Reputo l’Avv. Ranchino una persona seria, onesta, e competente però la storia che lui si racconta e racconta agli orvietani non mi convince per niente. Innanzitutto partiamo dai termini che si usano. Le parole in campagna elettorale contano solo perché illuminano delle spie che fanno capire l’approccio con cui i vari candidati si presentano e cosa vogliono.
Definire ciò che è stato ottenuto dal centro destra orvietano come “razionalizzazione dolce” mi pare a dir poco un eufemismo. Dire che tutti i servizi, o quasi, sono stati mantenuti agli stessi livelli è in contrasto con la più banale delle verità: la città vive in un degrado mai visto prima a causa della mancata manutenzione di aree verdi, di una politica che riguardi il decoro urbano, e di una strategia di immagine che sia degna di una cittadina d’arte che voglia essere attiva sul mercato turistico. Sul Centro Studi: OL voleva semplicemente prendere atto delle difficoltà e chiudere bottega! È stato grazie all’insistenza ed alle idee di un fronte largo di forze politiche e di cittadini che si sono espressi a vario titolo a salvarlo sottoponendo all’attenzione dell’amministrazione (che ha cercato di allungare i tempi della decisione fino all’inverosimile!) strategie alternative che ne favorissero il rilancio, concependolo come un asset economico per il futuro. Vogliamo parlare della Piave? Di che dobbiamo parlare se su questo fronte c’è stato un silenzio assordante per cinque anni!? Cinque anni nei quali si è perduto tempo prezioso (forse irrimediabilmente) per palese mancanza di opportunità economica (e questo non è certo da attribuire a Còncina) ma soprattutto per grave carenza di idee su cosa fare.
OL ha perso l’occasione di dimostrare che Orvieto poteva essere governata in altro modo. Un fallimento dal quale non si capisce bene come Ranchino voglia risollevare le speranze del suo ex elettorato. Cinque anni di prova sono tanti. Credo che siano sufficienti per dire che è meglio cambiare manico, anzi per dire che è meglio avere un governo della città che è mancato per troppo tempo. Questo gli orvietani non possono più permetterselo.
Anche durante la presentazione della lista Ranchino ha citato cifre a braccio (3 milioni di euro risparmiati sul personale) che non rispondono alla realtà (solo 1,5 milioni, la metà!, come ha precisato Pizzo). Mi chiedo: ma se Ranchino non conosce nemmeno i dati fondamentali degli effetti delle politiche che lui ha votato in consiglio come capogruppo di OL come possiamo pensare che la stessa OL abbia la minima possibilità di essere una credibile forza di governo? Il distacco fra amministrazione (totalmente assoggettata alle individualità degli assessori – spesso competenti come Margottini ma più spesso modesti attuatori di vaghe linee guida se non dimissionari o dimissionati) ed OL è stato palese. Tentare di ricucire questo distacco con operazioni di maquillage dell’ultima ora serve a poco, serve a prendere in giro se stessi e gli orvietani. Scopriamo ora (stando alle parole di Ranchino) che Meffi, Frizza, e Tonelli hanno frenato l’azione riformatrice di Còncina. Il vulnus nella maggioranza non-maggiornaza di centro destra sarebbe stato la presenza di tre “amici” che non erano parte integrante della compagine conciniana. Strano, a noi è sembrato che i suddetti siano man mano diventati integrali and integranti elementi della truppa di Còncina, tanto che hanno votato tutti i provvedimenti presentati dalla giunta senza fare tanto baccano, anzi. L’unica voce fuori dal coro è stata quella di OL, dopo aver perduto la centralità nella maggioranza a vantaggio del PdL locale. Allora non si capisce bene come Ranchino possa presentarsi dicendo che le idee di OL sono state frenate da elementi esterni. Anche su questo punto la storia non funziona bene, bisogna costruirne una più convincente.
Se l’asso nella manica di Ranchino è la bandiera con lo scudo crociato della Democrazia Cristiana poi stiamo freschi. Può essere il rilancio del palazzo dei congressi il punto qualificante della politica di OL per lo sviluppo economico di Orvieto? Mi pare poco e di nuovo non si riscontra una visione globale del territorio. L’avvocato chiede agli orvietani più voti – maggiore forza dice lui – per fare quelle cose che OL voleva fare nel 2009 ma che per tutta una serie di motivi non è riuscita a realizzare. Tre domande: 1) Se il problema di OL sono i numeri per governare, come pensano Ranchino ed i suoi di far fronte alla ulteriore frammentazione delle liste in appoggio a Còncina? 2) Dopo aver ammesso il sostanziale fallimento della recente esperienza amministrativa, come pensa l’avvocato Ranchino di chiedere di nuovo la fiducia degli elettori? In base a quale programma? 3) Se, come dice Ranchino, il bilancio è stato messo in sicurezza perché mai bisognerebbe ri-attuare il programma del 2009 visto che l’emergenza è terminata? Non sarebbe l’ora di rilanciare il futuro della città invece di continuare ad azzerare tutto fin quando non rimarrà più nulla su cui ricostruire?
È per tutti questi motivi che la ricandidatura di OL al governo della città non mi convince affatto. Lo schema narrativo di Ranchino cerca di nascondere troppe contraddizioni ed una semplice verità, cioè che Còncina non sa ancora cosa fare, purtroppo, dopo cinque anni dalle passate elezioni.