Quando ho a che fare con un giovane istruito e in buona salute che si lagna perché è disoccupato o sottoccupato o precario e perché non spera di aver mai una pensione, la mia prima reazione è quella di picchiarlo. Infatti costui pretende di esser compianto da un settantenne che gli cederebbe volentieri patrimonio e pensione in cambio di un po’ della sua giovinezza. Ma poi desisto dal picchiarlo, sia perché avrei la peggio, sia perché cerco di ragionare. Ebbene, la scontentezza, la frustrazione e la rabbia di quel giovane sono costretto a comprenderle alla luce del fatto che ogni essere umano ha un senso della giustizia innato. E quel giovane è profondamente scandalizzato dalle gravi ingiustizie sociali di cui è vittima. Cosicché non posso che scandalizzarmi anch’io.
Da una parte: pensionati che vivono di una rendita che spesso e volentieri non è il frutto dei contributi versati, ma del criminale accollo alla generazione successiva dello squilibrio della previdenza sociale; dipendenti pubblici assunti spesso con sanatorie e concorsi taroccati che godono di molto tempo libero sia dentro che fuori degli uffici e che nessuno può licenziare; dipendenti privati a tempo indeterminato che i sindacati tutelano tenacemente, anche quando sono dei lavativi, e che usufruiscono, spesso in accordo coi padroni, della cassa integrazione dei salari, che consente lunghi periodi di libertà e di lavoro in nero; politici che se la passano molto meglio di quanto meriterebbero per i risultati del loro impegno, al quale sono sospettabilmente attaccati; dirigenti pubblici e privati strapagati alla faccia dei semplici lavoratori; evasori fiscali in piccolo e in grande che defraudano lo Stato sotto gli occhi di tutti.
Dall’altra parte: milioni di disoccupati, di giovani precari, di ragazzi che hanno studiato e che non trovano una occupazione stabile, anzi, devono litigarsi occupazioni temporanee e spesso avvilenti; milioni di concittadini che non possono costituire una famiglia solida e progettare un futuro; per non parlare dei milioni di diseredati, di sfrattati, di immigrati in condizioni di miseria degradante, quel lumpenproletariat che faceva cadere le braccia perfino a Carlo Marx, tanto da considerarlo inutile per le lotte del proletariato.
Ebbene, coloro che si trovano ad essere vittime delle attuali ingiustizie sociali non potranno non rendersi conto che il ventilato aumento del prodotto interno lordo servirà a mala pena a riassorbire i lavoratori in cassa integrazione. Quindi stanno acquisendo la consapevolezza di costituire una classe sociale vittima di enormi ingiustizie. E alle ingiustizie si reagisce, prima o poi, con la lotta. Se troveranno leader motivati da profondi ideali, solida cultura e vera esperienza di vita, si muoveranno compatti. Spero che facciano tesoro dell’esperienza storica e non si abbandonino alla violenza cieca, che provoca la reazione dura dei privilegiati.
Comunque ne vedremo delle belle.