Il tema degli alberi nelle aree pubbliche non è di poco conto e le opinioni possono divergere perché non entrano in ballo solo la scienza e la tecnica, ma l’estetica, la tradizione e la moda. Per l’aspetto scientifico mi permetto di far presente che, quando si sceglie un’essenza arborea da collocare in un’area pubblica, si dovrebbe tenere presente:
a) il grado di rischio per il traffico (il tronco di un albero è spesso letale se ci si va a sbattere con un veicolo, mentre una robusta siepe attenua l’impatto);
b) il grado di rischio per la salute (allergie, tossicità);
c) il grado di rischio per i pedoni (per esempio, anche le pigne verdi qualche volta cadono e quelle secche non fanno carezze; i rami dei platani possono marcire all’interno e precipitare all’improvviso; l’esocarpo di un castagno o di un ippocastano può ferire ed accecare);
d) il costo della manutenzione, che varia per ogni essenza;
d) il possibile danno per gli impianti pubblici e gli edifici privati.
Per quanto riguarda l’estetica, mi sia consentita una osservazione banale: la natura e i vivai ci offrono una tale varietà di essenze arboree e arbustive che ce n’è per tutti i gusti.
La mia esperienza di lavoro, il mio confronto quarantennale con cittadini feriti, auto e case danneggiate, chiusini intasati, fogne distrutte, pavimentazioni stradali sconvolte e compagnie di assicurazione in fuga mi porta a preferire arbusti e piante a basso fusto. Anche perché l’ombra di un acero campestre o di un corbezzolo non è da sottovalutare e il loro aspetto ricorda le nostre campagne delle quali non ci dovremmo vergognare. Il concetto di città adorna di pini, tigli, platani e ippocastani è influenzato da un preconcetto estetico e sociale. Un po’ come il vezzo delle famiglie pervenute recentemente all’agiatezza che circondano le loro modeste villette di campagna coi cedri del Libano (in Toscana coi cipressi) più adatti alle ricche e invidiate ville padronali.
Tanto per non buttarla politica, riferisco un episodio del 2009. Un ex contadino di Corbara mi disse che non avrebbe più votato per il suo partito del cuore perché “la ficuna che hae piantato pe comodità vicina a casa, pe un po’ d’anne te fa magnà le fiche e poe te scarica la casa”.