di Pier Luigi Leoni
Nel 1942, Benedetto Croce dette una grande delusione a coloro che lo consideravano un laico tutto d’un pezzo pubblicando il saggio “Perché non possiamo non dirci cristiani” [http://www.marcheddhu.it/ebook/Perch%C3%A9nonpossiamunondircicristiani.pdf] .
Egli partì dalla constatazione che le nostre radici culturali affondano nel cristianesimo per arrivare ad affermare che il cristianesimo “è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta…, una rivoluzione che operò al centro dell’anima, nella coscienza morale e, conferendo risalto all’intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale che fin allora era mancata all’umanità.”
Il titolo del celebre saggio crociano è stato parafrasato per affermare, giustamente, che “non possiamo non dirci liberali” e “non possiamo non dirci socialisti”.
Al liberalismo dobbiamo la tolleranza delle idee, la preparazione del terreno per l’affermazione della democrazia, l’avversione ai totalitarismi, la fiducia nella libertà umana come creatrice di progresso e di benessere.
Al socialismo dobbiamo la passione per la giustizia sociale, il ristabilimento degli equilibri con una politica attenta ai diritti dei più deboli.
È la riflessione su questi temi che dovremmo aspettarci dalle forze politiche per l’elaborazione di una sintesi largamente condivisa. Credo che tutte le forze politiche siano oggi più che mai interessate al dibattito sul modello di democrazia. Dico “più che mai” perché la crisi economica, dalla quale, in questo sistema di vasi comunicanti che è l’economia globale, usciremo umiliati e impoveriti, non ci permette di dissipare energie in competizioni ideologiche obsolete e inutili.