Un sacco e una sporta di stramaledizioni non a quelli “che sbagliano” (e come si fa a sapere chi veramente sbaglia?), o che hanno un parere errato su un singolo problema, o a quelli che sullo stesso problema hanno un’opinione diversa dalla mia dalla tua o dalle altre. E parliamo sempre di persone nella loro semplice dimensione di cittadini.
Il rischio (per ora soltanto rischio) di ricevere una maledizione nel coccige, compresi gli effetti, riguarda invece soprattutto coloro che vogliono programmare la vita altrui, candidandosi certo legittimamente ad amministrare una parte di questa vita, quella appunto amministrativa corrente, secondo le leggi in vigore e appunto secondo la rappresentanza, e finisce lì.
Il rischio di maledizioni meritate riguarda invece tutti i cittadini che un bel giorno decidono di dare alla loro vita una dimensione anche pubblica, quindi per rimanere nell’attualità i candidati con i loro programmi, ma anche giornalisti, scrittori occasionali di articoli, commentatori, scrittori abbonati al Tutto come i rubrichisti, e infine coloro che un incarico pubblico già ce l’hanno.
Il rischio diventa certezza quando nella loro dimensione pubblica e su specifiche prese di posizione esterne usano il silenzio come arma contundente elettorale contro proposte che hanno una loro specifica e indubbia pregnanza, e parlo subito di un singolo argomento come quello dell’utilizzo della caserma Piave.
Qualche mese fa in una serie di articoli ho spiegato i contorni di questa proposta e le sue prospettive positive per la vita della città. Con circa tremila circa lettori on line a disposizione, molti le hanno certamente lette e forse una buona parte le ha anche condivise. Naturalmente non lo si può sapere con certezza, dato che gli unici dati certi, quando lo sono, escono dalle cabine elettorali.
Ma l’aspetto sorprendente è che malgrado ciò, quella che potremmo chiamare la società (anche “onorata”) della vita politica e amministrativa della città non ne abbia mai parlato, mai una presa di posizione, mai un contradditorio, mai una spiegazione sull’eventuale impossibilità di una soluzione come quella delineata in quegli articoli.
Non è silenzio “sovietico” o “fascista”, è semplicemente e miserabilmente il silenzio di chi, come partito o come singolo politico, non accetta la soluzione proposta perché poi sa che non ha le armi culturali o le capacità per gestirla e farla riuscire. Ragion per cui, se non sono capace io o noi, “non deve” esserne capace nessun altro! E quindi il re continua a credere di essere vestito, come nella storiella, malgrado a tantissimi che conoscono la proposta appaia appunto ben nudo.
In tre righe non di più cerco di sintetizzare cosa ho proposto per la caserma Piave, e cioè una cosa sola e fondamentale per una città con le caratteristiche della nostra. Attraverso diversi modi di comunicazione, la ricerca e l’invito a ricercatori con risultati già in parte raggiunti, a piccoli imprenditori nel campo scientifico, a inventori con proposte ragionevolmente realizzabili, invito rivolto a larghissimo raggio, a trasferirsi da noi grazie ad una serie di agevolazioni di grande interesse per loro. L’invito è soprattutto rivolto a persone che vivono anche lontanissimo, in Paesi che una volta erano chiamati in via di sviluppo, ma con grandi antiche tradizioni di invenzione.
Il programma sarebbe ovviamente graduale nel tempo, ma sviluppato con tenacia e intelligenza porterebbe a quella che ho già chiamato per la città “la qualificazione della sua contemporaneità”.
Tutti quanti nel mondo siamo certo “contemporanei” l’uno all’altro, finche si vive. Altrimenti è un vegetare, utilizzando nelle proprie proposte elettorali o politico-amministrative, il pensiero copiato, la soluzione clichè da zitello o zitella che arredano il proprio tinello, qui quel soprammobile lì quel piatto, sulla tovaglietta, e le foto degli antenati, che abitavano “le terre etrusche di confine” o “le aree interne”. Oppure l’outlet, di tutto per tutti, più democratico di così! Oppure il campus, che fa molto americano e “giovanile”. Eccetera.
Tutte queste, da tutte le parti, e tante non ne ho citate, sono le rispostine obbligatorie che si devono dare quando per legge si deve riempire un questionario, le soluzioni super scontate che fanno farebella figura presso i “lavotatori”. “Come è bravo questo qui!” E la sora Amalia futura votante: Ma come scrive bene! Io non ci avevo mai pensato, quasi quasi lo voto!”.
Il “programma del candidato sindaco” è diventato qualcosa di totalitario, nel senso che pretende di coprire a tappeto tutti gli aspetti della vita amministrativa, non se ne fa scappare nemmeno uno, ed è diventato qualcosa di fallico, una volta emesso nessuno ci vuole più rinunciare, nessuno accetta di accantonare una proposta del proprio programma per fare spazio, anche se un po’ in ritardo, a quella non dico di un concorrente diretto, ma anche solo a quella di un “esterno” come nel mio caso. E la città può anche andare al diavolo, importante è essere eletti!…..
Programma per i prossimi quindici giorni:
il problema dell’utilizzo della caserma Piave è l’unico realmente importante per la vita di questa città. A questo punto, a questa data, c’è un solo ente che possa organizzare un dibattito pubblico risolutivo, ed è il Comune. Ho detto il Comune, non il Sindaco, che comunque, anche come forza politica in causa e candidato, “sicuramente” avrà la grandezza d’animo democratica per mettersi a disposizione di questa proposta e fare in modo che si realizzi. La sua coalizione ha presentato per la caserma due proposte distinte e diverse l’una dall’altra. Potevano essere anche dieci, dov’è lo scandalo? Proprio perché la dimensione amministrativa non è una religione con un’unica verità rivelata, può accadere che uno stesso candidato abbia non una ma alcune proposte per un certo problema.
E’ stato scritto che le proposte che ha fatto non c’erano nel suo programma elettorale. Secondo me i programmi elettorali, anche quelli “definitivi”, non sono intoccabili, la vita continua, uno ha tutto il diritto di intervenire di nuovo, proporre una nuova prospettiva o “soluzione”. Ma non sta qui il punto. Se questo dibattito pubblico ci sarà, Palazzo dei Congressi o Mancinelli, farà veramente chiarezza agli elettori sull’argomento decisivo. Ma non sarà un “giudizio di Dio”, sarà un’esposizione di tutte le proposte, botta, risposta e soprattutto diritto di replica. Io per esempio, che certamente parteciperò, dirò con i miei argomenti che sono contrario alle proposte del Sindaco, va da sé, così come a quelle dei candidati dell’opposizione o di altre liste.
L’incontro dovrebbe essere organizzato in data molto ravvicinata in modo di dare la possibilità nei giorni successivi agli elettori, alle liste elettorali, ai singoli, di completare posizioni e critiche.
Importante per le rispettive “strategie”: potrà succedere che una qualsiasi lista, anche all’interno di una coalizione, esprima un parere positivo sulle proposte che ho fatto, e certamente dopo il dibattito si prenderà la responsabilità di emettere un comunicato, nel quale rivolgendosi ai propri elettori e a tutti gli altri, potrà nel confronto elettorale assumere una posizione indipendente, “anche contro la posizione del proprio candidato sindaco”. Se questa eventuale lista venisse allo scoperto, manderà un’emissione postale elettorale ai circa quindicimila votanti, e poi magari una seconda, a ridosso del voto.
La preghiera finale ai candidati è quella perciò di non annegare non tanto nella Piave ma nella propria supponenza e arroganza.