leggere questa presentazione: “La felicità, il benessere, la qualità della vita non hanno alcuna relazione diretta con la ricchezza materiale. Avere molto non significa stare bene. Al contrario, staremo meglio se sapremo proporci come obiettivo non il meno, ma il meno quando è meglio. Maurizio Pallante racconta in queste pagine una rivoluzione fatta di semplicità, di ragione e di rispetto, che si fonda sulla scelta di ridurre la produzione e il consumo delle merci che non soddisfano nessun bisogno. Dalla crisi di oggi – che è ambientale, energetica, morale e politica, oltre che economica – si potrà uscire se la società del futuro saprà accogliere un sistema di vita e di valori fondato sui rapporti tra persone, sul consumo responsabile, sul rifiuto del superfluo”. Come si fa a non essere d’accordo? Indubbiamente un ottimo punto di riflessione. Ma una cosa è uno stimolo a riflettere, altra cosa una strategia della trasformazione sociale.
Peraltro Maurizio Pallante non mi è antipatico, se non altro perché anche lui è stato sia docente e preside che amministratore comunale, prima di dedicarsi completamente allo studio e alla promozione di iniziative per l’efficienza energetica e fondare il “Movimento per la decrescita felice”. Il libro di cui tu fai cenno con riferimento alla disoccupazione giovanile è appunto dedicato all’idea della decrescita, che ha trovato presto in Italia orecchie disposte ad ascoltarne la musica ma che non è né idea nuova né, appunto nella sua formulazione italiana, idea prevalentemente economica.
Come si sa, essa infatti fu elaborata già negli anni ’70 del secolo scorso in Francia dall’economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen e poi sviluppata dal sociologo ed economista francese Serge Latouche allo scopo di contestare il modello economico dominante fondato sulla crescita continua e il consumismo. Cosicché, quando giunse in Italia, era pronta perché Maurizio Pallante le potesse conferire i connotati di un nuovo paradigma, culturale e spirituale prima che economico, “con l’ambizione di iniziare a costruire una visione del mondo e un sistema di valori alternativi a quelli che stanno portando l’umanità verso una irrimediabile catastrofe”. Quando poi è transitata in politica, nelle mani del prof. Paolo Becchi, di Gianroberto Casaleggio e di Beppe Grillo, ha assunto connotati di forte contestazione ideologica, spesso deviante rispetto alla formulazione che ne ha dato Pallante.
Tutto questo per dire che, se l’idea della decrescita come strategia di uscita dalla crisi può essere, qualora seriamente interpretata, uno stimolo importante a ripensare i modelli economici e la logica stessa dell’organizzazione sociale, non appare affatto utile quando diventa politica economica o addirittura direttamente arma politica, perché appare inevitabilmente non certo una strategia praticabile quanto piuttosto la predica di profeti poco raziocinanti e comunque lontani dalla necessità di dare risposte credibili ai bisogni di una società in crisi e in essa soprattutto al bisogno di futuro dei giovani.
Io non credo che abbiano fondamento né le teorie catastrofiste (del tipo “inevitabile autodistruzione dell’umanità” o anche “fine della civiltà europea e occidentale”) né quelle palingenetiche (del tipo appunto “la decrescita crea la società nuova e felice”). Gli economisti non ne hanno quasi mai azzeccata una, e i sociologi hanno fatto anche peggio. Ma tutti sono utili, qualora la politica faccia il proprio mestiere, che è quello di saper interpretare i bisogni e trovare le soluzioni con lo sguardo lungo di chi nel presente sa guardare al futuro, utilizzando allo scopo sia le teorie che lo spessore della storia.
Io credo dunque che ai giovani la politica incomincerà a dare una prospettiva credibile quando punterà sul serio sull’innovazione, la ricerca, la qualità e il merito. E dunque farà del sistema scolastico e formativo l’elemento portante del funzionamento della competitività del sistema economico e dell’organizzazione sociale. Quando capirà che oggi e ancor più domani si è competitivi sapendo inventare processi, prodotti, mestieri e professioni. Quando capirà che la cultura non è un lusso ma un moltiplicatore di ricchezza e di elevati stili di vita. Quando infine capirà che invece dei clienti contano i cervelli.
Non so se e quando accadrà, ma il punto è questo. Perciò con i nostri nonni possiamo dire “o mangi questa minestra o salti questa finestra”, e con i logici di ogni epoca “tertium non datur”.