di Fausto Cerulli
Sera di qualche lettura, prima di scrivere
nulla. Cammini vestito di brina, pagliaccio
autunnale. Sorridi, poi ti fai il verso,
sogghigni, e sei stanco di essere cinico.
E sei stanco di essere stanco e sei stanco
di essere. Ma non dipende dal gesto.
Sera di qualche avventura, prima di dire
la frase avventata, la frase, la frase,
la frase che dice un discorso caduto
nel vuoto. Io ho avuto mille parole
di troppo. E qualche gesto di amore.
Frainteso.
Noi ci svegliammo piangendo
ed era l’azzurro mattino….
(Dino Campana)
Avendo paura dell’alba ascoltavo campane
gà inquiete nel sole che non volevo.
Leggevo nella mia quasi memoria
un futuro impassibile, gelido come la statua
che scopriva e copriva il suo essere nuda
nel vento. Nel magico tragico vento
che solo sapevo ascoltare, mia voce
mia voce, mia voce, mia voce
silente. Avendo paura dell’alba guastavo
la notte, rubavo le stelle alle stelle.
Nell’aria, tu lo dicevi ridendo, quasi
un bacchico canto. Ma tu non ridevi
ed il canto sfumava. La quiete era
allora e per sempre mistero.
Tu la dicevi ombra che torna.