La presentazione del rapporto della Caritas diocesana 2014 ha coinciso con il messaggio quaresimale di papa Francesco, che ha offerto un senso ancora più chiaro all’azione dei tanti volontari dell’associazione.
“Si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà”. È il titolo del messaggio di papa Francesco per la Quaresima di quest’anno, è l’invito a riflettere sulla “povertà” di Cristo, che ha scelto di essere uomo povero traboccante di caritas, di amore.
“Il suo amore, la compassione, la tenerezza di Cristo sono i tratti che anche ciascun cristiano dovrebbe assumere come personale stile di vita”.
La povertà di Cristo, il suo esempio di carità nei confronti delle miserie umane, da quella materiale a quella morale a quella spirituale, ci ha permesso di vincere le nostre povertà, ci ha reso più vicini a Dio, ci ha resi “ricchi”.
“Amore, compassione e tenerezza” sono quindi le qualità che assume il cristiano che accoglie l’esempio di Cristo.
Il vescovo monsignor Tuzia ha centrato le sue riflessioni intorno al rapporto della Caritas diocesana soprattutto ritornando e ancora ritornando sulla coerenza del messaggio del papa con l’attività dei cristiani che soccorrono chi è povero, in nome di Cristo e di una Chiesa che è sempre più vicina agli ultimi, perché possano progredire nella vita con gioia cristiana.
Sono tanti nella Diocesi e nel mondo che in nome di Cristo aiutano a superare le miserie del prossimo, ma giustamente la carità non sopporta numeri, li rende soltanto segnali del bisogno, che chi ci amministra dove saper cògliere e a cui dove tentare di rispondere.
Papa Francesco mi sembra che segnali di nuovo con fermezza che la Chiesa è vicina a chi vuole rendere questo mondo più giusto e cammina a fianco di chi opera per questo, “in veritate”, scrisse papa Benedetto nella sua enciclica Caritas in veritate, ma senza ritirarsi dalla necessità di rivoluzionare una società in cui pochi opprimono molti.
Chiudo la riflessione sollecitata dal rapporto Caritas diocesana con queste ultime note sul messaggio del papa: “Ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà. Non dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale. Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole”.
Non si tratta di essere buoni o più buoni, ma di rafforzare “in noi l’attenzione e la responsabilità verso la miseria umana, per diventare misericordiosi e operatori di misericordia”.
Grandioso messaggio per i cristiani, che dovrebbe folgorare quanti si sono assunti il compito di mitigare la sofferenza del prossimo e invece si occupano soltanto o soprattutto del soddisfacimento delle proprie ambizioni o di quelle della propria parte. Un doppio tradimento, verso Cristo e verso l’uomo.
San Pietro Parenzo, aiutami a rinnovare domani il sentimento di misericordia che mi riempie oggi.